Dalla memoria personale alla memoria sociale
La
vastità della morte causata dalla guerra non poteva non avere delle
conseguenze sulla società che si formò alla sua fine. La morte non
era più un’esperienza singola e personale, ma anzi riguardava la
società nella sua interezza, ogni uomo era stato toccato
direttamente dal lutto e se ciò non era accaduto il mutamento dei
rapporti nel mondo in cui viveva gli era ugualmente comune.
La
massificazione della morte causò una rivoluzione in una società che
si era formata sostanzialmente in periodi di pace e nel tentativo di
“eliminarla dalla vita”. La massima espressa da Freud nelle sue
Considerazioni attuali sulla guerra e la morte del 1915 non poteva
far altro che evidenziare il capovolgimento di mentalità causato
dalla guerra:
“Sopportare
la vita : questo è pur sempre il primo dovere di ogni vivente …
Ricordiamo il vecchio adagio: Si vis pacem, para bellum. Se vuoi
conservare la pace, preparati alla guerra. Sarebbe tempo di
modificarlo così: Si vis vitam, para mortem. Se vuoi poter
sopportare la vita, disponiti ad accettare la morte.”
Alla
fine della guerra queste intuizioni potevano essere parafrasate
semplicemente con: “se vuoi la vita, commemora i morti”. La
necessità di ricordare chi non era sopravvissuto alla guerra
diventava quindi un esigenza basilare, e si poneva su una duplice
linea, sul ricordo individuale e sul ricordo esterno. Il sociologo
Maurice Halbwachs individua infatti due tipi di memoria, quella
interna e personale e quella esterna o sociale: la prima mantiene le
sue caratteristiche uniche e si rappresenta in diverse forme per ogni
persona, spesso mischiandosi con ricordi comuni, ma
contemporaneamente si cristallizza in una memoria collettiva e può
essere condivisa con altri soggetti. Il ricordo individuale quindi
si confonde con quello collettivo e viceversa.
Questo
dualismo è ben riscontrabile nei metodi di commemorazione dei
caduti, da un parte questi vengono ricordati nella propria famiglia,
nel villaggio nativo, nel proprio posto di lavoro, dall’altra
vengono ricordati in grandi manifestazioni nazionali. Anche
l’utilizzo di argomentazioni patriottiche e religiose non fa che
confermare questo binomio infatti “i soldati della Grande Guerra
diventano dunque, in certo modo, i nuovi “santi”, evocati in
maniera più discreta dei santi ufficiali del calendario liturgico”.
L’elemento
religioso è particolarmente importante, in quanto conferma
quell’alone di sacralità e di martirio dei soldati, ma allo stesso
tempo conferma il valore della guerra intesa come crociata. Anche in
paesi, come la Francia, dove religione e stato sono nettamente
distinti e indipendenti, la presenza di forme di commemorazione
religiosa divennero naturali e consuete.
La
necessità individuale di ricordare i caduti si confonde inoltre con
il bisogno degli stati di riacquistare il consenso dei propri
cittadini. L’inizio della guerra aveva compattato tutti i fronti
politici e sociali verso un unione sacra, che però nel 1917 aveva
subito una forte discesa di consenso, che venne riacquistato, e
unicamente dagli stati vincitori, solo nel 1918.
La
fine della guerra però aveva reso lampante a tutti la tragedia della
guerra e aveva posto i sopravissuti a fare una resa dei conti sul
significato di anni di sofferenza e morte.
L’edificazione
di monumenti di memoria avviene quindi parallelamente ad un calo di
credibilità politica.
La
commemorazione nazionale diviene un nuovo modo per riunire il paese
intorno a un comune argomento e quindi ricomporre le fratture e le
difficoltà.
Attività
didattica “La Guerra addosso. Conseguenze della Prima Guerra
Mondiale, didattica della storia Università popolare di Mestre (VE)

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