1.2 Il monte Vodice

La linea che l’esercito italiano sta per attaccare era costituita da una lunga dorsale montuosa, in asse da nord-ovest a sud-est, da Plava fi no al San Gabriele. Le posizioni di partenza erano alquanto basse e precarie: a ovest la piccola testa di ponte di Plava, a sud-est la borgata di Salcano a nord di Gorizia. Gli imperiali dominavano dovunque il fi ume e la vallata: da nordovest, controllavano la mitica q. 383 (sulla quale era caduto il gen. Montanari, ex spalla di Cadorna), q. 363 dominante Paljevo e lo sbocco del torrente Rohot nell’Isonzo; ancora, avevano il dominio sulla vetta del Monte Kuk (q. 611) e sui versanti meridionali segnati dalle borgate di Zagora e Zagomila, quest’ultima trasformata in località fortifi cata. La linea austriaca proseguiva senza soluzione di continuità verso la sella fra Kuk e Vodice (q. 524) e risaliva all’anfi teatro ondulato del Vodice (q. 652); ridiscendeva alla sella verso Monte Santo (q. 503) e da qui cingeva i ruderi del convento e calava a Dol. Riguardo alle diffi coltà di un simile attacco, scrive Silvestri: “L’assalto al Kuk era particolarmente temibile. Il monte si era fatto una fama sinistra, era citato come un essere leggendario e pauroso. Più di sessanta caverne, aperte sui due lati, erano state costruite dagli Austriaci. Taluna di esse era capace di ospitare fi no a 500 soldati. Il Kuk era una fortezza naturale, arricchita nel potere di offesa dall’opera dell’uomo”.Aggiunge Baj-Macario: “L’alto valore tattico del Vodice, chiave di volta dello schieramento nemico sul medio Isonzo, è evidente: il monte è per noi un eccellente osservatorio, è una minaccia che pende sulle batterie nemiche annidate nella conca di Gargaro e intorno a Ravne, è un trampolino per balzare verso il cuore dell’Altopiano di Bainsizza”.

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