Venezia FC: Via Javorcic manca solo l'ufficialità

Era
scritto. Il Venezia ha scelto di esonerare Ivan Javorcic - manca solo l'ufficialità - dopo tre mesi di continua agonia e lo spettro della zona retrocessione. Decisivo l'ultimo tracollo interno contro l'Ascoli. Ma tutti in laguna, tranne la società, si erano ormai accorti che gli arancioneroverdi oggi sono una non squadra. Senza anima né corpo, incapace di rispondere a chi l'ha portata fin qui. L'artefice del capolavoro Sudtirol - dall'altare alla polvere in un amen, calcio spietato - paga errori più grandi di lui. Eppure, peggio di così era davvero difficile fare.
SVALUTAZIONE IN SERIE
Si pensi all'ultima sciagurata formazione schierata al Penzo. Assetto fragile, giocatori fuori ruolo - Novakovich e Cuisance su tutti -, veterani dimenticati. Javorcic non ha saputo imprimere il proprio gioco. E soprattutto non ha valorizzato i suoi ragazzi. A partire da Crnigoj, a cui non è bastato nemmeno l'eurogol di Brescia per una maglia da titolare. Poi Haps, in panchina nel momento clou - come Ceccaroni, su cui pesa però l'oggettiva crisi di rendimento. Per non parlare di Johnsen, da settimane fuori dai radar. Ecco: insieme, fanno quasi tre milioni di ingaggi. E il club per i suoi pezzi pregiati si era premurato un progetto di lungo periodo, blindandoli con rinnovi contrattuali dal 2025 in su. In un attimo, capitale tecnico dilapidato. Emblematica la parabola del norvegese, pescato in Olanda da Poggi: da rivelazione della Serie B a riserva. Ora rischia di andare via per poco. Come tutto quel che si era coltivato con la pazienza di un lustro.
RESTAURO FALLITO
E veniamo ai piani alti di Viale Ancona. Il suicidio sportivo in corso fa impressione. Nemmeno un anno fa il Venezia di Zanetti batteva la Roma di Mourinho toccando il cielo con un dito. Ripetiamo, nemmeno un anno fa. I fatti odierni sono la naturale evoluzione di ciò che avvenne poi, con i ribaltoni nell'area tecnica e dirigenziale che tutti sappiamo. Già allora sembrava un azzardo affidare le chiavi della ripartenza a neofiti del mestiere - il tandem Donati-Molinaro - o della categoria - Javorcic. Ora il fallimento è emerso in tempo di record. Perché oltre l'allenatore, c'è il resto. A partire dall'ultima campagna acquisti, che fa da pendant agli orrori di gennaio. Non è questione di italiani o stranieri, la polemica ha pure stancato. Contano i fatti: la rosa del Venezia è tra le ultime del campionato per esperienza accumulata in Serie B. Un dato che riflette l'atteggiamento in campo di chi magari è sopra la media per valore assoluto, ma avulso dal compito che lo attende. E cioè lottare, umile.
SOCIETA' IN TILT
Se suona l'allarme nessuno la sente. Da Niederauer in giù il club è sordo, in preda alla sicumera del visionario - progetto tecnico, identità, marketing - mentre tutt'attorno la realtà è ben altra. Di questa distanza, almeno, il Venezia aveva preso consapevolezza, lanciando un'articolata campagna di affiliazione e accettando fino a pochi giorni fa ogni confronto con la piazza. Ma per farla avvicinare al suo concept di calcio, e non viceversa. Perché nell'unico momento - oggi, post Ascoli - in cui contava davvero metterci la faccia, la società ha imposto il silenzio. Ieri abbiamo tentato di contattare il direttore tecnico Molinaro. Ma il telefono squillava a vuoto. Nessuno, evidentemente, si aspettava di toccare il fondo così male e così presto. Come pretendere umiltà dai calciatori, se questo è l'esempio?
PATATA BOLLENTE
La panchina del Venezia ora scotta. Non c'è niente di più scomodo, per un allenatore, che raccogliere in corsa una squadra costruita per vincere e con tutto da perdere. Sono scettici Beppe Iachini, indimenticato arancioneroverde, così come D'Aversa, Di Francesco e Stellone. Sono questi i nomi più caldi, tra i pochi sul mercato. Si profila allora l'ipotesi Soncin dalla Primavera, come accadde dopo l'esonero di Zanetti. Se così fosse, teniamoci pronti alla retorica della soluzione interna - non inganni l'orgoglioso finale di Serie A: l'unica partita che contava, contro la Salernitana, Soncin la fallì - per mascherare una completa debacle. Auguri a tutti.
IL RETROSCENA
Che rabbia, ripensare a quei giorni di maggio. Perché il Venezia il suo condottiero l'aveva trovato: era Pippo Inzaghi, tentato dall'idea del grande ritorno. Il sondaggio c'era stato, qualcuno nella dirigenza aveva pure caldeggiato il suo nome. Ma alla fine non se ne fece niente. E si virò su altri profili, fino a Javorcic. Tra i motivi decisivi, Inzaghi non parla bene l'inglese. Oggi però guida la Reggina - sedicesima, per valore di mercato della rosa: quella arancioneroverde è terza - a un insperato quarto posto. Il prossimo avversario al Penzo sarà lui. Quando si dice cercarsela.
Dall'Ascoli... all'Ascoli, è una squadra impacciata Due vittorie e tante delusioni
Dall'anguria indigesta rifilata dall'Ascoli allo scherzetto di Halloween preparato dagli stessi marchigiani. Con i bianconeri di Bucchi è iniziata l'avventura di Javorcic in Coppa Italia sulla panchina del Venezia e con gli stessi è destinata a chiudersiIn mezzo si è visto un Venezia sempre impacciato, quasi mai fluido, timoroso e con un cammino da horror in casa (un punto su 18 a disposizione), discreto in trasferta, con il punto più alto raggiunto a Cagliari. Purtroppo, e va detto, quando il Venezia ha perso, lo ha fatto in modo meritato con prestazioni, corali e dei singoli, che non hanno mai convinto ma anzi, hanno lasciato l'amaro in bocca e tanta perplessità.La classifica è magra, appena 9 punti sui 33 disponibili, 8 di questi sono stati ottenuti lontano dal Penzo.12 gol fatti, 18 subiti, due vittorie (a Bolzano in pieno recupero e in Sardegna), tre pareggi (Pisa in casa, Brescia e Cittadella fuori), il resto solo tante delusioni.Sei per la precisione: Genoa, Benevento, Spal, Bari, Frosinone e Ascoli.Inutile dire come le premesse per una stagione di sofferenze ci siano tutte; se non si decolla, poi rischi di rimanere nelle sabbie mobili della zona retrocessione e fatichi a uscirne. Di esempi ce ne sono molti: l'ultimo è il vicino di casa Vicenza, partito lo scorso anno per fare un torneo di vertice, finito per acciuffare i playout alla disperata all'ultima giornata e poi miseramente retrocedere. Ora il Venezia fatica, nella testa, soprattutto, perché da lì parte tutto. Poi ci sono pure dei limiti tecnici sempre più evidenti.
A Sant'Elena persi 6 punti nei secondi tempi
Penzo "maledetto" per il Venezia, ma soprattutto secondi tempi da dimenticare. Nelle prime sei partite casalinghe il Venezia ha conquistato un solo punto contro il Pisa, perdendo gli altri 5 incontri. Tenendo conto solo dei risultati dei primi 45' di gioco, gli arancioneroverdi avrebbero 6 punti in più in classifica. Sono rimasti invariati solo gli esiti con Genoa (da 0-1 a 1-2) e Pisa (1-1), nel secondo tempo si sono invece materializzate le sconfitte con Benevento (da 0-0 a 0-2), Bari (da 0-0 a 1-2), Frosinone (da 1-0 a 1-3) e Ascoli (da 0-0 a 0-2).Il Venezia è anche la squadra che in casa ha segnato meno reti (4), subendone di più (12), di cui ben 8 nella porta sotto la Curva Sud. Urge un cambiamento di rotta.
Dalle dimissioni di Baldini a De Rossi alla Spal
La Serie B produce sempre un via vai di allenatori. Quest'anno i movimenti sono iniziati già durante il precampionato, iniziando (27 luglio) con le dimissioni di Silvio Baldini (Palermo), non trovandosi in accordo con la nuova proprietà e che lo ha sostituito con Eugenio Corini (7 agosto). Due giorni dopo, il Sudtirol ha rescisso con Lamberto Zauli, tenendo al timone il vice Leandro Greco nelle prime 3 giornate, poi è arrivato Pierpaolo Bisoli (29 agosto) e da allora gli altoatesini sono imbattuti (18 punti in 8 gare). Sesta giornata fatale per quattro tecnici, tre esonerati (Castori a Perugia, Caserta a Benevento e Maran a Pisa), mentre il Como ha dovuto forzatamente rinunciare a Gattuso per motivi di salute scegliendo Moreno Longo.In Umbria era arrivato Silvio Baldini, le Streghe del Sannio hanno convinto Fabio Cannavaro, il Pisa ha fatto la scelta più ovvia, riportando Luca D'Angelo, arrivato alla finale promozione contro il Monza all'Arena Garibaldi. Scelta drastica anche per Joe Tacopina (9 ottobre), che ha esonerato Roberto Venturato, affidando la Spal a un altro campione del mondo del 2006, Daniele De Rossi, a cui è legato da profonda amicizia dai tempi della Roma. L'ultimo colpo di scena due settimane fa (16 ottobre) con le dimissioni di Silvio Baldini, che ha lasciato il Perugia, dove è ritornato Fabrizio Castori.
La salvezza diventa ora l'unico obiettivo
Una situazione grottesca quella che sta coinvolgendo il Venezia in quest'ultimo periodo. Il tecnico Ivan Javorcic, che paga anche per colpe non sue, è stato esonerato dopo l'ennesima figuraccia al Penzo (la quinta su sei in casa), ma la società non l'ha comunicato. Perchè? Per il semplice fatto che non ha ancora trovato il sostituto. Difficile trovare allenatori bravi (si sono fatti i nomi di Iachini, Andreazzoli, D'Aversa, Stellone e Di Francesco) che parlino perfettamente l'inglese come piace al presidente Niederauer. E allora potrebbe succedere che venga promosso Andrea Soncin, il tecnico della Primavera, che sostituì Paolo Zanetti a cinque giornate dalla fine della Serie A.E, in più, c'è da dire che prendere in corsa una squadra costruita male e con un'autentica babele di lingue in campo, sarebbe una brutta gatta da pelare per chiunque. Anche altre squadre sono zeppe di stranieri, ma - prendiamo il Milan, come esempio - l'ossatura è di lingua francofona. Il sostituto del tecnico di Spalato dovrà cercare di far rendere di più i giocatori reduci dalla Serie A, alcuni dimenticati in panchina, e di migliorare una manovra asfittica che va in difficoltà con le difese schierate quando il Venezia cerca di creare le giuste soluzioni per arrivare sotto porta. Il Venezia, al momento, sa giocare solo in contropiede. Nonostante Niederauer continui ad affermare che ha allestito un organico da Serie A, gli arancioneroverdi dovranno lottare fino all'ultima giornata per evitare la seconda retrocessione di fila. La B non perdona: ne sanno qualcosa, l'anno scorso, Vicenza e Crotone.
«I giocatori sarebbero d'attaccare al muro, l'ideale sarebbe uno come Iachini»
Un consiglio ai tifosi: qualche coro fatelo in inglese, vista ormai la lingua ufficiale nello spogliatoio del Venezia. Così magari si riesce a farsi capire e spronare il gruppo. Ovviamente è una battuta, mettiamola sul ridere, nonostante un momento dove da sorridere ci sia ben poco. I tifosi sono quasi rassegnati, al momento gli arancioneroverdi sarebbero in Serie C ma, quel che preoccupa, è una squadra senza reazione. E l'avventura del tecnico Ivan Javorcic è davvero al capolinea. «Mi spiace», spiega Franco Vianello Moro di Alta Marea «perché è una brava persona ma forse inadeguata, non è nel posto giusto. Non ha capito cosa fare, quando, invece, i giocatori sarebbero da attaccare al muro. Tutti dicono che abbiamo una buona rosa, anche se non ci credo, ma bisogna saper tirare fuori le qualità di tutti». Ovvio che ora si sia aperta la corsa al toto-nome e tra questi gira pure il nome di Beppe Iachini, uno dei giocatori più amati dalla tifoseria. «È un sergente di ferro», prosegue Vianello Moro, «non so chi possa accettare una situazione del genere. L'unica garanzia sarebbe dare carta bianca al nuovo tecnico per fare degli acquisti mirati per gennaio. Fiordilino è da solo, porta la croce e si batte. Qualcuno a centrocampo si dovrà pur prendere, non c'è un regista. In attacco non arrivano palloni: i giocatori non sono male ma senza rifornimenti, non si va da nessuna parte. Anche Cuisance non mi hai convinto, mentre la difesa ha retto finché ha potuto, ci sono giocatori che buttano la palla in avanti, non ci sono gioco, unità d'intenti, vanno in due sulla stessa palla. La situazione è pericolosa, di questo passo rischi di retrocedere». Critico è pure Lodovico Segato, presidente del Basso Piave. «Mandare via ora Javorcic», osserva, «sarebbe già tardi, perhè si doveva fare dopo il Frosinone. Quella gara era alla nostra portata. Lo vedo in difficoltà, non è la sua categoria, anche se lo stimo come persona. Siamo messi molto male, oggi saremmo in Serie C e la società deve capire che stanno buttando via i soldi investiti. Servono più grinta». Segato punta il dito sui troppi stranieri in rosa. «I giocatori non sanno cosa fare», aggiunge, «e non c'è più un'identità italiana. A che servono i settori giovanili? Non ci sono idee, non si verticalizza, manca il centrocampo, con dei buoni interdittori, ma nessuno fa fare il salto di qualità. Non ci sono gli uno contro uno, nessuno salta l'uomo. La squadra sarebbe anche buona, ma non ci sono né identità né leader. Serve un motivatore. Si deve giocare per divertire, con la testa libera, il risultato non dev'essere un'ossessione». Comunque bisogna darsi una mossa in fretta, pena una sanguinosa seconda retrocessione di fila.

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