La natura oscura del senso del dovere
Non
ha la stessa evidenza di una malattia in forma acuta ma è simile a
una malattia cronica. Non è semplice nemmeno accorgersene perché
dall'esterno non si vede e se non ci rifletti magari non si vede
nemmeno dall'interno. In pratica potrebbe non saperlo nessuno! Ci si
fa l'abitudine, non ci si accorge nemmeno di averla e così non si
cura per tempo, salvo poi svegliarsi un giorno e vedere che non si va
più avanti. Perché chi pratica per senso del dovere è come se
andasse, in modo più lento, nella stessa direzione di chi non
pratica per nulla. Vive nell'illusione. Il suo oggetto di culto non è
la Legge dell'universo che è in ogni fenomeno, ma è l'insieme di
norme scritte e non scritte che lo fanno sentire in regola. E questo
oggetto di culto, la sua Legge, è invariabilmente al di fuori di sé,
come dice nel Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa
esistenza: «Non devi mai pensare che qualcuno degli ottantamila
sacri insegnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva
delle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La
pratica degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle
sofferenze di nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera
natura della tua vita. [...] Questo implica che finché non si
percepisce la natura della propria vita, la pratica sarà un'infinita
e dolorosa austerità» (BS, 119, 12-13). E sappiamo tutti che quando
una cosa è dolorosa e austera, chi te la fa fare?
Qual
è il test di controllo?
Si
può iniziare con qualche domanda. Questa mattina avrai senz'altro
recitato: con quale soddisfazione? Senz'altro avrai fatto Gongyo: con
quali occhi l'hai letto? Strana domanda, in questo test di controllo?
Leggiamo cosa scrive Nichiren Daishonin. A proposito del secondo e
del sedicesimo capitolo del Sutra del Loto, quelli che recitiamo ogni
giorno in Gongyo, nel Gosho Risposta a Soya Nyudo si legge: «Ogni
ideogramma di questo sutra è un Budda vivente di suprema
Illuminazione, ma noi, guardando questo sutra con gli occhi dei
comuni mortali, vediamo solo gli ideogrammi. Gli spiriti affamati
vedono il fiume Gange come fuoco, gli esseri umani vi vedono l'acqua
e gli esseri celesti lo vedono come amrita. L'acqua è sempre uguale,
ma appare diversamente secondo la capacità karmica degli individui.
I ciechi non possono vedere gli ideogrammi di questo sutra; gli occhi
dei comuni mortali li vedono come parole scritte [...], i bodhisattva
li vedono come innumerevoli insegnamenti» (SND, 7, 147). Dunque con
quali occhi hai letto il libretto per fare Gongyo stamattina? Con
quelli di un comune mortale, di un bodhisattva o di un Budda? Solo tu
conosci la risposta, solo tu sai se l'hai fatto per senso del dovere
o perché hai scelto liberamente di farlo.
NR
374 (SECONDA PARTE DI TRE)

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