La fine della guerra, il 1918
Ad
inizio 1918 la situazione, sia interna che al fronte, peggiorò per
l'Austria-Ungheria: i rifornimenti scarseggiavano e i ranghi
dell'esercito, dopo la battaglia di Caporetto, erano pieni di reclute
e anziani. L'ultima offensiva austriaca iniziò il 15 giugno sul
monte Grappa e si risolse quasi subito in un grave insuccesso. Sul
Piave, 100.000 soldati austro-ungarici attraversarono il Piave ma
furono fermati dagli italiani, che il 19 giugno passarono al
contrattacco e il 20 li costrinsero alla ritirata. L'esercito
italiano, fino a quel momento, rimase sempre sulla difensiva, le
perdite furono comunque elevate, circa 87.000 uomini; gli
austro-ungarici persero un totale di 117 000 uomini. Determinante per
le forze italiane era stato l'apporto dell'aviazione. Il 9 agosto,
guidato da Gabriele d'Annunzio, uno squadrone italiano operò il Volo
su Vienna, lanciando migliaia di manifesti propagandistici. Ai primi
di agosto del 1918 gli Alleati erano passati al contrattacco lungo
l'intero fronte occidentale mentre in Italia Diaz elaborò un piano
di attacco su un unico punto e la scelta ricadde sulla cittadina di
Vittorio Veneto, considerata un probabile punto di rottura. L'attacco
sul Grappa iniziò il 24 ottobre ma sino al 28 ottobre non raccolse
alcun successo. L'Austria-Ungheria era ormai in preda a forti
disordini interni, che si ripercossero sul fronte: la sera del 29
iniziò la ritirata lungo tutto il fronte; il 30 ottobre le forze
italiane dilagarono in massa oltre il Piave, lanciandosi
all'inseguimento dei reparti austro-ungarici e quella stessa mattina
i primi contingenti italiani entrarono a Vittorio Veneto, circa 16
chilometri oltre il Piave. Il 28 ottobre l'Austria-Ungheria, ormai al
collasso, chiese agli Alleati l'armistizio. Il 3 novembre la
delegazione firmò a Villa Giusti l'armistizio che sarebbe entrato in
vigore il giorno successivo. Lo stesso giorno gli italiani entrarono
a Trento e Trieste. Alle ore 15:00 del 4 novembre sul fronte italiano
cessarono i combattimenti.
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