Decima battaglia dell’Isonzo 12 Maggio – 5 Giugno 1917 (……)
Dopo
un rigido inverno, il generale Cadorna pensò di sferrare un decisivo
attacco nella zona di Gorizia questa volta però con l’aiuto di una
decina di Divisioni alleate. Tale aiuto non fu invece disponibile
(gli alleati non diedero a Cadorna il loro consenso nella conferenza
di Roma del gennaio 1917) e fu così che la nuova offensiva venne
affidata alla III Armata e ad una grande unità di recente
costituzione: il Comando della Zona di Gorizia risultante dall’unione
dei Corpi d’armata II (zona di Plava), VI (dal Monte Santo al bosco
Panovizza) ed VIII (dal Panovizza alla Vertoibizza) , con a capo il
generale Capello .
Il piano d’operazioni prevedeva tre fasi
successive: nella prima, un bombardamento generale e prolungato, su
tutta il fronte da Tolmino al mare, doveva disorientare gli austriaci
ed impedirgli il gioco delle riserve tra il settore carsico e quello
goriziano; nella seconda , il Comando doveva assaltare tutto il
bastione montuoso che strapiomba sull’Isonzo, tra Plava e Gorizia,
con le successive alture del Monte Cucco di Plava (Kuk), del Monte
Vòdice (Vodice), del Monte Santo e del Monte San Gabriele, nonché
del sistema collinoso a ridosso di Gorizia; per favorire tale attacco
era previsto un contemporaneo diversivo sull’ala sinistra del
fronte d’attacco, passando l’Isonzo tra Loga e Bodres (Bodrež) e
costituendovi là una testa di ponte. Nella terza fase, infine,
sarebbero passate all’attacco le truppe della III Armata (X Corpo
d’armata, dal Vipacco a Castagnevizza); XIII, da Castagnevizza a
quota 208 sud, presso Bonetti di Doberdò, e VII, da tale quota al
mare. All’alba del 12 maggio del 1917 le artiglierie italiane
aprirono il fuoco su tutto il fronte, continuandolo ininterrottamente
per due giorni; il mezzogiorno del 14 maggio le fanterie italiane
iniziarono l’avanzata sia nella zona di Plava sia in quella di
Gorizia. Di primo balzo venne conquistata dalla Brigata Udine la
quota 383 (Prižnica), mentre la brigata Firenze riuscì a
raggiungere lo sperone di quota 535 presso il Monte Cucco di Plava e
la Avellino, superato lo sbarramento di Sagora (Zagora), occupava
parzialmente i fortini di Zagomila, che guadavano la strada del
Vòdice. Reparti della Brigata Campobasso, risalite le pendici del
Monte Santo, riuscirono ad occuparne la vetta (su cui ormai vi erano
solo le rovine del convento) ma a seguito di un contrattacco
austriaco nella notte, non venendo sostenute da rinforzi, l’indomani
all’alba vennero costrette a ripiegare.
A nord-est di Gorizia
furono occupate dagli italiani, con aspra lotta, la collina di quota
126 presso l’attuale tiro a segno sopra Grassigna (Grčna) e la
quota 174 presso di Tivoli, ma non poterono essere mantenute. Il
giorno seguente, le truppe del II Corpo seppur contrastati da
un’accanita resistenza austriaca, si insediarono definitivamente
sulla vetta del Cucco di Plava e sulla sella del Vòdice. Nella notte
del 15 maggio reparti della 47a Divisione, forzato il passaggio
dell’Isonzo al saliente di Loga, passarono sull’altra sponda
construendovi una testa di ponte e catturandovi quattrocento
prigionieri. Nei giorni dal 15 al 21 maggio la lotta proseguì in
modo molto accanito. Gli austriaci contrattaccarono l’offensiva
italiana ovunque con grande energia; gli italiani riuscirono comunque
e ribatterli e a tenere il Vòdice, con la 53a (gen. Gonzaga) nonché
ad allargarsi attorno a Plava con l’occupazione della località di
Glòbina (Globna) e Pàglievo (Paljevo); la testa di ponte di Bodres,
avendo adempiuto al proprio compito, venne ritirata la notte del 19
maggio. Il 21 maggio, il Comando Supremo diede l’ordine alla III
Armata di iniziare la terza fase dell’offensiva, sull’altopiano
carsico; essa venne iniziata alle ore 16.00 del 23 maggio. Sulla
sinistra, il XI Corpo s’impegnava contro le alture ad est del Monte
Lupo (Volkovnjak), tenacemente contrastato al centro e sulla destra;
il XIII Corpo e il VII, superarono la prima linea austriaca e
dilagando a nord la strada tra Castagnevizza e Boscomalo (Hudi Log),
aggirarono quest’ultima località, oltrepassarono Lucati (Lukatic)
e s’impadronirono di Iamiàno. Nella zona di Monfalcone vennero
occupate dagli italiani le quote 92, 77 (Sablici), 58 (Moschenizze),
i Bagni ad oriente delle allora officine Adria (presso l’attuale
via Timavo) e l’altura di quota 21 (Sant’ Antonio, presso le
Terme Romane). La mattina seguente ci furono combattimenti nel
saliente di Boscomalo, ove gli austriaci seguitavano ad opporre un
ostinata resistenza; la destra italiana del fronte nel frattempo
passando attraverso il Flondar, ed attraversando la linea nemica il
25 maggio, si spinse fino alle pendici dell’Ermada, portando alcuni
suoi elementi fino a San Giovanni e Medeazza, catturando oltre 2000
prigionieri.
Nel medesimo giorno il saliente di Boscomalo venne
anch’esso espugnato dagli italiani, che poterono ottenere qualche
vantaggio nel centro del fronte nei pressi di Castagnevizza, che
venne raggiunta e poi oltrepassata dalla 4a Divisione il 26 maggio,
ma subito persa grazie a una potente controffensiva austriaca di
artiglieria. Nella zona tra Castagnevizza e Iamiàno, tra il 26 e il
27 maggio, sanguinosi attacchi e contrattacchi si chiudevano con
qualche vantaggio di terreno per le fanterie del XIII Corpo; il VII
italiano avanzò sulle alture a ovest di Medeazza e raggiunse
lentamente le foci del Timavo. Il 28 maggio, la Brigata Toscana
espugnò la quota 28 (Bràtina) a sud del Timavo, tenendola però per
poco tempo. Il 29 maggio seguirono piccole azioni di rettifica della
linea del fronte. Il primi di giugno gli austriaci risposero con un
potente contrattacco sull’altopiano carsico; grazie a dei rinforzi
fati pervenire in zona essi già dalla sera del 3 giugno
contrattaccarono sulla linea Fáiti – Castagnevizza; nel settore di
Castagnevizza la 4a Divisione italiana riuscì a contenere l’attacco,
ma nel settore del Fáiti l’attacco austriaco andò a buon fine ma
poi le posizioni vennero riprese dalle Brigate Tevere e Massa
Carrara. All’alba del 4 giugno gli austriaci intensificarono il
loro sforzi sul resto del fronte fino al mare; se nella parte
centrale del fronte il XIII Corpo italiano, dopo aver sostituito il 2
giugno il XIII Corpo e la 61a Divisione, riuscì a mantenere le
posizioni di Versici (Vršič) e Iamiàno, nella parte destra del
fronte gli austriaci sommersero le linee della 20a Divisione italiana
raggiunsero a sorpresa i due tunnels (tra il Dosso Giulio e San
Giovanni) della ferrovia Trieste – Monfalcone, impadronendosene e
catturando numerosi reparti italiani ivi ricoverati, causando così
il ripiegamento italiano sulle posizioni di partenza; fu così che
rimasero saldamente nelle mani austriache Castagnevizza, l’Ermada e
Duino. Fu così che i progressi italiani compiuti con sanguinose
giornate di battaglia ed ingenti perdite vennero in poche ore
annullati. L’unico vantaggio rimasto agli italiani fu il
mantenimento del costone Cucco di Plava – Vòdice, dominante sia
sull’Isonzo sia sull’altopiano della Bainsizza, ma in parte
vanificato dalla mancata conquista del Monte Santo che avrebbe reso
loro più sicura l’occupazione di Gorizia.
Università
degli studi Cà Foscari di Venezia – Facoltà di Storia – La
Grande Guerra Italiana le battaglie – docente prof. Coglitore Mario
– partecipante come uditore -
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