Lo stato vitale della buddità esiste dentro la nostra vita
Un
seme di loto può rimanere sepolto nel fango per migliaia di anni
eppure, posto nelle giuste condizioni, germoglia, cresce e produce
fiori. Gli alberi di ciliegio sopportano i rigori invernali e in
primavera esibiscono una meravigliosa fioritura. Il Daishonin sta
dicendo che, per quanto dure siano le nostre circostanze, i fiori
della felicità emergeranno dalla nostra vita e la adorneranno.
Queste spiegazioni devono aver incoraggiato immensamente la signora
Omosu, destinataria di questo Gosho, che aveva sperimentato così
tante e dolorose avversità nella vita. Nelle sue analogie del fiore
di loto, del legno di sandalo e dei boccioli di ciliegio, il
Daishonin usa verbi che esprimono dinamismo, come “sbocciare”,
“crescere” e “spuntare”. Anche la sua descrizione della luna
che “si alza” e “rischiara” è piena di azione. Il potenziale
dormiente emerge, sboccia e inizia a funzionare dinamicamente. Nella
Raccolta degli insegnamenti orali il Daishonin spiega l’espressione
“conseguire la Buddità” dicendo: «”Conseguire” significa
aprire o rivelare» (BS, 117, 44). Senza dubbio leggendo questa parte
della lettera la signora Omosu si sarà sentita emozionata e contenta
di apprendere che lo stato di Buddità, infinitamente puro e nobile,
esisteva dentro la sua vita. Le cause fondamentali delle emozioni,
della felicità e della sofferenza che proviamo non sono fuori di
noi, ma esistono nei nostri cuori. Il dolore dell’Inferno e la
gioia sconfinata della Buddità non si trovano da nessun’altra
parte se non nelle profondità della nostra vita.
Dalla lezione di Daisaku Ikeda sul Gosho di Capodanno (BS, 168, 49)
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