I "nove mondi"

Noi viviamo dentro stanze. I “nove mondi”.
Alcune sembrano prigioni. Sono quelle dove si sta male: l’angoscia dell’inferno, l’insoddisfazione
dell’avidità, l’impotenza della stupidità. La rabbia e l’odio della collera.
Prigioni dove ci troviamo nostro malgrado, e rispetto alle quali non
abbiamo nessuna voce in capitolo. Non dipende da noi se ci troviamo combinati così male. E soprattutto, non dipende da noi poterne uscire. Così sembra. Invece, tra queste nove stanze e il mondo di Buddità esiste una specie di collegamento interno, un legame reciproco, un “mutuo possesso”: ogni condizione vitale, ogni “mondo”, possiede anche quello del Budda. Non serve uscire da noi, o cambiare natura, per liberarci da quella sofferenza. Non serve cambiare fisicamente stanza, partner, lavoro, città. Senza che niente accada “fuori” si può uscire dalla stanza della paura, dell’angoscia, dell’ansia, della noia, della rabbia, dove sembra non ci sia altro che paura, angoscia, ansia, noia, rabbia, e accedere a uno spazio aperto dove l’orizzonte è largo. Dove si trova la mia – la tua – capacità di essere libera in modo assoluto: dal dolore, dall’impotenza, dalla paura, senza che nessuna condizione esterna sia mutata. Libera di agire con originalità. Di pensare con limpidezza. Di godere semplicemente della vita che c’è. Trovare la porta dentro la stanza che apre il giardino della Buddità. Recitare Nam-myoho-renge-kyo è sperimentare l’esistenza della libertà del Budda non lontana da me qui, non disumana, non troppo grande per essere gustata. Sperimentare la sua esistenza dentro questa stanza. Recitare Nam-myoho-renge-kyo e non fermarmi.
Non fermarmi.
Fino a sentire che il perimetro netto della mia prigione sfuma, la tensione si allenta, i confini si aprono.
Fino ad arrivare a percepire la natura dei fenomeni con le stesse facoltà di Shakyamuni e di Nichiren.
Per esempio, vedere con chiarezza che il dolore che c’era nella stanza è frutto di una visione limitata, della paura, di un vizio di pensiero, sentire che c’è un altro modo di guardare, che una soluzione la posso trovare, e che la mia vita anzi ha senso proprio perché mi voglio dedicare con tutte le mie forze a sciogliere quel nodo del mio karma che mi fa cieca, sorda, dolorante.
Vedere le cose così mi dà pace, potere, libertà.
In questo preciso momento la libertà assoluta, per quanto mi sembri incredibile, diventa cosa mia.
Tratto da Buddismo e Società n. 100 - Speciale Percorsi di libertà

Commenti

Post popolari in questo blog

S.Osvaldo – 6 aprile 1916 la fine della compagnia della morte

Tutto inizia la sera nella notte del 14 maggio 1916: sta per scatenarsi la Strafexpetion austriaca…

Castagnevizza (Kostanjevica na Krasu), Slovenia il giugno 1917, in mezzo ai cadaveri