Il Vallo di Adriano, perché i romani non si spinsero oltre?

Sull’orlo del mondo conosciuto, nelle terre inglesi dove il sole indugia tra le brume e i barbari sussurravano ai boschi, sorse il Vallo di Adriano, baluardo possente, opera titanica di mani indomite e menti ingegnose.
Non fu eretto da uomini comuni, ma da legionari dal cuore saldo e dall’animo temprato nel fuoco delle guerre. Rivestito di pietre squadrate, il muro si distendeva come un drago dormiente, largo otto piedi romani, e si levava, fino a toccare i sei metri, ornato di merlature aguzze come lance e di un camminamento di ronda, dove le sentinelle vegliavano senza tregua.
Trecentoventi torri si innalzavano come occhi vigili nella notte, e fortini quadrangolari, saldi come la volontà di Roma, accoglievano le sentinelle che scrutavano l’orizzonte, pronte a scagliare l’allarme come fulmini. Oltre questi, a intervalli di quattro o cinque miglia, sorgevano i castra: fortezze di uno o due ettari, dove coorti e alae ausiliarie, fratelli d’arme giunti da ogni angolo dell’Impero, attendevano l’ordine di marciare e difendere il limes.
A nord, c’era un fossato a V, largo nove metri e profondo quattro, che ghermiva chiunque osasse avvicinarsi, mentre all’interno altri fossati e terrapieni, alti e ripidi, moltiplicavano la barriera tra la civiltà e il caos. Una strada lastricata, dritta come il destino, correva lungo il muro, permettendo alle legioni di muoversi rapide come il pensiero, pronte a riversarsi come un fiume di ferro su chi minacciava la pace di Roma.
Il Vallo si estendeva per centodiciassette chilometri, tagliando la terra inglese come una cicatrice immortale. 
Anche nei giorni di crisi, quando Marco Aurelio e Settimio Severo affrontarono le tempeste del Nord, il Vallo resistette, impavido. Antonino Pio, spinto dall’ambizione, osò portare la frontiera ancora più a settentrione, ma il suo vallo, di legno e terra, fu presto abbandonato, mentre il muro di Adriano, figlio della pietra e del sangue, rimase a testimoniare la grandezza di Roma.

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