La conquista del Col Moschin
La
Primavera del 1918 stava finendo e l'approssimarsi dell'Estate
avrebbe portato con sé un ulteriore estremo tentativo da parte delle
armate austroungariche di sfondare le difese italiane sul massiccio
del Grappa per penetrare nelle valli del Brenta e del Piave e quindi
aggirare lo schieramento italiano che correva lungo quest'ultimo
fiume.
Il piano delle operazioni austriaco prevedeva
l'aggiramento della Cima Grappa, posta al centro del massiccio,
puntando a sfondare alle estremità occidentale e orientale del
massiccio, più vicine ai due fiumi.
L'attacco sarebbe stato
condotto dalla XI armata comandata dal generale Scheuschenstuel,
rinforzata da altre truppe e da artiglieria.
Alle
ore 3 del 15 giugno incominciò un pesante bombardamento, subito
seguito dalla risposta italiana che fu particolarmente efficace sul
lato orientale dell'attacco austriaco, che ne risultò
indebolito.
Alle 8 del mattino cominciò l'assalto di fanteria e
i maggiori successi, visti gli esiti della risposta dell'artiglieria
italiana, si ebbero sul versante occidentale del massiccio.
Le
cime che costituivano i capisaldi lungo la riva del Brenta, caddero
una dopo l'altra, comprese le fortificazioni che sorgevano sul Col
Moschin, e le cime circonvicine: il Col del Miglio, il Col Fenilon e
il Col Fagheron.
Il
dispositivo difensivo italiano era in gravissima crisi e in pratica
gli austriaci avevano guadagnato l'accesso alla pianura veneta.
La
condizione necessaria per il successo era rinnovare l'attacco per
sfondare definitivamente le linee italiane.
Gli
austriaci, però, avevano ormai speso tutte le risorse che avevano a
disposizione e la reazione italiana anticipò quella
dell'avversario.
Un violento tiro di artiglieria si riversò
immediatamente sulle posizioni appena conquistate dagli austriaci,
tempestandone i difensori e soprattutto impedendo che fossero
raggiunti da rincalzi.
La
controffensiva italiana fu altrettanto rapida: già nel primo
pomeriggio il IX reparto d'assalto (poco più di 600 uomini),
allertato alle prime avvisaglie di attacco austriaco, aveva
riconquistato il Col Fagheron, e alle 22 aveva ripreso anche il Col
Fenilon, con il sostegno di due battaglioni del 91o reggimento di
fanteria.
Rimaneva
solo la posizione più importante, il Col Moschin, che il IX assalì
all'alba del 16 giugno strappandolo agli austriaci in 10 minuti,
riportando la cattura di 300 prigionieri, tra i quali 17 ufficiali, e
25 mitragliatrici.
In 24 ore l'attacco austriaco era stato
sconfitto, e a celebrazione dell'episodio, la città di Roma edificò
un monumento sul Col Moschin con un'antica colonna romana.
Il
successo del IX era stato totale e le sue perdite lievi, perché
l'attacco era avvenuto nelle migliori condizioni possibili: un nemico
stanco e tartassato dall'artiglieria era stato colpito con decisione
da un reparto motivato e addestrato.
Pochi giorni dopo, il 24
giugno, il IX venne impiegato per riconquistare un altro caposaldo
occupato dagli austriaci sull'Asolone. Il tiro preparatorio di
artiglieria fu molto meno efficace di quello che aveva fiaccato gli
avversari una settimana prima, e la conquista dell'Asolone costò al
IX un enorme contributo di sangue e fu solo temporanea, perché un
contrattacco avversario ebbe la meglio sulle sue forze esauste.
In
poche ore il IX perse quasi il 50% degli effettivi (19 ufficiali e
305 arditi) dimostrando che gli alti comandi italiani non avevano
ancora capito come sfruttare al meglio le indubbie capacità
combattive dei reparti di assalto.
Università
popolare di Mestre, Monte Grappa le battaglie
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