La trasformazione del karma intervento di Riccardo Pacci e Tamiko Kaneda

Nello studio è fondamentale avere un atteggiamento "dinamico", essere cioè disponibili ad assorbire e fare propri nuovi punti di vista che non necessariamente cambiano i cardini dei princìpi buddisti, ma li arricchiscono di nuovi spunti di riflessione e approfondimento. Ripartire da zero porta inevitabilmente a una nuova comprensione di se stessi e della realtà circostante, e quando ci riusciamo è un po' come venire investiti da una nuova ventata di colori che ci porta a vedere la vita sotto una nuova luce. Ma è una nostra ricerca, una nostra scelta, come lo è mettersi in discussione. L'idea che abbiamo del karma è viziata dalla nostra cultura; spesso e volentieri lo consideriamo solo una zavorra che ci appesantisce la vita e ci fermiamo a questo concetto, trascurando l'aspetto più importante, quello della sua trasformazione. Ogni istante in real­tà può rappresentare il momento in cui si decide di cambiare la nostra vita. Trasformare il karma vuol dire cambiare sguardo e scoprire che dietro a una difficoltà c'è un cambiamento che aspetta di prendere forma nella nostra vita, generalmente per migliorarla. Anche se molte volte non riusciamo a credere di essere Budda, il Gohonzon è l'attestato che Nichiren Daishonin ci ha lasciato per ricordarcelo, come altresì per ogni situazione che ci crea sofferenza o disagio esiste una soluzione. Questa nuova prospettiva cambia il significato della sofferenza: invece di aspettare l'evolversi degli eventi e subirne le conseguenze, possiamo darci noi un senso aprendo la porta alla nostra Buddità. A volte non ce la facciamo a pensare di essere Budda, è una nostra resistenza, che è umano avere: trasformare il karma vuol dire anche riorientare la nostra disposizione interiore di fondo, quel qualcosa di invisibile ma potente che coinvolge la nostra vita e la dirige in una direzione ben precisa. Riccardo Pacci ha ricordato che Nichiren non ha mai detto ai suoi discepoli: «Ora sono a Sado, ho un momentaccio, quando starò meglio mi farò vivo». Non aspettava quindi di avere un periodo tranquillo per incoraggiare i suoi discepoli, anzi, proprio nei momenti cruciali li aiutava ad andare avanti con un cuore coraggioso, anche perché sapeva di essere in pericolo di vita e proprio per questo cercava di fare il massimo finché era vivo. A volte quando si legge il Gosho non prestiamo attenzione agli innumerevoli esempi che vengono riportati, come quello di forgiare la propria fede come si fa con una spada incandescente. Tamiko Kaneda ha raccontato che durante un viaggio in Giappone ha assistito a come uno dei pochi artigiani rimasti temprava una grossa spada. È una procedura che richiede una forza immane, ci vuole un'energia fisica pazzesca per ogni colpo di martello e questo fa sì che si sprigionino scintille ovunque. Questa è la raffigurazione della nostra rivoluzione umana: la mettiamo in atto tutti i giorni con quello che possediamo da sempre, la Buddità. Partendo da Gongyo che inizia con una parola: niji. Niji significa: "a quel tempo", è il momento in cui Shakyamuni ha conseguito la Buddità ma più profondamente è l'istante in cui decidiamo di diventare Budda. È ora, è nel momento presente.
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