Vincere è mettersi in gioco
Vincere,
in sostanza, è decidere di mettersi in gioco, rischiare e far tacere
quella voce interna che di fronte a una difficoltà ci consiglia di
metterci da parte e rinunciare. Arrendersi è perdere l'occasione. Il
demone del sesto cielo, quello che non fa altro che rinforzare la
nostra ignoranza e impedirci di manifestare l'innata natura di Budda,
è sempre lì in agguato. Scacciarlo non è però così difficile né
impossibile. Basta riconoscerlo ogni volta che diventiamo apatici,
ogni volta che ci accontentiamo, ogni volta che i nostri obiettivi
ristagnano. «Solo vincendo sulla nostra oscurità e negatività
interna possiamo essere vincitori nella vita e rivelare pienamente il
nostro potenziale» (D. Ikeda, Il raggiungimento della Buddità in
questa esistenza - Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin,
esperia, pag. 14). Non si tratta di cambiare, essere diversi da
quello che si è. Si tratta di permettere alla propria vita di
esprimersi appieno pa
rtendo proprio da quello che sembrerebbe ostacolarci, dai nostri difetti, dalle nostre debolezze. Perché, «chi cade al suolo si rialza appoggiandosi a esso» (La conferma del Sutra del Loto, RSND, 1, 983). E nel farlo decidere di portare alla luce la propria missione. Perché ognuno ha certamente qualcosa da esprimere. In modo originale, autonomo, profondo, senza l'ansia di essere qualcun altro e, soprattutto, senza l'ansia di dover apparire diverso, migliore. Nichiren non ha mai avuto remore a parlare ai suoi discepoli delle difficoltà in cui si trovava, del freddo che sentiva (D. Ikeda, Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, esperia, pag 10), della nostalgia dell'essere lontano da casa (Lettera a Konichi-bo, RSND, 1, 590). Ma queste condizioni non lo hanno distolto dall'impegno di diffondere la Legge mistica.
rtendo proprio da quello che sembrerebbe ostacolarci, dai nostri difetti, dalle nostre debolezze. Perché, «chi cade al suolo si rialza appoggiandosi a esso» (La conferma del Sutra del Loto, RSND, 1, 983). E nel farlo decidere di portare alla luce la propria missione. Perché ognuno ha certamente qualcosa da esprimere. In modo originale, autonomo, profondo, senza l'ansia di essere qualcun altro e, soprattutto, senza l'ansia di dover apparire diverso, migliore. Nichiren non ha mai avuto remore a parlare ai suoi discepoli delle difficoltà in cui si trovava, del freddo che sentiva (D. Ikeda, Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, esperia, pag 10), della nostalgia dell'essere lontano da casa (Lettera a Konichi-bo, RSND, 1, 590). Ma queste condizioni non lo hanno distolto dall'impegno di diffondere la Legge mistica.
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