Nessuno è impotente
È
sempre Ikeda a definire precisamente l'oscurità che avvolge la vita
delle persone: «L'illusione fondamentale e l'offesa alla Legge
consistono nel dubitare che tutte le persone posseggano la natura di
Budda; rappresentano la pulsione a negare la dignità intrinseca
della propria vita e di quella degli altri. Quando le persone sono
incapaci di credere nella propria natura di Budda e nella propria
dignità innata perdono la fiducia fondamentale in se stesse; sono
preda di un'ansietà senza fine, dominate dalla paura e dalla viltà
e quando si sentono minacciate reagiscono scalciando alla cieca come
animali presi in trappola. Inoltre, tormentate da un senso di
sfiducia, diventano invidiose e gelose degli altri» (MDG, II,
187-188). È un'analisi in cui Ikeda mette in evidenza la relazione
fra una serie di comportamenti umani e la loro causa, cioè la
negazione della dignità della vita. Per questo è necessario,
affrontando le difficoltà, combattere attraverso la recitazione di
Nam-myoho-renge-kyo i sentimenti di impotenza, inutilità,
inadeguatezza e il timore di essere sconfitti. I problemi e le
difficoltà fanno emergere immediatamente tutta la sfiducia nel
potere della vita, e la vera difficoltà sta allora nella lotta per
contrastare e trasformare la negazione in fiducia. Così "mantenere
la fede" è il processo di incessante trasformazione
dell'illusione fondamentale di cui parla Ikeda, che si rigenera
costantemente e quindi va affrontata ogni volta che si manifesta.
Inoltre, anche nella sua ultima Proposta di pace inviata all'ONU,
Ikeda sottolinea il fatto che la pace può essere realizzata
esclusivamente attraverso l'impegno di ogni persona nel costruire una
personalità così salda da farsi carico dell'era della
globalizzazione e «l'importanza di affrontare la situazione generale
attraverso la quotidianità» (BS, 115, 13). L'oscurità che avvolge
la vita umana può essere dissipata, in sostanza, da ognuno di noi
attraverso la continua sperimentazione del potere di Myoho-renge-kyo
nella realtà di ogni giorno. Ikeda evidenzia, ancora una volta, il
legame profondo che unisce ogni vittoria contro la sfiducia nella
vita, e ci rende protagonisti di kosen-rufu. Per questo scrive:
«Nella vita non c'è un ordine gerarchico. Tutta la vita ha un
valore inestimabile. Dobbiamo educare i bambini e gli adulti in modo
che nessuno si senta impotente» (Saggezza, 2, 147). In questa
prospettiva l'aspettativa o la pretesa di non incontrare problemi e
sofferenze appare del tutto infondata, mentre è cruciale avere cura
delle risorse necessarie per affrontare questi inevitabili aspetti
della vita. È sempre Ikeda che dice: «Il Sutra del Loto afferma che
il Budda ha "poche malattie e poche preoccupazioni", dunque
anche chi diventa Budda continua ad avere preoccupazioni e sofferenze
e naturalmente va soggetto a malattie. Inoltre proprio perché si
dedica alla verità e alla giustizia è destinato a essere assalito
da ogni tipo di ostacolo o demone. L'idea che ottenere
l'Illuminazione significhi vivere per sempre liberi dagli ostacoli e
dalle funzioni negative non fa parte del Buddismo. Piuttosto
l'immensa condizione vitale del Budda dà la forza interiore e il
potere di affrontare senza paura tali dure prove e di trovare in sé
la saggezza e la capacità di agire necessarie per superarle» (MDG,
2, 325). Allora nella promessa di pace e sicurezza in questa vita si
rivela la descrizione della condizione vitale con cui affrontare i
problemi e manifestare grazie a loro lo "splendore" della
Buddità. Dato che incontrare problemi è una certezza, l'unico
elemento variabile è come li si possa affrontare. Attivando la
condizione vitale del Budda si sperimenta la possibilità di non
perdere la speranza, di lottare e soffrire mantenendo integra la
convinzione di avere il potere di superare le avversità presenti.
Vivere in pace e sicurezza significa sviluppare una condizione
interiore di serenità e felicità indipendente dalle circostanze,
una condizione in cui non ci si sente impotenti o sconfitti anche
durante i momenti più dolorosi. La spiegazione di Ikeda, affermando
che non esiste una fase in cui i problemi e le preoccupazioni
scompaiono, sgombra il campo dal tipico dubbio: «Ancora un problema,
ma dove sto sbagliando?». Il Buddismo mette in chiaro che vivere
significa incontrare problemi, quindi dovremmo preoccuparci di
potenziare le risorse per affrontarli serenamente, invece che
rifiutare di accettare questa condizione della vita. Anche in questo
caso la chiave per vivere in pace e sicurezza è da ricercarsi dentro
di sé, e non nelle circostanze esterne.
NR 351 (terza parte di
quattro)
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