Lettera al fratello minore Riccardo, 10 ottobre 1915.

Vuoi che ti parli di guerra? Sai cos’è la guerra? Credi che sia un incrocio di schioppettate e baionettate? Quello che voi dite guerra è l’atto meno penoso, più poetico, più soddisfacente della guerra: è la Battaglia, la corona, desiderata come il pane (…) Guerra sono i disagi che preparano la battaglia; le notti insonni, le veglie su massi ghiacciati e duri; le piogge che bagnano le ossa senza che ci si possa cambiare; il vento pieno di ghiaccioli che taglia la faccia (…) Le lunghe e pazienti attese sotto le buche improvvisate, goccianti acqua e umidità (spesso, sui fronti di 
montagna, le trincee furono sostituite da buche, scavate nella neve dai singoli soldati); i piedi ghiacciati che gelano;  i viveri che non arrivano, guerra è subire il fuoco, la pioggia nemica di granate e non potersi difendere e dover star fermi a mordersi di rabbia per non poter arrivare al fianco di chi ci è nemico e che non conosciamo.
Giovanni Braschi (1891-1959), romagnolo, fu sottotenente dell’81° reggimento di fanteria (brigata “Torino)

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