Gorizia addio

Mario Bosisio racconta ritirata a Peuma (GO) il 26 ottobre 1917.
La notte dal 26 al 27 ottobre, non si capiva più nulla della nostra situazione; reggimenti interi che si ritiravano; brigate che andavano di rincalzo sulle linee; depositi di munizioni che scoppiavano con fragore infernale; batterie che trainavano i loro pezzi verso più solide posizioni, per proteggere la ritirata delle fanterie di linea. Il cielo di Gorizia era stato illuminato a giorno fino all’alba dal fuoco dei cannoni nemici, che vomitavano sulle linee e sulle retrovie proiettili di tutti i calibri, mentre le nostre artiglierie cominciavano a tacere; poche batterie resistettero fino all’alba compresa la 428° batteria d’assedio con cannoni da 149 C., alla quale io appartenevo.
Questa batteria dopo aver resistito sotto raffiche di colpi bene aggiustati, al mattino verso le sette ricevette l’ordine di far scoppiare i cannoni e di distruggere tutti i proiettili e polveri che esistevano. Dolenti e taciturni ci aggiungemmo alla triste bisogna. Una parte degli uomini, seguendo i camminamenti, raggiunse il fiume Isonzo per buttare in acqua tutti gli esplosivi e proiettili esistenti della nostra dotazione, mentre gli altri di servizio in batteria, provvidero a caricare i pezzi per farli saltare. Quale colpo fu per me! Ero di servizio in qualità di capo al primo pezzo. Radunai i miei fedelissimi sette inservienti guardandoli con commiserazione, poi con le lacrime agli occhi ci abbracciammo. Soltanto un attimo trascorse; poiché si dovette incominciare il funebre rito: far morire quel bel mostro che da più di venti mesi era stato nostro buon amico, di giorno e di notte, col bel tempo e con la tempesta, nella stanchezza e nelle privazioni, nella gioia e nel dolore.
Lo caricammo uno volta, una seconda volta invano. Esso resisteva a nostro marcio dispetto! Finalmente colla terza carica scoppiò fragorosamente. I proiettili e le polveri subirono la stessa sorte. Tutto si distrusse colle nostre mani! E non si voleva credere ad una ritirata così disastrosa…
Dalla poderosa e titanica lotta per la presa della città di Gorizia, avvenuta nell’agosto 1916, che eravamo qui stabiliti nel Valloncello sotto il monte Peuma, largo non più di una ventina di metri dove scorreva il torrentello Peumica, che raccoglie tutti gli scoli delle montagne ad ovest del Sabotino e delle espugnate posizioni di Oslavia e Lenzuolo Bianco, tomba e gloria dei nostri granatieri di Sardegna, per poi sboccare nell’Isonzo, proprio dietro alla nostra batteria.
Partimmo dalla batteria sfasciata e ci avviammo per i camminamenti (nella stessa posizione dov’era l’anno precedente la primissima linea di trincee del nemico) con alla testa il caro Comandante della nostra batteria, Capitano Bernardoni, che mai ci lasciò un minuto in quella tragica notte. Le batterie nemiche ci salutavano con rabbiosi tiri di artiglierie: sembrava ci volessero sterminare tutti durante questa nostra fuga. Invece nonostante la pioggia di ferro e di fuoco, riuscimmo a raggiungere il nostro accampamento, dove avevamo le cucine, il materiale di riserva e delle care e sgangherate brande, su cui si poteva riposare meglio finito il nostro turno di batteria al servizio dei pezzi.
Il nostro Comandante ci radunò sulla strada, col solo tascapane, perché tutta la nostra roba era stata caricata sui carri bagaglio per essere trasportata poi a mezzo dei cavalli, e questo allo scopo che la nostra marcia di ritirata venisse effettuata con meno peso sulle spalle.
Lasciammo il baraccamento in fiamme e risalimmo il cosidetto Vallone delle Acque, alla sinistra del poderoso Podgora, per raggiungere la strada di Cormons. Demmo l’ultimo addio a questa vallata, dopo più d’un anno di nostra permanenza, a noi tanto cara nelle giornate di tregua e di riposo che il fuoco ci concedeva.

Commenti

Post popolari in questo blog

Quota 126 del Vippacco

Perchè c'erano tanti falli nella Roma antica?

Scoperto in Germania il “filo spinato” usato da Cesare contro i Galli.