Le trincee nei diari IV
Ora,
la luce dell'alba si era fatta più viva e noi potevamo distinguere
tutto l'andamento delle trincee nemiche.
Non
ci voleva molto per capire che si mandava Santini a morire
inutilmente.
Io azzardai ancora un'obbiezione: Ora c'è molta
più luce, dissi. Inoltre, Santini è uscito, anche stanotte, con i
tubi.
Non
si potrebbe rinviare all'alba di domani? Il mio capitano non osò
dire una parola.
Il
tenente colonnello mi rivolse uno sguardo ostile e mi disse: Si metta
sull'attenti e faccia silenzio!
Il
tenente Santini arrivò seguito dal suo portaordini. [...]
Il
tenente colonnello guardò Santini: Lei non si offre
volontario?
Signor no.
Ebbene,
io le ordino, dico le ordino, di uscire egualmente, e subito.
Il
tenente colonnello parlava calmo, la sua voce aveva l'espressione
d'una preghiera gentile, quasi supplichevole. Ma il suo sguardo era
duro.
Signor sì, rispose Santini.Se lei mi dà un ordine, io
non posso che eseguirlo.
Ma un ordine simile non si può
eseguire, dissi io al capitano, con la speranza che intervenisse.
Ma
egli rimase muto.
Prenda
le pinze, ordinò il tenente colonnello, con la voce dolce e gli
occhi freddi.
Il tenente aiutante maggiore s'avvicinò con le
pinze.
Mi
passò vicino.
Io
non potei frenarmi e gli gridai: Potresti uscire tu, con coteste tue
pinze della malora.
Il
tenente colonnello mi sentì, ma rispose a Santini: Esca dunque,
tenente ordinò.
Signor sì, disse Santini.
Santini
prese le pinze.
Si
slacciò dal cinturone un pugnale viennese dal corno di cervo, trofeo
di guerra, e me l'offerse.
Tienilo
per mio ricordo, mi disse.
Era
pallido
Da Un
anno sull’altipiano di
Emilio Lussu.
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