Salvare Roma…con una lettera. La lettera di Belisario a Totila (546)

Nel dicembre del 546, dopo il tradimento di parte della guarnigione, Totila riesce a entrare a Roma e a prenderne possesso.
Dopo le prime violenze perpetrate dai Goti ai danni dei (pochi) abitanti rimasti, Totila ordina di risparmiare i cittadini e di non far del male più a nessuno, in questo anche esortato da Pelagio, rappresentante di papa Vigilio (e futuro pontefice).
Se i pochi abitanti rimasti sono risparmiati, a rischiare di subire però opera di distruzione è l’Urbe stessa.
Totila invia proprio Pelagio e un senatore, Teodoro, a riferire all’imperatore Giustiniano che, se quest’ultimo non accetterà la pace (con la quale, almeno formalmente, Totila si augura di prendere il posto che era stato di Teodorico nei confronti dell’impero), truciderà tutti i senatori, porterà la guerra in Illirico (minacciando direttamente Costantinopoli) e raderà al suolo Roma.
Giustiniano però non si fa intimorire, né ha intenzione di cedere. A Pelagio e Teodoro risponde di comunicare a Totila che non è a lui che il re goto deve rivolgersi, ma a Belisario (inviato di nuovo in Italia nel 544), che in qualità di strategos autokrator ha la facoltà di decidere come preferisce come comportarsi col nemico.
Una risposta apparentemente indiretta, ma che in realtà fa capire chiaramente a Totila che la pace non ci sarà.
A far precipitare la situazione, le truppe di Totila falliscono un’offensiva in Lucania contro il generale Giovanni.
Capendo che la guerra senz’altro continuerà, Totila decide di radere al suolo Roma, cominciando dalle sue mura: “Dunque disfece la cinta in parecchi luoghi per circa un terzo di tutto il circuito, e già stava per mettere il fuoco ai più belli ed esimi edifici e mutar Roma in pascolo per greggi […]”, nelle parole di Procopio di Cesarea.
Proprio quando sta per passare al grosso della distruzione, Totila è raggiunto da messaggeri imperiali con una lettera: è di Belisario in persona.
Venuto a sapere delle intenzioni di Totila, infatti Belisario ha scritto un messaggio al re goto, per invitarlo a non operare la distruzione della quale sta per rendersi protagonista.
Così, secondo Procopio di Cesarea, alcune delle parole della lettera:
Così come fornire una città di nuovi ornamenti è proposito da uomini assennati e istruiti del vivere civile, così distruggere gli ornamenti che vi sono è cosa da stolti che non si vergognano di lasciare al tempo futuro un tale lascito di loro stessi.
E Roma fra tutte le città, quante ve ne sono sotto il sole, è riconosciuta la più grande e la più magnifica. […]
[…] tu devi riflettere che uno di questi due casi dovrà necessariamente avvenire: può darsi che tu in questa impresa sia vinto dall’imperatore, e può anche darsi che tu lo vinca.
Nel caso che tu sia il vincitore, se tu distruggi Roma, non la città di un altro avrai rovinato, o valente uomo, ma la tua città; conservandola invece, sarai ricco del più bello tra tutti i possedimenti.
Nel caso poi che ti tocchi la sorte peggiore, conservando Roma serberai grande grazia per te stesso presso il vincitore.
Se la distruggi, non rimarrà motivo di umanità verso di te, oltre al fatto che agire così non ti porterà nessun vantaggio. […]”
Totila legge numerose volte la lettera, nella quale Belisario rimarca anche il fatto che il re è già conosciuto per il suo valore e la sua fama assicurata, a prescindere da quello che deciderà di fare – ma facendo intendere che distruggendo Roma, rovinerà in modo irrimediabile la sua reputazione.
Alla fine, Totila decide di non procedere, e ordina che si smetta immediatamente l’abbattimento di mura ed edifici, e che di ciò sia avvisato anche Belisario.
Partito per la Lucania con il suo esercito, Totila porta con sé la maggior parte dei senatori, mandando parte delle loro famiglie in Campania, e fa sgomberare la città di tutti i suoi abitanti, lasciandola deserta per quaranta giorni.
Poco tempo dopo, nella primavera del 547, Belisario occuperà nuovamente Roma, spingendo gli abitanti a ritornare e iniziando a ricostruire le mura, in tempo per resistere alla controffensiva di Totila (che riprenderà la città nel 549, dopo la partenza di Belisario dall’Italia).


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