Ecco come Roma cancello' una superpotenza per sempre

Quando Cartagine, una potente città affacciata sul Mediterraneo e un tempo fiorente potenza commerciale e militare, fu travolta dalla tempesta della terza guerra punica, il suo destino cambiò radicalmente per sempre. Nel 149 a.C. il Senato romano le dichiarò guerra, inviando un esercito guidato da Manio Manilio Nepote e Lucio Marcio Censorino. La città punica, ricca di storia, arte e commerci, tentò invano di scongiurare la catastrofe, consegnando agli invasori ostaggi, armi e materiale bellico. Il comando romano però chiese l’impossibile: che tutti gli abitanti abbandonassero la città, stabilendosi nell’entroterra, lontani dal mare. Di fronte a questa richiesta, i cartaginesi preferirono la resistenza estrema.
Il conflitto, segnato da episodi di violenza, fame e disperazione, vide il blocco del porto cartaginese da parte delle legioni di Scipione l’Emiliano. I punici, affamati e fiaccati dalla pestilenza, si adattarono, ricostruendo parzialmente la flotta che sorprese i romani, ma la tenacia non bastò. Nelle ultime settimane del 146 a.C., Cartagine fu assalita. Gli uomini di Lelio e Golussa entrarono nel porto militare e nel foro, superando strato dopo strato la difesa cittadina. La città resistette con una ferocia disperata: per quindici giorni, le vie furono teatro di violenti combattimenti casa per casa.
Negli ultimi otto giorni, i superstiti si chiusero nell’acropoli, nel tempio di Eshmun. La fine arrivò come un incendio inarrestabile: la sacra dimora fu data alle fiamme e la città sigillò la sua agonia tra le muraglie bruciate e il sangue degli eroi. Si stima che furono fatti cinquantamila prigionieri, venduti come schiavi, mentre il resto della popolazione venne sterminato. Cartagine stessa fu rasa al suolo, il suo porto distrutto. Nel racconto dello storico Polibio, Scipione, ammirando le rovine, pianse di fronte allo spettacolo della fine di quella che era stata la regina del Mediterraneo
Sulle rovine di Cartagine sorse la provincia romana d’Africa, con capitale Utica. Le leggende postume accreditano agli antichi romani l’uso dell’aratro sulle macerie, cospargendo di sale la terra per impedirne la rinascita, ma nessuna fonte antica conferma questo rito, emerso solo nei secoli recenti. Quello che è certo, invece, è che Roma giurò che Cartagine non sarebbe mai stata ricostruita. Solo un secolo dopo, l’imperatore Augusto ne ordinò la rifondazione, rendendola una città romana e spegnendo definitivamente l’ultima scintilla punica.
La presa di Cartagine fu più di una conquista militare: segnò la fine di una civiltà millenaria, la vittoria di una nuova egemonia e la latinizzazione degli spazi occidentali. Era il tramonto di una potenza che aveva fatto tremare Roma e ora svaniva, inghiottita nella memoria delle pietre abbrustolite dal sole africano. I commerci, le tradizioni, l’autonomia che avevano reso unica Cartagine sparirono nell’oblio voluto dai vincitori.
Oggi restano solo le vestigia e i silenzi che il vento sparge sui resti dell’antica città. La sorte di Cartagine, cancellata nel sangue e nel fuoco, racconta la radicalità della volontà di Roma di ridisegnare la storia, eliminando la più temibile tra le sue rivali e offrendo all’Occidente un lascito inestimabile, ma pagato con la polvere di una civiltà scomparsa.

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