10-29 giugno 1917 sul monte Ortigara
“...
da quindici giorni s’assiste allo stesso spettacolo: escono
battaglioni, rientrano barelle e morti, e dopo qualche giorno o
qualche ora, i pochi superstiti. Ed oggi il ritmo pare più violento,
e noi andremo fuori sotto un bel chiaro di sole, che intaglierà
crudelmente le nostre figure sul ciglio della trincea quando ne
usciremo per scendere nella busa dell’Agnelizza, ed andare al
contrattacco ... e poi via per il vallone dell’Agnelizza colmo di
morti, gli scheletri delle battaglie dell’anno passato, i cadaveri
gonfi della battaglia di quest’anno che dura da quindici giorni. E
un teschio sghignazza. Lucido, accanto alla larva livida di un morto
di ieri ... ”Siete voi il battaglione Tirano? “chiede il
maggiore. “Signorsì”. “Tutto qui?”. “Tutto qui”. “Allora
Battaglione Tirano del quinto alpini avanti, - dice il maggiore-
andate a quota 2003 di rinforzo alla 297° del Cuneo”. “Signor
sì” risponde senza bestemmiare l’ufficiale. E s’avvia; e le
tre dozzine di uomini, quanti la battaglia ha risparmiato di seicento
che erano l’altro giorno, gli tengon dietro, a muso duro, ma zitti
... rubiamo le scatolette di carne ai morti, beviamo alla
boraccia dei morti, ci facciamo dei morti parapalle e scaldapiedi..
il capitano Ripamonti con otto o dieci buchi nel corpo di bombe a
mano era stato trascinato via dalla cima da un suo soldato, poi il
soldato era stato fracassato da una granata, e Ripamonti con una
nuova ferita gemeva là sotto, allo scoperto. Andarlo a prendere, un
suicidio. Ma Sommacal ha detto: “ El me capitano, ho da andar a
torlo”. Ed è uscito fuori, Piazza il portaferiti l’ha seguito,
gli austriaci stupefatti, cavallereschi, hanno lasciato fare. Il
capitano in barella dev’essere già rientrato, a quest’ora.
Questo dice il biglietto del tenente: dice anche, poscritto, che di
dove sono nessuno li smoverà, finchè c’è penna d’alpino.”
dal
libro Le scarpe al sole di Paolo Monelli
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