Venezia FC: Il Venezia riparte da Vanoli

Da zero a cento cantava qualche anno fa Baby K, in una fortunata hit estiva piuttosto orecchiabile. Un po' la stessa musica fatta sentire quest'anno dal Venezia, passato in un amen dall'inferno dell'ultimo posto in classifica, con davanti la drammatica e reale prospettiva di una seconda retrocessione di fila, alla visione paradisiaca dei playoff. E poco conta, in fondo, se il sogno di tornare a respirare aria di serie A è andato in
frantumi per mano del Cagliari, perché nulla toglie all'eccezionalità dell'impresa compiuta, un'incredibile risalita che, a memoria, non ha precedenti nella storia della serie B, almeno in epoca playoff.
Uno slancio dal quale il Venezia deve ora ripartire nella programmazione della prossima stagione, in cui dovrà far tesoro degli errori commessi (e corretti strada facendo, va riconosciuto) e mettere in cantiere una squadra che possa avere concrete ambizioni di potersi giocare le sue chance per tornare nella massima serie. E' chiaro che la pietra angolare su cui costruire il Venezia futuro non può che essere Paolo Vanoli, l'artefice numero uno dell'imperiosa scalata. Nessun dubbio che ci sarà ancora lui alla guida della squadra (ha un altro anno di contratto), come lui stesso del resto ha fatto capire una bella gara a Cagliari parlando del futuro.
"I giocatori non devono essere delusi, questo deve essere un punto di partenza per una nuova avventura di costruzione del Venezia - le parole del tecnico, che evidentemente ha già le idee chiare su cosa serva -. Questo è l'atteggiamento giusto per ripartire l 'anno prossimo con qualcosa di più grande. Ora lavoreremo a mente fredda per vedere dove migliorare per rendere il Venezia, che ricordiamo è molto giovane, sempre più competitivo, partendo dall'attaccamento alla maglia dimostrata".
La conferma del resto se l'è ampiamente meritata sul campo. Arrivato al capezzale di una squadra moribonda, eppure capace di farla pian piano guarire, fino a trasformare un manipolo di giocatori senza capo né coda o quasi in una squadra vera, organizzata, con una precisa e definita identità. Capace di esprimere un calcio efficace e propositivo, a tratti anche piacevole, oltre che redditizio sotto il profilo dei risultati. E' stato un lavoro paziente, difficile, reso possibile dalla giusta intuizione (assieme al direttore sportivo Antonelli, al quale va un'altra bella fetta di merito per l'esito finale della stagione) di fare tabula rasa a gennaio di giocatori ormai a fine ciclo e puntare su giovani talenti: magari ancora da svezzare, ma tutti animati da grande motivazione.
Al di là dell'organizzazione di gioco, frutto della meticolosità e dell'attenzione quasi maniacale per la cura dei dettagli con cui lavora in settimana, frutto dei lunghi anni a fianco di Antonio Conte da cui ha ereditato il 3-5-2, Vanoli ha saputo creare uno spirito di gruppo non comune, capace di rinsaldarsi sul campo e di superare progressivamente tutte le difficoltà via via incontro. Vedi il grave infortunio di Jajalo, che aveva appena preso in mano le redini della squadra e che aveva costretto il tecnico a ricominciare da capo.
TESSMANN
Ha così letteralmente costruito un play nuovo puntando su Tessmann, facendone emergere delle caratteristiche che forse nemmeno il 21enne statunitense, una delle sorprese più positive della stagione, sapeva di avere. Ma non è stata l'unica delle sue intuizioni vincenti: la fiducia (molto ben ripagata) su Candela come padrone della fascia destra, l'invenzione di Zampano dirottato a sinistra a giocare a piede invertito, la crescita di Svoboda da centrale difensivo (al punto di aver preso il posto da titolare ad un esperto giocatore come Ceppitelli) e di Ellertsson, altro 21enne, a centrocampo; per non dire di Andersen, fin lì quasi un oggetto misterioso e diventato cardine della manovra lagunare. Una crescita collettiva che ha avuto benefici effetti anche su Pohjanpalo,

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