La Propaganda elettorale nell'antica Roma
Esattamente
come avviene ancora oggi, prima di ogni turno di elezioni, la
propaganda elettorale nella Roma di duemila anni fa, entrava nel
vivo. Prima che questa prendesse il via, era però necesario che i
candidati al consolato, o a qualsiasi altro incarico, si
presentassero dal magistrato addetto allo scrutinio, ed attendere che
quest’ultimo ne pubblicasse ufficialmente i nomi. Era da quel
preciso istante che la propaganda elettorale, o per meglio dire “la
campagna delle raccomandazioni elettorali”, inziava, già perchè a
differenza di oggi, che sono gli stessi candidati che si presentano
al pubblico con i loro discorsi e le loro promesse, ai tempi erano i
suoi sostenitori che per primi si impegnavano a testimoniarne
al popolo, l’assoluta moralità indicandolo come persona più
adatta ad occupare quel ruolo.
Uno
dei luoghi più adatti a spiegare quanto stiamo scrivendo, sono
sicuramente i muri di Pompei, conservati in modo speciale per noi
dalla cenere del Vesuvio, e che ci regalano ancora oggi un perfetto
quadro della vita di quei tempi così lontani. Le scritte sui muri
ancora perfettamente leggibili ci consegnano i contorni di una vita
agiata e di una città con un’attività politica tutt’altro che
trascurabile, basti pensare che ad oggi sono state contate poco meno
di tremila scritte di carattere politico o elettorale, di cui quasi
la metà legate proprio al famigerato anno del 79 d.C., quando il
Vesuvio rase al suolo ogni cosa. In diverse vie della città antica
per esempio si notano chiaramente frasi scritte in rosso e in nero
riguardanti un tale Lucio Munazio, con ben cinque appelli a favore
della sua candidatura.
In
altre zone poi compaiono altre scritte stereotipate e abbreviate del
tipo, “giovane ed onesto”, ” eccellente”, “dei più
riservati” oppure ancora “giovane degno di ogni bene”. Tutte
qualità che tendevano a far bella mostra delle virtù che ogni
candidato avrebbe dovuto avere agli occhi dei suoi cittadini,
fermamente convinti che la prima qualità messa in mostra per
occuparsi degli affari pubblici dovesse essere l’onestà. Venivano
poi evidenziati altri fattori, non è infatti raro incontrare
riferimenti sulle capacità di un candidato, che veniva definito
“utile”, oppure in grado “di cuocere bene il pane”, e di
conseguenza adatto ad attuare una buona politica riguardo quel
particolare ambito. Altri invece vengono definti abili “a mantenere
l’equilibrio finanziario”. Quello che si nota però è la totale
mancanza di diffamazioni o ingiurie, ritenute infatti indesiderabili,
perchè portate da persone poco serie che miravano solo al discredito
altrui. Solo un tale Cerrinio Vatia pare che abbia sucitato lo
spirito di qualche abitante di via degli Augustales, in suo favore
infatti si pronunciarono le improbabili “corporazioni dei
dormiglioni” , “i bevitori dell’ultima ora” e persino quella
degli “schiavi fuggiaschi”.
Durante
la propaganda elettorale, un candidato teneva talmente tanto alla sua
reputazione al punto di trovare compromettenti i favori verso di lui
da persone di bassa estrazione come ad esempio le prostitute. Cuculla
e Zmirina, con una scritta sulla popina (taverna) più vicina avevano
espresso il loro sostegno al candidato Giulio Polibio, il quale
imbarazzato, per tutta risposta ordinò che si passasse uno strato di
calce per cancellare quella scritta. Questo ci fa capire che non vi
erano posti riservati dove poter fare raccomandazioni elettorali,
ciascun sostenitore metteva a disposizione una parte del muro della
sua casa, o del suo negozio e o del proprio magazzino per le
iscrizioni murali, lasciandoci involontariamente un biglietto da
visita sull’identità di quegli antichi proprietari. Le iscrizioni
a cui si fa riferimento, documentano le campagne elettorali
posteriori al terremoto del 62 d.C., ma soprattutto di poco
precedenti al tragico anno del 79 d.C., la maggior parte dei nomi di
candidati ritrovati, risale quindi quasi interamente all’epoca
flavia.
Fatto
sta che una volta redatta l’iscrizione elettorale, bisognava poi
metterla nero su bianco, o per meglio dire, rosso su bianco, visto
che quasi tutte le iscrizioni ritrovate sono di quel colore. Per fare
questo venivano impiegati persone comuni, come un tale di nome
Mustio, che dopo aver passato la giornata ad imbiancare i muri delle
case per lavoro, poi passava alle iscrizioni in rosso, ma
erano attive anche vere e proprie imprese pubblicitarie che mettevano
a disposizione personale specializzato che sapeva scrivere in maniera
corretta, come forse Mustio non era in grado di fare. Non essendoci
nessuna legge che vietasse per così dire l’affissione, ogni parete
era disponibile, così, gli scrittori dell’epoca non facevano altro
che quello che fanno oggi coloro che passano con colla e secchio ed
attaccano i manifesti, ma il lavoro era un po più complesso di
come lo immaginiamo. Una scritta andava per così dire preparata, il
cosiddetto “Dealbator”, per prima cosa cospargeva in
maniera accurata il muro adibito con abbondante calce, che serviva
più che altro per cancellare altre scritte precedenti, dopo di che
la parete veniva lisciata e imbiancata nuovamente affinchè la nuova
iscrizione fosse più chiara e leggibile possibile, il tutto veniva
scrupolosamente eseguito durante le ore notturne con l’aiuto di un
“lanternarius” che reggeva la luce per mezzo di una pertica.
Troviamo così altre scritte del tenore “lanterniere mantieni bene
la scala”, oppure altre piccate per la cancellazione della propria
iscrizione, ” che la malattia se lo porti!” .
Non
era infine raro che diverse categorie o associazioni, legate
all’attività di un particolare candidato, scegliessero di scendere
in campo a fianco del proprio favorito, schierandosi apertamente in
suo favore, il che faceva una grande differenza in termine di voti,
dando modo anche al più umile dei lavoratori di avere
l’opportunità di far valere la sua opinione. In particolare il
mondo del lavoro e dell’artigianato si interessavano ed erano
pienamente coinvolti nelle competizioni elettorali, esattamente
come se ne preoccupavano gli ordini religiosi e culturali, Caio
Cuspio, ad esempio, venne per così dire raccomandato dai “seguaci
di Iside”.
Le
competizioni elettorali coinvolgevano l’intera popolazione, dai
lavoratori più umili alle persone più ricche che possedevano le
case lungo le vie più centrali della città e che spesso si
trovavano a maledire quanti avevano imbrattato le facciate delle loro
sontuose abitazioni, evidentemente come oggi ci si rifaceva un pò al
buon senso delle persone, che anche all’ora non era molto presente.
Tuttavia
i luoghi dove la propaganda elettorale era più attiva, erano
sicuramente i muri delle taverne o le pareti delle abitazioni dei
candidati o delle case vicine ad esse. In quel periodo il Foro
cittadino si riempiva e si animava dopo aver letto le iscrizioni, ci
si scambiavano opinioni su quel candidato, e se fosse veramente la
persona più indicata per quella carica. Una piccola curiosità per
concludere: anche se non avevano diritto di voto ne tanto meno
potevano essere elette, si scopre che anche le donne erano molto
attive in tal senso, in particolare le mogli dei proprietari delle
taverne esprimevano spesso il loro sostegno, anche se va detto che le
iscrizioni ritrovate sono in larghissima maggioranza eseguite da mano
maschile.
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