Massimino, l'imperatore terrore dei germani
Le terre selvagge di Germania si estendevano davanti a lui, come un campo di battaglia fertile e inesplorato. L'imperatore Massimino, con il suo esercito valoroso, si addentrò audacemente nel cuore del territorio barbarico, determinato a portare l'ira di Roma su quelle terre remote.
Con una ferocia imponente, Massimino seminava distruzione su ogni suo passaggio. I villaggi andavano in fiamme, mentre i barbari impotenti assistevano alla distruzione delle loro case e delle loro speranze. Il bestiame veniva razziato, arricchendo i soldati romani con un prezioso bottino. Massimino e i suoi uomini si insediavano in quella terra ostile, risvegliando la paura tra gli abitanti.
L'imperatore si ergeva al centro di una furiosa tempesta di guerra. Egli stesso partecipava alle azioni più audaci, dimostrando un coraggio sovrumano.
Senza paura, il valoroso imperatore ingaggiò una battaglia improvvisa in una palude tenebrosa. Le acque fangose si trasformarono in un campo di battaglia, dove le urla degli uomini risuonavano come onde roboanti.
Massimino combatté con i muscoli tesi, trascinando il suo cavallo attraverso l'impervia palude, fendendo l'onda del nemico con la sua spada affilata come una lama di ghiaccio. Fu una danza mortale di coraggio e destrezza, e il suono della vittoria risuonò quando i barbari caddero sotto la potenza implacabile di Roma.
La Germania, terrorizzata dal coraggio di Massimino, si inchinò alla sua volontà. Se non fosse stato per la loro fuga nelle paludi e nelle folte selve, il dominio di Roma si sarebbe esteso indomabile su tutta la terra germanica. L'imperatore, orgoglioso del suo trionfo, volle assicurarsi che le sue gesta fossero conosciute a Roma e oltre.
Indirizzò una lettera al Senato e al popolo, dettandola personalmente con parole che esprimevano la grandezza delle sue imprese. "O senatori, le nostre parole non possono descrivere l'immensità di ciò che abbiamo compiuto. Per quaranta o cinquanta miglia abbiamo sconvolto i villaggi germanici, sottratto il loro bestiame, catturato prigionieri e spazzato via soldati. Abbiamo combattuto fieramente nelle paludi, impotenti solo davanti alla profondità insidiosa di quelle acque che ci hanno impedito di raggiungere le foreste".
Elio Cordo, compagno delle gesta di Massimino, testimoniò che quelle parole furono dettate totalmente da lui.
Ma con la scomparsa prematura dell'imperatore, la sua grandezza fu dimenticata e persa tra le pieghe della storia. Il Senato, dimenticando la potenza e il valore di quel grande uomo, ordinò la rimozione e la distruzione della memoria dell’imperatore, come se volessero spegnere l'eco dei successi di Massimino.
Il racconto si basa su: HISTORIA AUGUSTA, MASSIMINO, 12, 1-11

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