L’ultima goccia
Stringo
la mia borraccia tra le mani gelate. È sporca di fango, ammaccata da
giorni di guerra, ma dentro c’è ancora un po’ d’acqua. L’unica
cosa che mi importa davvero. Il lieve movimento del liquido
all'interno è l'unico suono che accompagna la mia solitudine, mentre
il rumore sordo delle esplosioni in lontananza segna il passare del
tempo. Sono settimane che siamo qui, rintanati in questa trincea che
puzza di sudore, sangue e terra. Ogni volta che provo a sollevare
appena la testa, il sibilo di un proiettile mi ricorda che il nemico
è lì, appena oltre il filo spinato, in una trincea identica alla
mia. Forse anche lui ha una borraccia come la mia. Forse anche lui
sta lottando per far durare ogni sorso. La gola mi brucia. So che
dovrei risparmiare, ma non resisto. Svito il tappo con mani tremanti
e porto la borraccia alle labbra. Il metallo è freddo, più freddo
della notte, più freddo di questa guerra senza fine. Inclino il
contenitore, aspettando quella piccola benedizione liquida. Una
goccia, due. Niente più. Vuota. Il cuore mi si stringe. La borraccia
è la mia compagna di viaggio, la mia salvezza, ora è solo un guscio
vuoto. La stringo ancora, quasi sperando che un miracolo la riempia
di nuovo. Ma la guerra non fa miracoli. La borraccia mi scivola dalle
dita e cade nel fango con un tonfo sordo. La guardo per un attimo. Un
tempo conteneva la mia sopravvivenza. Ora non è altro che un pezzo
di metallo vuoto, come me.
Soldato
ignoto

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