Racconti di battaglia
La mattina del 27 ottobre, le prime luci dell’alba illuminavano i profili dei monti, ancora avvolti nel silenzio glaciale della notte. Da un giorno, l’artiglieria nemica tuonava senza sosta, e ora due cannoni italiani spuntavano da quota 982, mirando alle retrovie del battaglione austriaco. I proiettili cadevano vicini, squarciando la quiete e causando le prime perdite. Era chiaro che la posizione non poteva essere mantenuta a lungo. Fu quindi dato l’ordine di attaccare.
Guidati dal tenente Kern, gli uomini avanzavano decisi, passo dopo passo, su per la ripida salita. Alla fine, con il sacrificio di pochi uomini, arrivarono sulla vetta: 250 italiani furono presi prigionieri e catturate tre mitragliatrici. Erano le 17:30 quando il razzo rosso segnalò la conquista dell'altura. Non c’era tempo per esultare però, il nuovo obiettivo era quota 930. Ma nei boschi, tra ombre e fruscii sospetti, si nascondevano altri soldati italiani, pronti a rallentare ogni metro conquistato.
Quel pomeriggio, la battaglia si accese di nuovo nella valle: gli italiani, con due battaglioni alpini, bloccarono il passo di San Giorgio, determinati a fermare l’avanzata. Tra spari e grida, il soldato Gellert, della 1ª Compagnia, fece 50 prigionieri da solo. In serata i soldati dell'Hessen dormirono all'addiaccio e si preparano per avanzare ulteriormente.
Il 28 ottobre, il colonnello von Wotke prese il comando e guidò l’assalto verso San Giorgio, lanciando le truppe dei Kaiserjäger e il 4° battaglione in un violento attacco. Le mitragliatrici ruggivano, le posizioni nemiche erano difese con tenacia, ma alle 17, dopo pesanti perdite, l’unità riuscì a sfondare le linee italiane. Delle truppe nemiche restava solo qualche uomo: la maggior parte era fuggita, lasciando dietro di sé trincee abbandonate e un silenzio carico di tensione.
Allo sfumare della battaglia, il 4° battaglione si ritirò a Gniva, mentre il resto del gruppo avanzava tra i boschi. Quella notte, sotto una pioggia mista a neve, le truppe si riunirono infine a Prato di Resia, in un silenzio rotto solo dal fruscio delle foglie bagnate. La montagna, ora loro, sembrava respirare in pace, ma tutti sapevano che l'avanzata non era finita.
Ph. Gruppo storico Reali Carabinieri del Podgora
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