Saqqara: riportata alla luce la tomba di Panehsy
Saqqara,
sito archeologico a 30 Km a sud del Cairo, continua ad essere una
miniera di sorprese per egittofili e studiosi d’antico Egitto.
Era
la necropoli di Menfi, capitale dell’Egitto durante l’antico
Regno e fondata, secondo la leggenda, nel 3.000 a.C. da Menes, primo
Faraone dell’Egitto unito.
“Lo
scavo a Saqqara, iniziato nel 1975 dal Egypt Exploration Society e
dal Museo Nazionale delle Antichità di Leiden, è finalizzato alla
ricontestualizzazione archeologica di monumenti, rilievi e statue,
giunti nelle collezioni europee nel XIX secolo. Nel 2015 il Museo
Egizio è diventato partner della missione.”,
dichiara Christian
Greco,
il Direttore del Museo Egizio di Torino sul
comunicato uscito nei giorni scorsi.
Sì
perché, dopo la scoperta di numerose tombe dell'antico Regno,
Saqqara è ritornata alla ribalta per l’annuncio del ritrovamento,
da parte degli archeologi del Museo
Egizio,
del Ministero
del Turismo e delle Antichità Egiziane e
del Museo
Nazionale di Antichità di Leiden,
della tomba di Panehsy,
responsabile del tempio di Amon durante il primo periodo Ramesside.
Tale
scoperta, avvenuta proprio sotto la direzione dell’italiano
Christian Greco e della curatrice della collezione Egiziana e Nubiana
del Museo di Leiden Lara
Weiss,
getta una nuova luce sullo sviluppo della
necropoli di Saqqara durante tutto il periodo Ramesside.
Il
nome Panehsy era relativamente comune a quel tempo, ma questo
specifico responsabile del tempio che veniva da Menfi era
sconosciuto agli studiosi.
Fino
ad oggi.
La
struttura della tomba di Panehsy
Il
complesso funerario rettangolare (13,4 metri per 8,2 metri) confina a
sud con la celebre tomba di Maya, alto funzionario e responsabile del
tesoro del Faraone Tutankhamon.
La
tomba ha la forma di un tempio,
con un ingresso monumentale e una corte con portico colonnato.
Al
centro, un pozzo permette di accedere alle camere
sepolcrali ipogee.
Sul
lato ovest, invece, la corte è chiusa da tre
cappelle.
I
muri di mattoni crudi della struttura superiore della tomba di
Paneshy raggiungono un’altezza di un metro e mezzo e sono decorati
da lastre di rivestimento in pietra calcarea, che mostrano rilievi
colorati in cui si distinguono il proprietario della tomba Panehsy e
sua moglie
Baia,
cantante di Amon, e diversi sacerdoti e portatori di offerte.
Le
decorazioni
Dal
comunicato del Museo Egizio si legge come la rappresentazione più
bella di Panehsy è quella in cui è impegnato a adorare la dea
Hathor, rappresentata sotto forma di mucca che esce dalla montagna.
Al
di sotto, Panehsy e sua moglie Baia siedono insieme davanti ad una
tavola. Un uomo calvo con una pelle di leopardo che gli cinge le
spalle si trova di fronte alla coppia deceduta.
Sembra
essere il sacerdote, di nome Piay che
si occupa del culto funerario dei due defunti.
Gli
archeologi pensano anche che fosse un subordinato
del proprietario della tomba e
che, proprio per questo, si occupasse del culto della morte del suo
superiore.
In
teoria, però, questo compito spettava al figlio maggiore del
defunto.
Forse
Panehsy e la moglie non avevano figli?
La
tomba di Yuyu
Ad
est della tomba di Panehsy, gli archeologi italiani, egiziani e
olandesi hanno scoperto quattro
cappelle funerarie più piccole.
Una
di queste apparteneva a Yuyu,
artigiano responsabile della produzione delle lamine d’oro presso
il tesoro del Faraone.
Molto
affascinanti, le decorazioni sui muri.
In
questa cappella funeraria, infatti, quattro generazioni della
famiglia di Yuyu erano rappresentate in splendidi rilievi colorati.
Si
vede il corteo funebre di Yuyu e il rituale dell’apertura della
bocca, momento supremo del funerale, oltre alla venerazione di Hathor
e della barca del dio locale di Saqqara, Sokar.
Dal
comunicato del Museo Egizio di Torino si evince come la scoperta
della tomba di Yuyu è “l’esempio
plastico”
del nuovo
obiettivo dell’archeologia moderna che,
tramite la biografia degli oggetti, mira a comprendere la storia
economica e sociale dell’antico Egitto.
Gli
stipiti della porta provenienti da questa cappella funeraria e
conservati oggi al Musée
de Picardie ad Amiens possono
essere finalmente compresi e contestualizzati.
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