Attacco alla cima del Sief
Alle
ore 23 del giorno 16 aprile 1916, la grandiosa mina preparata e
studiata con intelletto da S.E. il Duca D.Gelasio Caetani, per la
conquista del Col di Lana, brillava travolgendo un intero battaglione
nemico di cui non restarono che innocui avanzi.
In
quel tempo appartenevo alla 16a Compagnia del 60° Fanteria ed il mio
battaglione trovavasi in seconda linea quale riserva: avevo il grado
di sottotenente.
Nelle
notti che precedettero lo scoppio, la mia Compagnia fu incaricata del
trasporto dei 60 quintali di gelatina necessari al brillamento;
gelatina che veniva collocata entro i fornelli dai soldati del genio
e dai miei, ai quali venivano fatte togliere le scarpe per non
destare sospetti nelle linee nemiche dalle quali si ascoltava
certamente a mezzo di geofoni tutti i rumori che gli italiani
producevano nei preparativi della mina. E per trarre vieppiù in
inganno il nemico, che stava preparando la contromina, si tenevano
ancora in funzione le perforatrici e venivano fatte brillare delle
piccole mine. Al momento dell’esplosione la 16a Compagnia trovavasi
al Costone Salesei quale riserva e nella notte stessa fu chiamata a
presidiare la posizione conquistata dalle truppe del 59° Fanteria.
Il
mantenere la posizione fu più difficile che il conquistarla, poichè
il nemico, passate le prime ore di disorientamento, iniziò un
violento bombardamento sulle perdute posizioni, bombardamento che si
intensificò nei giorni successivi per l’intervento dei grossi
calibri che furono concentrati dietro i costoni circostanti.
I
fanti della 16a Compagnia, anzi i fanti della brigata Calabria, mai
si sarebbero fatti ritogliere una posizione di importanza strategica
e morale grandissima, conquistata dopo sette mesi di lotte
sanguinosissime, Cima Lana era oramai nelle nostre mani e vi sarebbe
ad ogni costo rimasta.
La
16a Compagnia continuò a presidiare la posizione fino alla sera del
21 aprile, subì qualche perdita, ma mantenne il morale e lo spirito
altissimo.
Era
comandata da un capitano eroicissimo, e non meno capace: il capitano
Marzio Branca che è tuttora pianto e ricordato dai pochi superstiti.
Al comando dei quattro plotoni erano altrattanti sottotenenti:
Migliorati, Gallistro, Gentili e Dragonetti. L’ultimo, arrivato da
pochi giorni al fronte, volle essere assegnato alla 16a Compagnia
perchè legato allo scrivente da fraterni vincoli di amicizia quale
concittadino e compagno di scuola.
Comandava
il battaglione l’allora Maggiore Alcioni Cav. Edgardo, ufficiale di
fegato, reduce dall’Africa dove aveva acquistate l’ascendente e
la maestria del comando. Molte volte il nostro Comandante spingeva lo
sguardo oltre la valle che faceva intravedere Cavalese e bramava di
“scendere giù″.
Finalmente
l’ordine di muoversi venne e fu il nostro obiettivo la cima del
Sief.
Io
che la guerra ho voluta e combattuta quale volontario ( compivo
allora 20 anni) non so esprimere l’emozione che provai in quel
momento. Dalla logorante vita di trincea passavo all’attacco.
Ricordo (e chi cancellerà mai questi ricordi ?) che il capitano fu
imbarazzato nello stabilire l’ordine dei plotoni che dovevano
muovere all’assalto poichè nessuno voleva essere il secondo.
Sorteggiammo: il 1° fu il plotone del S.T. Gallistro, il 2° quello
dello scrivente, il 3° quello del Migliorati, e l’ultimo quello di
Dragonetti. La compagnia doveva procedere in fila indiana causa la
conformazione del terreno.
Si
scendeva per un costone scosceso camminando come sulla lama di un
coltello poichè ai due lati correva il baratro. Ansioso di essere
uno dei primi, scavalcai molti soldati del plotone di testa quindi
trovai il S.T. Gallistro con le gambe spezzate da una fucilata.
Procedetti animosamente avanti e mi fermai sul dentino del Sief e
dovetti arrestarmi perchè ero rimasto con pochi uomini e m’accorgevo
che il resto della compagnia non serrava sotto.
Alla
compagnia era aggregato un piccolo plotone di allievi ufficiali
composto di 4 sottufficiali i quali in quella notte si comportarono
meravigliosamente, tanto che l’unico superstite fu, per quella
azione, promosso Sottotenente S.A.P. ed ottenne in seguito anche la
medaglia d’argento al valore militare.
Intanto
il nemico gettava su noi una grandine di ferro e di fuoco. Il perchè
la compagnia non raggiunse che con un numero assai limitato di uomini
la posizione da me raggiunta lo spiego subito: il nemico, sparando
orrizzontalmente, investiva col fuoco soltanto la parte alta del
camminamento e non investiva che raramente gli uomini nella selletta,
mentre flagellava il centro e la coda della compagnia che veniva
avanzando cosicchè quelli che si spinsero più avanti furono i più
coperti.
Incaricai
alcuni graduati di raffozzarsi sulla posizione raggiunta e risalii
lungo il camminamento per constatare personalmente ciò che avveniva
dei soldati della 16a compagnia.
Percorsi
pochi metri, trovai l’aspirante Dragonetti agonizzante.
Nell’angoscia della morte imminente, si strappava di dosso gli
indumenti e mi pregava di sollevarlo, il che feci con la massima
premura.Constatai, con racapriccio, che una granata gli aveva
asportato completamente le natiche. Lo baciai, lo incoraggiai
rispondendo alle sue implorazioni assicurandolo che non era cosa
grave e che finita l’azione, sarei tornato da lui per soccorrerlo.
Pochi istanti dopo il mio disgraziato compagno spirava. in quel
mentre l’incessante susseguirsi dei proiettili continuava a
falciare vittime.
Un
soldato che mi era al fianco seguendomi premurosamente, colpito in
pieno ventre da una granata nemica di piccolo calibro, fu sventrato
ed ebbi proiettati sul viso parte dei suoi intestini. Percorsi alcuni
passi camminando sui cadaveri di quelli che furono fra i più bravi
ed eroici soldati d’Italia e mi furono presentati i resti
dell’eroicissimo Capitano Branca.
Vidi
un braccio staccato dal busto con sulla manica ancora infilata le tre
stellette ricamate. Capii allora che l’unico ufficiale
miracolosamente illeso ero io ed il mio dovere era di tornare
nuovamente sulla posizione conquistata e mantenerla ad ogni costo
poichè era costata tanto generoso sangue.
Ecco
prima dell’alba venne di rinforzo la 16a compagnia comandata dal
Ten. Cipollini Armando cogli ufficiali Pianura Cesare, Franciesini
Luigi ed altri di cui non ricordo il nome.
Alle
nostre spalle avevano certamente lanciati dei nemici tagliati fuori
dalle loro linee, ma non mi preoccupai del rastrellamento perchè
avevo sulla posizione conquistata pochissimi uomini e mi preoccupavo
dell’inevitabile contrattacco. Il S.T. Pianura, per ordine del Ten.
Cipollini eseguì un’accurata ricognizione ed infatti in una
cavernetta scoprì sei o sette nemici ed una mitragliatrice.
Albeggiava appena quando sulla posizione scese il Magg. Alcioni
accompagnato dal duca Castani. Ambedue mi strinsero la mano
congratulandosi e il duca Castani si raccomandò alcuni lavori di
rafforzamento che furono subito eseguiti.
La
sera stessa tutti gli uomini che presidiavano la posizione, (16a e
15a compagnia) ebbero il cambio e tornarono nella piccola galleria da
cui eravamo partiti col cuore gonfio di speranza.
il
Capitano Branca ed il S.T. Dragonetti morti, il S.T. Gallistro ferito
alle gambe, il S.T. Migliorati ferito alla testa ed io
miracolosamente illeso.
Presidiò
la posizione da me conquistata la 14a compagnia comandata dal
Capitano Massarotti. Nel mattino seguente (23 aprile) cadde una forte
nevicata che coprì uomini e cose. Ad aumentare le difficoltà il
nemico aprì coi grossi calibri un intensissimo fuoco sulle posizioni
conquistate; ogni proiettile che arrivava produceva vuoti tremendi,
sicchè un proiettile colpì in pieno il Capitano Massarotti ed il
Ten. Cagetti uccidendoli sul colpo.
I
nemici catturarono il S.T. Gelnetti che ritornò dalla prigionia con
un braccio amputato.
Il
Magg. Alcioni, saputo da alcuni soldati che risalivano Cima Lana del
disgraziato incidente, immaginò che la posizione fosse rimasta
sguarnita di uomini ed ordinò che un plotone accorresse subito a
controllare l’accaduto. Mi offersi, accompagnato da 20 uomini di
diverse compagnie ( il battaglione era decimato ed esausto e si
attendeva il 20° Bersaglieri per il cambio).
Approfittammo
di una fittissima nebbia e della scarsa resistenza nemica, rioccupai
la posizione.
Dico
rioccupai perchè sul posto non trovai nessuno dei nostri e dovetti
scambiare col nemico diverse bombe e qualche fucilata.
Restai
quindi sulla posizione, vicinissimo al nemico ed in attesa di eventi.
Due lunghissimi giorni passavano, mentre la neve che ci ricopriva
continuava.
Avevo
a mia disposizione pochissimi e fedelissimi soldati e mandavo al
Comando notizie verbali non potendo assolutamente scrivere. Stavo
seduto collo sguardo rivolto al parapetto della trincea e speravo che
muovessero verso di me gli aiuti e le munizioni richieste. I soldati
si offrivano, allo scopo di riscaldarmi, di sedersi sulle mie
ginocchia. Eravamo costretti ad una immobilità assoluta poichè la
trincea era un riparo appena accennato. Il nemico era a noi
vicinissimo tanto che sentivamo lo scalpitio dei piedi della vedetta.
Le forze cominciavano a mancarmi e così doveva essere dei miei
soldati che mi guardavano attoniti aspettando qualche decisione od
aiuto. Dovevo abbandonare la posizione? MAI. Dovevo mandare altri
uomini a portare notizie al Comando? NO perchè oramai i superstiti
si contavano sulle dita.
Molti
ne avevo mandati colla speranza che almeno uno giungesse alla meta,
ma tutti erano stati inesorabilmente raggiunti dal piombo nemico
durante la lunga e faticosa ascesa verso Cima Lana. Prima che cadesse
il tramonto, con il fazzoletto, cominciai a fare segnali verso Cima
Lana ove sapevo i nostri. Intanto il nemico, accompagnando l’invito
con qualche bomba a mano, ci invitava ad arrenderci.
Finalmente
a notte alta una pattuglia del 20° Batt.Bersaglieri venne a
sostituirci. Date le consegne all’Ufficiale, provai ad alzarmi: non
avevo più la percezione delle gambe. Ero gelato. Fui trascinato
faticosamente lungo il camminamento, risalii la dolorosa china, e
proseguii fino all’ospedale.
Il
13 giugno, benchè non completamente guarito, volli tornare al mio
Glorioso Reggimento.
In
conseguenza di detta operazione furono assegnate le seguenti
decorazioni al valore:
Alla
memoria del Capitano Branca , med. d’argento
Alla
memoria del S.T. Dragonetti, med. d’argento
Al
Magg. Alcioni com. il Battaglione , med.d’argento
Al
Serg, Magg. Perrai, Promozione a S.T. effettivo per merito di guerra
e successivamente med.d’argento al VM
Al
Ten. Cipollini, accorso in rinforzo, med. d’argento
Al
Ten Pianura Cesare, che rastrellando il terreno occupato catturò
alcuni prigionieri ed una mitragliatrice, med d’argento
Al
S.T. Gallistro, ferito, med.d’argento
al
S.T. Migliorati, ferito, med d’argento
Al
sottoscritto Croce di guerra al VM colla seguente
motivazione: Subalterno
di una compagnia lanciata all’attacco di una forte posizione nemica
si comportava coraggiosamente e rimasto solo ufficiale conservava la
posizione fino al sopraggiungere dei rinforzi.
Schede
– Prima Guerra Mondiale – UNPOPVE -
Commenti
Posta un commento