Plezzo-Bovec
La
conca di Plezzo (Bovec in sloveno e Flitsch in tedesco) era di grande
importanza strategica durante la Grande Guerra. Gli italiani vi
arrivarono già nei primi giorni di guerra percorrendo le varie
vallate che dalla piana friulana risalivano le prime prealpi giulie
in direzione est. Questa ampia conca era uno snodo centrale della
viabilità di accesso al cuore della Slovenia grazie al passo del
Predil e al passo della Maistrocca. Per gli austriaci era
fondamentale mantenere gli italiani lontano da questi due sbocchi. Si
ritirarono quindi, saggiamente, già nelle primissime fasi del
conflitto, in quota, aspettando l'arrivo delle truppe italiane, di
modo tale da poter scegliere con calma e perizia i punti strategici
più importanti per dominare dall'alto l'avversario che si sarebbe
così trovato a dover attaccare dal basso verso l'alto posizioni già
da tempo preparate. La grande piana di Plezzo, frutto di anni di
erosione delle acque dell'Isonzo e dei suoi piccoli affluenti, fu
sgombrata dalle truppe imperiali che si appostarono fra le alture che
la circondavano e la dominavano. Balzarono così agli onori della
cronaca i nomi di monti quali il Rombon, il suo contrafforte Cukla,
il Ravelnik, lo Svinjak (un vero e proprio frangiflutti in mezzo alla
conca di Plezzo in direzione est), il Polounik e lo Javorcek. La
permanenza nella conca di Plezzo era assai ardua per i soldati
italiani che si ritrovavano costantemente sotto l'attento sguardo
austriaco. Le possibilità di un attacco dalla conca verso est era
continuamente frustrata dalla reazione austriaca che puntualmente
avveniva tramite violenti bombardamenti e repentini contrattacchi.
Per potersi garantire un passaggio verso i due passi alpini del
Predil e della Maistrocca, gli italiani non avevano scelta se non
quella di scardinare il poderoso arrocco austroungarico posizione per
posizione: un'operazione lunga, complessa e assai dispendiosa. Nella
zona furono molteplici i tentativi di attacco italiani (condotti in
particolar modo da battaglioni di truppe alpine) alle vette dominanti
la conca, a volte fruttuosi, ma soprattutto rintuzzati dagli
austriaci. Anche qui si sviluppò quindi, in alta quota, una
durissima guerra di posizione che portò in molti casi ad un vero e
proprio stallo.
La
conca di Plezzo fu una delle direttrici di attacco scelte dagli
austro-tedeschi per l'offensiva Waffentreue, nota in Italia come
battaglia di Caporetto. Nella parte austriaca della conca vennero
ammassati diversi reparti scelti di alcuni eccellenti divisioni quali
la 3a Edelweiss e la 22a Schuetzen facenti parte del gruppo
strategico d'attacco al comando del generale Alfred Krauss. Obiettivo
di queste truppe era quello di sfondare in direzione della stretta di
Saga, alle spalle della conca di Plezzo e discendere le valli che
portavano verso Tarcento e l'alto Tagliamento.
A
loro volta gli austriaci, ben consci della difficoltà di attaccare
in una piana attorniata da munitissime posizioni in altura,
progettarono per favorire lo sfondamento un attacco con gas
asfissianti per vincere la resistenza italiana. Alle prime ore del
mattino del 24 ottobre 1917 oltre 2.000 bombole immettono verso le
posizioni italiane acido cianidrico ad alta concentrazione contro il
quale nulla possono le maschere antigas in dotazione ai soldati
dell'87° reggimento della brigata Friuli.
1.800
uomini ancora rintanati in ricoveri e caverne, vengono sterminati dal
gas. La situazione nella conca di Plezzo è già compromessa e a poco
valgono gli ordini di una ritirata generale delle truppe della 50a
divisione del generale Arrighi sul monte Stol a difesa della stretta
di Saga, porta d'accesso alla valle Uccea che avrebbe permesso agli
austroungarici una veloce discesa nella piana friulana verso l'alveo
dell'alto Tagliamento.
Di
Giacomo Bollini autore
di libri e ricerche a tema Grande guerra

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