Natalia Tedeschi
Piove.
Notte all'addiaccio. Brevi periodi di prigionia dopo la nostra
evacuazione da Birkeanu verso la Germania.
Le
meno debilitate vengono selezionate per andare a lavorare in una
fabbrica, la Funkers Flugzug und Motoren Werke AG, in un sottocampo
di Buchenwald. Sono esclusa dalla selezione perché troppo
debilitata.La mia amica veneziana Enrica Polacco riesce a convincere
una aufseherin di non
dividerla
da sua sorella, non con parole, perché di tedesco non conosce che
gli epiteti che ci vengono affibiati, ma con gesti e lacrime.
Questa
bugia ottiene il suo risultato: nella sua coscienza forse affiora un
minimo di umanità.
All'arrivo
a Dessau vengono stabiliti turni di lavoro. Turni di 12 ore, dalle 6
del mattino alle 18 e viceversa. Dieci minuti di intervallo ogni
quattro ore. Il vitto consiste in 4-5 piccolissime patate lesse al
giorno.
Di
positivo c'è che non esiste il forno crematorio: si può morire di
morte naturale, il che non è poco.
Fuori
dal recinto delle baracche è primavera. Giorno dopo giorno fiorisce
un biancospino. È la speranza, il ritorno alla vita.
I
cannoneggiamenti russi preannunciano che i tedeschi perdono
progressivamente la loro sicurezza di essere i vincitori in assoluto.
Dopo un turno di notte, caricati di gran fretta prima su un camion,
poi su un treno, sempre adibito a trasporti animali, si arriva a
Theresienstadt. Le SS, sentendo il vento infido, se la svignano.
La
liberazione dal campo di Theresin avviene il 6 maggio 1945. I russi
anticipano l'arrivo di 48 ore: erano già pronti i forni crematori
per l'eliminazione di tutti i prigionieri. Io ero allo stremo delle
forze per una grave forma di tifo petecchiale.
Non
pensavo di farcela, dopo un anno di sofferenze. La volontà di
vivere, la gioventù e una dose di fortuna hanno avuto il
sopravvento.
Rientro
in Italia tragicamente sola, senza mamma e senza nonna.
Quest'ultima,
l'avevo vista per l'ultima volta alla partenza, a Fossoli: l'avevano
ammassata in un altro carro-bestiame, diverso dal nostro.
Invece,
all'arrivo a Birkenau, in quell'alba livida, ero sottobraccio a mia
madre. La sentivo tremare.
Fummo
subito divise, lei avviata lo stesso mattino verso l'illusorio "campo
di lavoro" che erano le camere a gas e i forni crematori.
A
quasi ottant'anni, il ricordo è sempre vivo e lacerante.
Beati
quelli che non hanno storia.
Natalia
Tedeschi
A5404
19.06.1922
- 25.03.2003
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