L'Italia a Trento

Nei tre giorni che separarono la fine della Battaglia Finale e la firma dell'armistizio l'esercito italiano riuscì ad avanzare in gran parte del Veneto e del Trentino. Dal Passo dello Stelvio alla linea del Livenza le varie armate, complice la quasi totale assenza di resistenza, raggiunsero le città più importanti ad esclusione di Monfalcone. Il 2 novembre i soldati entrarono a Rovereto attraverso la Vallagarina. La Quarta Armata risalì la Valsugana e l'Ottava la conca di Agordo.
Quel giorno entrò in azione anche la Settima Armata che dal settore più occidentale del fronte attaccò il Passo dello Stelvio, quello del Tonalee lo sbarramento della Valle del Chiese. In questo modo il giorno seguente (il 3) una colonna scese in Val Venesta e bloccò il passaggio delle truppe austro-ungariche verso Passo Resia. 
Quello stesso giorno venne liberata Levico, Pergine e, soprattutto,Trento. Alle 15.15 del 3 novembre uno squadrone di Cavalleggeri entrò in una delle due città simbolo della Grande Guerra: accolti dall'entusiasmo popolare degli abitanti, si aggiunsero presto anche gli Arditi di reparti d'assalto, di Alpini e di artiglieri di montagna. Alle 22 arrivò anche la Quarta Armata che aveva terminato le sue operazioni in Valsugana. Sul Castello del Buon Consiglio, il luogo dove vennero giustiziati gli irredentisti Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa, venne issata la bandiera italiana con lo stemma dei Savoia. 
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