Venezia FC: Cronaca di una retrocessione annunciata ma non troppo…

La festa appena cominciata è già finita, cantava Sergio Endrigo, per chi scrive fra i massimi poeti del Novecento. Ed è quello che è implacabilmente accaduto al Venezia, retrocesso in serie B. Come previsto? Non troppo. Vero che questo scenario di retrocessioni repentine vanta i suoi precedenti. È quasi sempre andata così negli ultimi sessant’anni, eccezion fatta per qualche Santo trovato per strada: diciamo Recoba. Ma l’entusiasmo dello scorso anno, la “serietà” della dirigenza e i risultati tutt’altro che disastrosi del girone d’andata (17 punti, zona salvezza) lasciavano presagire il meglio. Almeno sino al “fatal Verona”, quella sconfitta in casa per 4 a 3, dopo che nel primo tempo gli arancioneroverdi, già comunque un po’ affetti da stipsi realizzativa, avevano dominato, segnando tre gol. Se trauma comprensibilmente fu, il controtrauma non s’è mai fatto vedere. O forse sì, la vittoria con il Bologna, ma a giochi fatti e tempo abbondantemente scaduto. Destino cinico e scherzoso, se non proprio baro: un altro 4 a 3, a schema rovesciato…
E nel frattempo, in gennaio, una campagna acquisti disastrosa, legione straniera di disperati, dopo che già quella estiva non aveva brillato; e poi le voci sempre più insistenti sulla sostanziale emarginazione della dirigenza veneziana (gli amatissimi, dai tifosi, Collauto e Poggi), l’ascesa dello sconosciuto Alex Menta a deus ex machina del presidente Duncan Niederauer (già uno definito “director of analytics” mi farebbe girare le palle), il siluramento del buon Paolo Zanetti (a mo’ di capro espiatorio, manco fosse lui il primo o unico responsabile) e l’arrivo, l’anno venturo, in panchina, di un altro sconosciuto American boy, venezuelano di origini italiane, mezza vigogna d’oltre oceano – par di capire – con conoscenza zero del calcio italiano, magari a “motivare” una legione ancora più straniera. Analytics, perhaps… 
E dire che il piglio di Niederauer c’era inizialmente piaciuto. Non tanto o soltanto per l’inattesa (e un po’ fortunata) promozione, quanto per la determinazione di idee e propositi. Per esempio difendere il fortino del Penzo contro i luoghi comuni dello stadio in terraferma, sistemandolo a tempo di record già per il campionato di quest’anno. Missione compiuta. Meno la questione delle maglie e dei colori sociali: c’era proprio bisogno di rosso, azzurro e cromatismi “esotici” per brand, merchandising e marchette internazionali varie? 
Arriviamo esausti ad un finale di campionato alienante. Il pubblico ritrovato avrebbe meritato di meglio, le nostre due città per usare il linguaggio della Curva sud. Vero che il copione resta lo stesso delle altre retrocessioni. Ma la delusione di oggi non trova compenso in quelle di ieri. Esattamente perché le premesse sembravano diverse. American way of life? No limits. Un consiglio, però, caro Presidente: fatti un esame di coscienza e cerca di rimediare finché sei in tempo. Vero che solo di calcio si tratta ma non è una buona ragione per perdere la faccia. A Venezia e altrove.
tratto da ytali - di Roberto Ellero -

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