Cinque chilometri di morti

Antonio Santo Quintino Preite r
acconta gas, morti, orrori, nemici, cattura di prigionieri a San Martino del Carso, Sagrado (GO) il 29 giugno 1916
Il 29 giugno 1916 è  il giorno dei gas asfissianti. Sul Carso gli austro-ungarici li usano per la prima volta. Si calcola che quel giorno morirono subito 2 mila soldati italiani e altre migliaia morirono nei giorni successivi o rimasero invalidi. Dai gas si salva la compagnia di Preite e quasi tutto il battaglione: sono troppo vicini alle trincee avversarie.
La mattina, all’alba del 29 giugno 1916, l’artiglieria nostra incominciava a bombardare le linee nemiche, e tutto l’11° Corpo d’Armata stava pronto per andare all’assalto dalla parte di Monfalcone.
II 29° Reggimento, il 30°, il 19° ed il 20° Reggimento erano sul Monte Cappuccio, il 9° ed il 10° Reggimento Brigata Regina erano dalla parte di Duino, il 47° ed il 48° erano alla vallata fra il San Michele e il San Martino, e tutti dovevano andare all’assalto; e quattro Reggimenti altri erano di rincalzo a tutto l’11° Corpo d’Armata.
Verso le ore 7.30 del mattino, l’artiglieria nostra bombardava le retrovie allungando sempre il tiro, acciocché i nostri possono avanzare.
Cinque minuti prima di andare all’assalto, gli Austriaci incominciarono a buttare gas asfissiante. L’artiglieria nemica a bombardare le nostre retrovie con granate cariche di gas asfissiante.
Non vedevi altro che una nube che camminava a passo d’uomo, abbassandosi appena due palmi da terra.
Appena questo gas arrivava alle nostre linee, i nostri, respirando di quel gas avvelenato, cadevano a terra morti.
Per cinque chilometri ormai erano quasi tutti morti, senza che nessuno si potè salvare.
La mia Compagnia e quasi tutto il 2° Battaglione non subirono nessuna perdita, causa che eravamo ad un posto avanzato, in contatto con le trincee nemiche, e perciò il gas non penetrò.
Del 48° Reggimento, che si trovava alla nostra destra vicino al Monte San Michele, quasi che restarono tutti i colpiti. Il Colonnello del 48°, che si trovava in un posto avanzato, ed avendo la maschera, si salvò, con qualche centinaia di soldati e graduati. Allora, veduto che il Reggimento era distrutto, di sua spontanea volontà prende una mitragliatrice, la piazza sulla trincea nostra, e incomincia a far fuoco, che gli Austriaci, sicuri che erano tutti morti gli Italiani, avanzavano col fucile. Già di quel punto, gli Austriaci furono costretti a retrocedere ma, una mezz’ora dopo, si vedevano gli Austriaci sul Monte Cappuccio avanzare dove erano i nostri del 29° e del 30° Reggimento che erano perfettamente colpiti di gas, e tutti giacevano a terra morti, e con mazze di ferro gli davano in testa, barbaramente, per farli morire più presto.
Una Compagnia di Austriaci, oltre 300 soldati e ufficiali, era arrivata alla nostra linea di resistenza, e stavano cominciando a rovesciare la linea, cioè a voltare le feritoie in viceversa, e i pezzi di artiglieria e quelli delle bombarde l’avevano rivoltati contro di noi; in quel momento che il nemico stava facendo quell’operazione, incominciarono ad arrivare i primi nostri rincalzi, che circondarono il nemico e, senza nessuna azione di resistenza, i nostri li fecero prigionieri.
In mezzo a quei prigionieri nemici, trovasi un Maggiore che li comandava, ed era leggermente ferito alla testa e al braccio. Fu portato al posto di medicazione nostro, dove fu medicato.
C’era un nostro Capitano che, per mezzo di certi sacchi pieni di aria, faceva respirare parecchi soldati che erano stati colpiti leggermente di gas avvelenato, e così per mezzo di quell’aria se ne salvarono parecchi.
Appena entrato il Maggiore, disse il Capitano medico verso il Maggiore: “Ma siete veramente barbari voi altri Austriaci, avete buttato questi gas per far morire tanti giovani, senza nemmeno che si potevano difendere!”.
Senza perdere un sol momento di tregua, si alza il Maggiore austriaco e dice: “Siete voi altri italiani barbari, perché avete messo fuori combattimento undici Battaglioni dei nostri soldati. La vostra artiglieria ha fatto strage di noi; ogni granata ci colpiva in pieno, che faceva saltare i soldati con le gambe e braccia, e certi squartati, e per questo noi altri Austriaci abbiamo dovuto servircene del gas ”. Sentendo ciò, il nostro ufficiale non parlò più.
Per due giorni e due notti, tutte le automobili, autocarri, carri e carrette, trasportavano dei soldati morti dal gas, che erano diventati neri come il carbon fossile, e li trasportavano al cimitero di Sdraussina, dove centinaia di soldati del Genio avevano aperte delle buche, e là dentro seppellirono tutti i nostri morti.
Immaginate che gran dispiacere sentivamo nell’animo nostro a vedere centinaia e centinaia di nostri fratelli morti, senza poter nemmeno vendicarsi col nemico e senza poter nemmeno scrivere per l’ultima volta ai loro cari.

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