Il Piave, nascita di una "leggenda"
Il
29 agosto La leggenda del Piave debutta ufficialmente al teatro
Rossini di Napoli. Il successo è strepitoso e sarà replicato in
numerosi spettacoli nelle retrovie accrescendone la sua diffusione. I
temi delle strofe come l’azione e la difesa della patria si
trasformano in propaganda patriottica. La canzone ha un effetto
talmente dirompente sui soldati al fronte che il generale Armando
Diaz telegrafa a E.A. Mario un elogio: «Mario, la vostra Leggenda
del Piave al fronte è più d’un generale!». Ma Gaeta e la musica
fanno presa anche fra i semplici combattenti: «Caro Mario – gli
scrive un sergente di Napoli – ieri ho raccolto un artigliere
caduto presso il suo pezzo e rimasto cieco. Dopo una notte d’angoscia
s’è addormentato stamattina. Ho profittato per ritentare qualche
canzone sul mandolino: suonavo leggermente, per non disturbarlo. E,
poiché un bel sole ci ha onorato d’una sua visita improvvisa, mi
son venute spontanee le note di O sole mio. A un certo punto quel
povero cieco si è messo anche lui a cantare – ‘O Sole! O sole
mio! Ti prego, suona più forte’ – m’ha detto – Così, solo
così, posso vedere ancora Napoli!».
Nel
comporre La leggenda del Piave Gaeta ripercorre le vicende della
guerra dividendo la canzone in quattro strofe che terminano tutte con
la parola "straniero". Comincia da quel 24 maggio 1915 che
ha segnato l’ingresso dell’Italia nel conflitto con l’esercito
in marcia verso la frontiera. Nella successiva strofa descrive il
dramma della rotta di Caporetto. Qui E.A. Mario la scrive secondo le
tesi di allora che attribuiscono la sconfitta al tradimento di alcuni
reparti dell’esercito, che avrebbe causato lo sfondamento delle
linee italiane e il conseguente dilagare del nemico (lo "straniero")
nel territorio della patria. L’apposita commissione d’inchiesta
rivelerà invece che la rotta fu dovuta ad errori strategici degli
alti comandi. Così, per ripristinare una verità storica, nel 1929
il ministro della pubblica istruzione Pietro Fedele chiederà a Gaeta
di modificare la strofa e il "tradimento" diventerà "fosco
evento".
La
terza strofa canta l’estrema difesa degli italiani sul Piave nella
battaglia del Solstizio quando «ritornò il nemico». Ed è da qui
che parte la riscossa che condurrà poi alla vittoria finale. Infatti
il fiume «rigonfiò le sponde» per combattere accanto ai fanti e
opporre una ferma resistenza. «No! Disse il Piave. No! Dissero i
fanti – scrive Gaeta – mai più il nemico faccia un passo
avanti». Infine, l’ultima strofa è dedicata alla vittoria, che
Gaeta aggiungerà qualche tempo dopo l’armistizio del 4 novembre
1918. Allorché «Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a
Trento e la vittoria sciolse le ali al vento».
Finita
la guerra e placatesi le onde del Piave, la canzone riaffiorerà
energicamente nel 1921. L’occasione è la partenza da Aquileia del
treno che trasporta la salma del Milite Ignoto a Roma per essere
traslata all’Altare della Patria. Alle ore 8.00 del 29 ottobre le
note di La leggenda del Piave risuonano nell’aria. Le intona la
banda della Brigata Sassari. In quei giorni di lutto collettivo la
melodia composta da E.A. Mario sarà l’unica autorizzata ad essere
eseguita per accompagnare il tragitto del treno sino a Roma. E là,
quel 4 novembre nella capitale, in disparte dalla folla su una via
laterale a piazza Venezia, ci sarà anche E.A. Mario ad assistere al
passaggio del feretro del Milite Ignoto. Il re Vittorio Emanuele III
rimarrà molto colpito da quella melodia e chiederà di conoscere
l’autore che nominerà poi commendatore. La leggenda del Piave
risuonerà anche ai funerali (nel 1928) dei generali Diaz e Cadorna,
i cui destini il Piave aveva nettamente distinto. Le strofe di E.A.
Mario saranno anche incise su pietra, come sui quattro lati del ponte
della Vittoria di Belluno, città che nel 1954 gli conferirà poi la
cittadinanza onoraria.
La
canzone continuerà ad avere un forte impatto emotivo nel tempo, a
tal punto da essere scelta come inno d’Italia dal 1943 al 1944 e
oggi la si suona in occasione delle cerimonie nazionali come il 4
novembre, 25 aprile e 2 giugno. Per un incredibile appuntamento col
destino, Giovanni Gaeta morirà ol 24 giugno del 1961. Quarantatré
anni prima, in quella stessa data aveva trasformato il Piave in
"leggenda". Il ricordo di quei giorni del solstizio, che
cambiarono la storia d’Italia con un altissimo tributo di sangue, e
di quella Leggenda che ne scaturì, rimangono incisi a caratteri
cubitali sul marmo chiaro dell’imponente colonnato del sacrario
militare di Fagarè della Battaglia: «Il Piave mormorò non passa lo
straniero».

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