La Peste Antonina
La
peste antonina colpì duramente l’impero romano a partire dal 166
d.C., dopo che le legioni romane contrassero il morbo durante la
vittoriosa campagna militare contro i Seleucidi, contagiando
inconsapevolmente gran parte della popolazione al loro rientro
in patria.
LA
PESTE ANTONINA, ANTEFATTI E STORIA:
Nei
primi anni del II secolo d.C., l’impero romano raggiunse il punto
di sua massima espansione, sotto la guida di Traiano, ma pochi
decenni dopo, durante il seppur positivo regno dell’imperatore
Marco Aurelio, una tremenda epidemia minò le fondamenta e la
solidità dell’impero. La peste Antonina, chiamata così dal
patronimico della gens imperiale, divampò all’improvviso,
decimando la popolazione e provocando grande penuria di uomini da
utilizzare nel lavoro nei campi e per l’arruolamento nell’esercito.
La peste antonina fu probabilmente l’epidemia peggiore di tutta la
storia antica, arrivando a decimare in alcuni centri, la popolazione
addirittura del 93 %, nella sola città di Roma pare che si
contassero fino a 2.000 decessi giornalieri. La pressochè assenza di
congedi militari ritrovati, legati a quegli anni, e la diminuzione di
circa il 40% delle epigrafi rinvenute, ci testimoniano l’estrema
gravità di quegli anni che andavano fra il 167 e il 180 d.C.. Legate
a questo tragico periodo sono giunte fino a noi solo alcune
testimonianze di alcuni storici, vissuti però in epoca postuma, solo
la Historia Augusta, che ci racconta la biografia degli imperatori
romani a partire da Adriano fino ad arrivare a Numeriano, e le
battaglie nelle quali erano impegnati, ce ne da una testimonianza
diretta.
Della
peste antonina, che molti studiosi pensano trattarsi di vaiolo,
ce ne da una testimonianza diretta ed attendibile anche il
medico imperiale, Galeno di Pergamo, il cui studio è stato da poco
ritrovato al di sotto della basilica di Massenzio, circa tre metri
sotto al livello della via Sacra. Il violentissimo morbo divampò
velocemente in tutti gli angoli dell’impero, colpendo gravemente
anche le legioni dislocate lungo il Danubio, che da tempo cercavano
di tamponare le scorribande lungo i confini imperiali delle tribù
germaniche. A causa dell’insufficenza di uomini che si venne a
creare, l’imperatore Marco Aurelio faticò non poco ad opporre una
valida resistenza contro i barbari, i quali riuscirono a penetrare
fin quasi al cuore dell’impero, prima di essere definitivamente
fermati ad Aquileia. Solo successivamente Marco Aurelio, con un
immane sforzo bellico riuscì a portare la guerra oltre i confini
romani con l’obiettivo di spostarli fino al fiume Elba, al fine di
garantire nuove entrate alle casse dello stato, non che per riuscire
ad arruolare nuovi contingenti per l’esercito duramente provato.
A
PESTE ANTONINA, EPIDEMIOLOGIA:
Nel
166 d.C., il medico Galeno, si recò nei suoi luoghi d’origine in
Asia Minore, prima di fare ritorno a Roma, due anni più tardi,
convocato dai due Augusti in persona. Galeno era presente fra le
truppe stanziate ad Aquileia nell’inverno del 168 d.C., dove
l’epidemia inizialmente si diffuse maggiormente, le sue
indicazioni, riportate all’interno dei suoi voluminosi trattati
“Methodus Medendii”, sono brevi ma ci danno un quadro abbastanza
chiaro della malattia. Il morbo ci viene descritto come “grande”
e “di lunga durata”, citando inoltre episodi di febbre
alta, diarrea e infiammazioni alla faringe, aggiungendo poi che in
molte occasioni si riscontravano eruzioni cutanee che comparivano una
decina di giorni dopo la comparsa dei primi sintomi. Fatto sta che la
peste antonina dopo una prima ondata che sembrò attenuarsi, tornò a
svilupparsi e diffondersi in modo ancor più violento circa nove anni
dopo, protraendosi per circa 30 anni e uccidendo una innumerevole
quantità di persone che oggi è impossibile conteggiare, ma è
possibile stimare in un numero che va dai 5 ai 30 milioni,
potenzialmente circa un terzo dell’intera popolazione dell’impero.
EFFETTI
E CONSEGUENZE:
Sconvolta
da una tale calamità, la popolazione inerme reagì in vario modo, in
moltissimi si affidarono alla magia, riguardo a questo, famosi sono i
racconti dello scrittore greco Luciano di Samosata, che ironizza su
di un mago ciarlatano chiamato Alessandro di Abonutico, e che afferma
che un suo verso “…che aveva spedito a tutte le nazioni durante
la pestilenza…fu visto scritto ovunque sulle porte”, in
particolare di quelle abitazioni rimaste disabitate. Gli effetti
dell’epidemia su tutto il mondo politico e sociale ebbe risvolti a
dir poco drastici e il mondo antico non riuscì più a ritornare ciò
che era in precedenza, tant’è che molti studiosi attribuiscono
proprio a questa epidemia l’inizio del vero declino dell’impero
romano. Alcune conseguenze del largo contagio furono subito evidenti
quando Lucio Vero, co-reggente dell’impero insieme a Marco Aurelio,
e deceduto anch’egli a causa della malattia nel 169 d.C., si
mosse al comando delle truppe dopo che il Re dei Parti,
Vologase IV attaccò l’Armenia. Le difese romane a causa della
diffusione della pandemia si ritrovarono in un numero davvero esiguo.
Lo scrittore iberico del V secolo, Paolo Orosio ci racconta
addirittura che alcuni insediamenti della penisola italica, e altri
sparsi per il resto d’Europa, persero tutti i loro abitanti. Quando
l’epidemia si spostò verso nord, infettò anche le tribù
barbariche che da tempo premevano sui confini, e le legioni stesse,
provocando un pesante indebolimento delle difese romane che furono
così sempre meno in grado di respingere gli invasori.
LA
PESTE ANTONINA FU DAVVERO L’INIZIO DELLA CRISI?:
Probabilmente
sempre a causa di questa epidemia, anche l’imperatore Marco Aurelio
trovò la morte a Vindobona (odierna Vienna), nel 180 d.C., il figlio
Commodo venne subito acclamato imperatore dalle truppe, e sconfisse,
più che altro per meriti dei suoi generali che non suoi,
ripetutamente le tribù germaniche, senza ampliare i confini fino
all’Elba come avrebbe voluto il padre, ma accontentandosi di regni
satelliti e alleati che avrebbero fornito manovalanza e soldati, cosa
di cui vi era estremamente necessità. Anche la classe senatoria fu
pesantemente colpita dalla calamità tant’è che diverse antiche
famiglie che avevano fondato la Res Publica si estinsero, lasciando
dei vuoti nella classe dirigenziale che non vennero mai più
adeguatamente riempiti. Dopo l’assassinio di Commodo nel 192 d.C.,
si riuscì a ritrovare una certa stabilità solo nel 197 d.C., quando
Settimio Severo fondò la sua dinastia che resse le sorti dell’impero
fino al 235 d.C.. La politica dei severi fu proprio mirata a tentare
di limitare gli effetti devastanti che la peste antonina aveva
provocato, ovvero ripotenziare l’esercito, ripopolare le aree
rimaste disabitate e trovare nuovi contribuenti per le malmesse casse
dello stato. Un provvedimento in tal senso fu la “Constitutio
Antoniniana” redatta da Caracalla nel 212 d.C., che assegnava la
cittadinanza romana a chiunque vivesse entro i confini imperiali.
Anche Settimio Severo anni più tardi, inglobò nell’esercito
romano squadroni di cavalleria orientale con l’obiettivo di
rimpinguare le ancora magre fila dell’esercito.
Anche
se alcuni storici tendono a ridimensionare il ruolo di questa
pestilenza come elemento principale e scatenante per l’inizio della
crisi dell’impero romano, sembra comunque innegabile che questa
componente biologica ebbe certamente un ruolo decisivo.
Commenti
Posta un commento