La scatoletta di alici
Il
fronte distava più di dieci chilometri, ma Giuliana era determinata
nella sua follia. Una volta arrivata, vide le trincee davanti a lei,
corpi senza vita lasciati distesi riposavano davanti sia alle linee
italiane che a quelle austriache, non era una vista piacevole ma lei
non ne fu scoraggiata. Strisciò sul fango per quella che le sembrò
un’eternità. Un soldato austriaco era appostato dietro una
mitragliatrice, addormentato in un sonno profondo, o almeno così
pensava Giuliana. Carla si svegliò con un sonoro e acuto sbadiglio,
il soldato si svegliò di soprassalto. La luce della sua lanterna gli
illuminava gli occhi, non c’era un’ombra di sonno in essi. La
mitragliatrice era già puntata su Giuliana, erano entrambi immobili,
lei come un cumulo di terra stesa nel fango e lui come un gufo con
uno sguardo deciso e la curiosità negli occhi. La voce di un altro
soldato austriaco le sussurrò sottovoce qualcosa: -Schnel, schnel!
Lei non sapeva che volesse dire ma lo intuì, si alzò e si mosse
piano verso la trincea italiana davanti a lei. Non sapeva se Renato
si trovasse lì o no, ma la speranza le bastava. Anche i soldati
italiani le puntarono il fucile addosso, lei alzò le mani ma,
vedendo la piccola Carla, i soldati capirono subito cosa stesse
succedendo e si limitarono a chiedere: -Chi stai cercando? -Renato.
La portarono in una baracca dove c’era un uomo ferito che si
svegliò di scatto e rimase senza parole. Era evidente che volesse
dire qualcosa, la sua bocca era spalancata ma non un sussurro ne
uscì. Giuliana iniziò: -Lei è Carla. La adagiò nelle sue braccia.
-E questo è qualcosa che ho portato per te! Prese le scatolette di
alici per condividerle con lui. Renato finalmente parlò con un
sussurro: -Sto sognando! Giuliana aprì la scatoletta di alici con un
coltello, esattamente come Armando aveva provato a fare prima, ma,
stavolta, riuscendoci senza problemi. In quello stesso luogo preciso,
novantatré anni dopo, un bambino e sua nonna camminavano in mezzo a
un sentiero, in un parco della
memoria. Il bambino raccoglieva ogni sasso che riteneva interessante
e lo metteva nelle tasche della nonna che insisteva: -Basta! Se poi
ci fermano i carabinieri cosa diciamo se chiedono perché abbiamo le
tasche piene di sassi? Il bambino era piccolo, aveva poco meno di tre
anni, ma le rispose, seccato: -Ma i sassi sono interessanti! Era una
battaglia persa cercare di fargli capire che non è opportuno
raccogliere così tanti sassi vicino ai monumenti di guerra. Il
bambino si mosse veloce verso ciò che restava delle trincee: aveva
visto qualcosa di veramente interessante, un pezzo di metallo che
sporgeva dalla terra, ma la nonna lo prese per il braccio e gli
disse: -È pericoloso! Forse ci sono bombe e poi dobbiamo andare! Il
bambino si arrese e andò via con la nonna mentre quella scatoletta
sepolta nella terra rimaneva lì, testimone di molta sofferenza ma
anche tanta felicità: piccoli momenti, famiglie che si riuniscono,
compagni che si salutano e bambini che giocano sotto il sole.

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