Vincere o perdere

In ogni istante della vita possiamo rimanere intrappolati nei problemi oppure intraprendere una lotta: i nemici su cui vincere sono la voglia di arrendersi, la paura, il dolore, il senso di impotenza.
Vincere o perdere.
Lotta, battaglia, lottare, combattere, non sono parole che amo, che sempre hanno risuonato in me in maniera bella.
Anzi, talvolta mi sembra quasi stridano col mio desiderio di pace, di felicità da condividere, con i miei sforzi di creare armonia.
Ho persino cercato invano nell'etimologia di queste parole qualche significato che rimandasse ad altro, che non evocasse nemici, combattimenti, rese e perdenti.
Eppure, se penso alle mie esperienze di fede, so benissimo cosa significa lottare, guardare in faccia i demoni e sfidarli.
Scoprire dove si annidano, dove aggrediscono la mia voglia di recitare, la speranza che mi muove i passi.
Dove contaminano i miei giorni di dubbio, trascuratezza, paura.
Che siano gioie che distolgono, dolori che bruciano, sciagure che arrivano come un temporale a guastare il sapore
dell'illuminazione che cerco.
So cosa significa sfidarli, guardarli negli occhi e dire con forza: non ho paura, fatevi pure avanti, qualsiasi cosa accada io non mi arrendo.
L'ho imparato da Nichiren.
Nichiren che guarda la propria vita e quella del suo paese, scorgendo in essa continuamente il bene e il male, la protezione degli shoten - zenjin o l'attacco di forze demoniache.
Come se in ogni istante, in ogni gesto, in ogni parola che spendeva fosse in gioco tanto, tutto.
La felicità e l'infelicità, la Buddità o l'ignoranza, l'oscurità o la saggezza non di qualcuno soltanto, non solo di se stesso, ma del suo paese, del mondo, della storia. Nichiren che mentre veniva condotto sul luogo in cui sarebbe stato giustiziato non si lamenta, non si commisera, non si sente vittima degli altri, del Karma o delle circostanze.
Non dubita del Sutra del Loto che sta propagando e per il quale viene condannato a morte, ma continua a credere con tale forza nelle parole di Shakyamuni da esortare quasi gridando le divinità buddiste che promisero di proteggere il devoto del Sutra del Loto, affinché tengano fede alla loro promessa. Non impugna armi, non offende vite, non ne toglie.
Non fa guerre sante e sanguinarie contro nessuno perché ogni vita è degna di rispetto, ogni vita è manifestazione della Legge mistica.
Lotta, questo si, e con tutto se stesso, con l'unica arma che possiede, la più potente: la fede.
Fino all'ultimo istante di vita crede che i suoi sforzi non saranno vani, che la verità contenuta come un gioiello nel Sutra del Loto verrà alla luce e porterà le persone a scoprire in sé quel gioiello.
Che brilla di saggezza, passione, di rispetto e coraggio.
Ecco, quando si vince con la fede, quando si riesce a illuminare quella parte della propria mente, del propio corpo, della propria realtà che fa male, che ferma, non ci sono perdenti, non ci sono sconfitti.
Perché vinciamo anche per chi non capisce, per chi non ci crede, per chi ci ha fatto o ci fa del male.
BS, 133


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