Salita verso l’altopiano di Asiago
[…]
Partirono
la mattina presto, come fanno sempre i militari. Il freddo pungeva
come mille spilli, anche sotto la mantella grigioverde. Giovanni
serrava i denti mentre, ammassati come bestie, sobbalzavano sui
banchi di legno di un autocarro Fiat. Il motore borbottava, tossendo
nuvole di fumo. “Cristo, pare di stare sopra una carriola coi
sassi”, brontolò Bruno tenendosi il fianco do ve un ferro
sporgente lo aveva graffiato due volte. Lasciarono Bassano verso
nord,passando il Brenta sopra il ponte di ferro. La strada saliva a
curve, costeggiando prati brulli e filari di gelsi spogli.
Attraversarono Lusiana, il paese rannicchiato sul ciglio del monte,
dove poche donne coi fazzoletti neri scrutavano i camion passare. Più
in alto, la neve compariva a chiazze ai bordi della carreggiata.
Il camion si era fermato a bordo della strada, proprio sotto una radura da cui si scorgeva, da lontano, l’imponente mole del monte Grappa. Il sole basso all’orizzonte, incendiava i crinali ancora innevati.
Alfiero fu il primo a parlare:
“Guarda lì…” mormorò, indicando con la punta della baionetta. “E’ il Grappa, quello”.
Giovanni si voltò, asciugandosi il sudore con la manica. “Il Grappa? Ma non ci dovevano portare verso Asiago??” “Infatti noi andiamo in altopiano. Il Grappa, lo stanno scavando. Gallerie, piazzole, batterie. Ci stanno ficcando l’artiglieria pesante e i ricoveri per molte truppe”
Alfiero fece una pausa, poi soggiunse con tono più basso:
“Pare che Cadorna l’abbia definito la “chiave della difesa italiana”
Bruno, arrivato ansimante dal retro, si lasciò cadere come un sasso.
“Difesa? Ma non dovevamo attaccare? Sono mesi che ci parlano di offensiva, di riprenderci le cime, di Ortigara, Zebio, Pasubio...e adesso parlano di difesa?”
Alfiero annuì piano:
“Appunto quando cominciano a fortificare una montagna lontana dal fronte, è perché sanno che quel fronte può crollare. E ci serve un posto dove non morire tutti nel disordine..”
Giovanni aggrotto la fronte.
“Ma si trova a decine di chilometri dalla prima linea. Non ha senso…”
“Il senso non lo diciamo noi, Marini”. Tagliò corto Alfiero. “Noi marciamo, scaviamo, spariamo, e moriamo. Il “senso” è una parola da ufficiali.
Bruno si tolse il berretto e si passò una mano tra i capelli.
“Io ho sentito che là dentro stanno costruendo una cannoniera. Tipo ina galleria piena di pezzi da 149, nascosti dentro la pietra. Se riescono a finire in tempo, possono coprire tutta la sommità da lì’.
Giovanni pensò un istante, poi disse piano:
“E se la costruiscono per noi, vuol dire che sanno già che a nord non reggeremo”.
Le parole gli uscirono dure, amare, come ghiaia sputata dopo una caduta.
Un vento fresco scese dalla montagna, piegando i faggi e i pensieri.[...]
Liberamente tratto dal libro “La guerra di Giovanni” di Tiziano Berto
Il camion si era fermato a bordo della strada, proprio sotto una radura da cui si scorgeva, da lontano, l’imponente mole del monte Grappa. Il sole basso all’orizzonte, incendiava i crinali ancora innevati.
Alfiero fu il primo a parlare:
“Guarda lì…” mormorò, indicando con la punta della baionetta. “E’ il Grappa, quello”.
Giovanni si voltò, asciugandosi il sudore con la manica. “Il Grappa? Ma non ci dovevano portare verso Asiago??” “Infatti noi andiamo in altopiano. Il Grappa, lo stanno scavando. Gallerie, piazzole, batterie. Ci stanno ficcando l’artiglieria pesante e i ricoveri per molte truppe”
Alfiero fece una pausa, poi soggiunse con tono più basso:
“Pare che Cadorna l’abbia definito la “chiave della difesa italiana”
Bruno, arrivato ansimante dal retro, si lasciò cadere come un sasso.
“Difesa? Ma non dovevamo attaccare? Sono mesi che ci parlano di offensiva, di riprenderci le cime, di Ortigara, Zebio, Pasubio...e adesso parlano di difesa?”
Alfiero annuì piano:
“Appunto quando cominciano a fortificare una montagna lontana dal fronte, è perché sanno che quel fronte può crollare. E ci serve un posto dove non morire tutti nel disordine..”
Giovanni aggrotto la fronte.
“Ma si trova a decine di chilometri dalla prima linea. Non ha senso…”
“Il senso non lo diciamo noi, Marini”. Tagliò corto Alfiero. “Noi marciamo, scaviamo, spariamo, e moriamo. Il “senso” è una parola da ufficiali.
Bruno si tolse il berretto e si passò una mano tra i capelli.
“Io ho sentito che là dentro stanno costruendo una cannoniera. Tipo ina galleria piena di pezzi da 149, nascosti dentro la pietra. Se riescono a finire in tempo, possono coprire tutta la sommità da lì’.
Giovanni pensò un istante, poi disse piano:
“E se la costruiscono per noi, vuol dire che sanno già che a nord non reggeremo”.
Le parole gli uscirono dure, amare, come ghiaia sputata dopo una caduta.
Un vento fresco scese dalla montagna, piegando i faggi e i pensieri.[...]
Liberamente tratto dal libro “La guerra di Giovanni” di Tiziano Berto
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