Conversazione fra un santo e un uomo non illuminato (RSND, 1, 92)
«Si
dice che nascere nel mondo degli esseri umani sia difficile come
calare un filo dal cielo [e infilarlo nella cruna di un ago], e che
poter vedere il Budda e ascoltarne gli insegnamenti sia raro come per
una tartaruga con un solo occhio trovare un ceppo galleggiante con
una cavità della propria misura. Credendo che il corpo fosse
insignificante e la Legge suprema, l'uomo [non illuminato] scalò le
montagne e, spinto dalla sua ansia, andò da un tempio all'altro,
dove le gambe lo portavano, finché arrivò a una caverna tra le
rocce: sullo sfondo c'erano verdi montagne scoscese, il vento tra i
pini suonava la melodia di eternità, felicità, vero io e purezza e,
davanti, le onde di un torrente di smeraldo si frangevano sulla riva
echeggiando la perfezione di queste quattro virtù. I fiori che
ricoprivano la profonda valle mostravano i colori del vero aspetto
della Via di mezzo, e i boccioli dei susini che iniziavano a
schiudersi nel vasto prato spandevano la fragranza dei tremila regni.
Era uno spettacolo indescrivibile a parole, al di là del potere
d'immaginazione della mente. [...] Ah, la mente non può afferrare
ciò, e nemmeno le parole possono esprimerlo! L'uomo si aggirò
avanti e indietro, domandandosi che cosa aveva davanti, ora
fermandosi a pensare, ora riprendendo i suoi passi. Improvvisamente
s'imbattè in un santo. Osservando cosa stesse facendo, la sua voce
che recitava il Sutra del Loto lo toccò nel profondo».
NR
428

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