Fucilazione dei disertori
[…]
I due hanno urlato, pianto, chiamato la famiglia lontana, implorato
pietà e perdono…E quando hanno intuito che nessuna forza umana
poteva loro ridare la vita non hanno più detto una parola, hanno
solo continuato a piangere lentamente. Il plotone d’esecuzione
s’allinea, sbigottito, occhi atoni nell’aiutante maggiore che con
voce che vuole dunque far suonare aspra spiega la necessità di mirar
bene per abbreviare l’agonia a gente irrimediabilmente condannata.
Nel plotone ci sono amici, paesani, forse anche parenti dei due
condannati. Commenti sommessi sull’allineamento. – Silenzio –
grida l’aiutante. E’ arrivato il prete, tremante, atterrito; c’è
anche il medico, si marcia ad una piccola radura sinistra, nel bosco,
ai primi lucori dell’alba. Ecco il primo condannato. Un pianto
senza lacrime, quasi un rantolo esce dalla gola serrata. Non una
parola, occhi senza espressione più, sul volto solo il terrore ebete
della bestia al macello. Condotto presso un abete, non si regge sulle
gambe, s’accascia: bisogna legarlo con filo al tronco. Il prete
livido, se lo abbraccia. Intanto il plotone s’è schierato su due
righe: la prima riga deve sparare. L’aiutante maggiore ha già
spiegato: io faccio un cenno con la mano e allora fuoco. Ecco il
cenno. I soldati guardano l’ufficiale, il condannato bendato, e non
sparano. Nuovo cenno. I soldati non sparano. Il tenente batte
nervosamente le mani. Sparano. Ed ecco il corpo investito dalla
raffica si piega scivolando un poco lungo il tronco dell’albero,
mezza la testa asportata. Con un’occhiata il medico sbriga la
formalità dell’accertamento. Siamo al secondo. Questo scende
calmo, quasi sorridente, con appesa al collo una corona benedetta.
Dice come estasiato – El xe justo – Vardè voialtri de rigar
drito, no stè a far come ghe go fato mi -.
Tocca
a sparare quelli della seconda riga. Ma questi tentano di
sottrarsene, affermando d’aver già sparato, la prima volta.
L’aiutante maggiore taglia corto, minaccia, parole grosse. Il
plotone si riordina. Un cenno. La scarica. E’ finito. Il plotone
d’esecuzione – raccapriccio, angoscia su tutti i volti – rompe
i ranghi, rientra lento. Per tutto il giorno un gran discorrere a
bassa voce nelle baracche, un senso di depressione enorme nel
battaglione.
Tratto
da Le scarpe al sole di Paolo Monelli

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