Il 24 ottobre del 1918 non è un giorno qualsiasi. È il giorno tanto atteso.
È
il ricordo di lunghe attese sulla riva destra del fiume sacro; è il
desiderio di vendicare i morti e i feriti di cento battaglie; è la
promessa di lavare l’onta di Caporetto, giusto un anno prima, il 24
ottobre 1917; è il giorno nel quale finalmente i nostri reparti
arditi, insieme alle brigate di fanteria, possono liberare il loro
grido di guerra: Al
di là!
Il
Comando Supremo aveva deciso di eseguire l’operazione in tale data,
ma la forte pioggia dei giorni precedenti aveva gonfiato ancor di più
il fiume in tutto il suo corso, portando la corrente ad una velocità
ben superiore ai 2,50 metri al secondo: velocità che, dato il fondo
ghiaioso del fiume, non avrebbe consentito il gittamento dei ponti. A
malincuore l’azione doveva essere rinviata di 48 ore, date le
condizioni di piena del fiume.
Il piano d’azione del XXII
Corpo d’Armata, posizionato nel settore centrale del Montello
prevedeva il gittamento di tre ponti: un ponte denominato B,
a Fontana del Buoro, a cura della 5^ compagnia pontieri; un ponte
denominato C,
a Casa De Faveri, a cura della 16^ compagnia pontieri e un ponte
denominato D,
a Casa Biadene, a cura della 4^ compagnia pontieri.
Erano
inoltre stati predisposti mezzi sussidiari, quali traghetti e
passerelle. Di queste, tra le altre, ne erano state previste due a
Rivasecca sulle grave di Ciano ed una a sussidio di ciascuno dei
ponti di equipaggio denominati B, C e D
Per
effettuare il passaggio del fiume la 1^ Divisione avrebbe traghettato
dapprima un proprio gruppo d’assalto sull’altra sponda, al fine
di proteggere le operazioni di gittamento dei ponti; il resto sarebbe
quindi passato tutto sui ponti, non appena fossero stati
terminati.
Verso le 19.00 del 26 ottobre ebbero inizio i primi
passaggi con barche ed il gittamento dei ponti.
Ecco
l’ordine del giorno, tanto atteso, molto sintetico, che diede
inizio all’azione:
COMANDO
DELLA 8^ ARMATA STATO MAGGIORE – UFFICIO OPERAZIONI N°7422 Op.di
prot – 26 ottobre 1918
Ordine
del giorno alle truppe della 8^ Armata
Avanti,
passate il Piave, e portate con le vostre bandiere sulle Alpi, i
destini d’Italia.
IL
TENENTE GENERALE COMANDANTE L’8^ ARMATA
F.to
Caviglia
Dal
diario di guerra del 94° reggimento della Brigata Messina
Il
giorno 26 ottobre al 94° reggimento della brigata Messina è
destinato il passaggio del fiume nella zona di S. Urbano. Ufficiali e
truppa si recano sul Piave animati dal più schietto entusiasmo: è
in tutti la più ferma fiducia che il combattimento cui si apprestano
debba essere coronato dalla più completa vittoria, che il termine
della guerra sia per essere ormai prossimo, anzi imminente. La
corrente impetuosa rende vano il tentativo di traghettare il fiume a
S. Urbano. Il reggimento si sposta allora lungo la strada
pedemontelliana verso Fontana del Buoro per usufruire del Ponte B,
attraverso il quale sono già passati una Divisione d’Assalto e la
brigata Cuneo.
Sotto
l’intenso bombardamento del nemico, che ormai rimessosi dal primo
momento di stupore e di incertezza, bersaglia con le artiglierie di
ogni calibro i ponti e le strade di accesso, si reca alla località
designata. Cadono le prime vittime: un colpo di grosso calibro uccide
due ufficiali dei plotoni arditi, il tenente Barone ed il
sottotenente Brocani (in
loro onore, insieme ad altri soldati caduti nell’azione, verrà
eretto un monumento in località Cippo degli Arditi, ai piedi del
Montello, vicino alla chiesa di Santa Mama).
Il
I° battaglione della Messina si lancia di corsa sul ponte, in più
punti sconquassato dai colpi dell’artiglieria nemica, completamente
allo scoperto.Alle ore 7.45 del
mattino successivo un colpo di grosso calibro coglie in pieno il
ponte interrompendo ogni ulteriore passaggio. Chi ha raggiunto la
sponda sinistra si mette subito a disposizione dei comandi della
brigata Cuneo e si lancia risolutamente all’attacco prendendo
numerosi prigionieri, molto materiale bellico, puntando sul paese di
Mosnigo. I reparti del reggimento che non hanno potuto guadagnare la
sponda sinistra riparano sulla strada pedemontelliana, attendendo
tutto il giorno sotto l’infuriare delle artiglierie nemiche. Nella
notte sul 28, riuniti i resti, il reggimento si sposta verso il
Ponte D, più ad est,e inizia il passaggio, che procede
per necessità di cose molto lento, perché il ponte, rotto in più
punti, permette soltanto il transito per uno.
Le
condizioni delle truppe passate al di là del Piave diventano subito
assai critiche, venendo a mancare il collegamento tra le due sponde.
Tutti i ponti sono stati rotti, scarsi e frammentari giungono gli
ordini. Il nemico è riuscito ad arginare la nostra avanzata,
operando forti contrattacchi. Gli stessi prigionieri austroungarici
fatti, vaganti a migliaia sul greto del fiume, costituiscono una
preoccupazione continua e un non lieve pericolo alle nostre spalle;
cominciano a difettare le munizioni e i viveri. Il rifornimento viene
tentato coi velivoli che, abbassandosi fin quasi al suolo, gettano
nelle nostre linee pacchi di cartucce, sacchi di pane ed anche
sigari; ma tale genere di rifornimento ha più che altro solo un
grande effetto morale, non avendo, come è naturale, raggiunto un
vero e proprio risultato concreto. Nonostante le difficoltà la
determinazione dei nostri soldati non viene meno.
La
situazione non è migliore per il nemico. Ormai demoralizzato, non
oppone più seria resistenza, si arrende a torme, non difende più i
molti pezzi di artiglieria, lasciandosi catturare con relativa
facilità, abbandonando uno dopo l’altro tutti i suoi capisaldi da
tempo organizzati a difesa.
Si
giunse così alla fine di ottobre ed al giorno 24 stabilito per
l’azione che venne poi rimandata per il perdurare del maltempo e la
furia del fiume. Benché il maltempo abbia continuato anche nei
giorni seguenti l’ordine di movimento scatta alle ore 20.00 del
giorno 26 ottobre. Sul ponte di barche appena costruito dai genieri
nei pressi di Fontana del Buoro, passa, la 1^ Divisione d’Assalto,
seguita dalle brigate di fanteria; truppe che prendono immediato
contatto con il nemico, mentre dal Montello circa 3.000 bocche
scatenano un inferno di ferro e di fuoco sulle posizioni nemiche. Io,
col reparto inquadrato ai lati di una delle strade che del Montello
scendono al fiume, dopo una notte di snervante attesa, sotto una
pioggia insistente e continua, giungo al ponte alle ore 7.00 del 27,
ponte che attraverso con rapidissimo balzo, proseguo per un lungo
tratto di greto opposto, e vado ad assestarmi col plotone in una
piega del terreno all’altezza di un mulino. Intanto il passaggio
continua dalla sera precedente con lo stesso ritmo fino alle 10.00
del mattino, allorquando le artiglierie nemiche, individuato il
passaggio, con tiro concentrato, lo colgono in pieno, travolgendolo
con mezzi e uomini in transito.
Interrotte
le comunicazioni e soprattutto il passaggio dei rifornimenti la
situazione si fa, oltre il fiume, piuttosto seria, per non dire
tragica. Le scarse forze passate devono contenere da sole l’urto
nemico che cerca con ogni mezzo di schiacciarle nel fiume. Continua
così la lotta con forze impari, assumendo spesso violenza inaudita,
con furiosi corpo a corpo e vicende alterne per tutto il giorno 27 e
la successiva notte con fuoco d’inferno ed episodi di vero e
fulgido eroismo singolo e collettivo. In quel groviglio di uomini e
di mezzi, in quell’inferno spaventoso di ferro e di fuoco, in quei
siffatti rivoli creati dalla pioggia di molti giorni, sparsi di
cadaveri ed arrossati dal sangue dei feriti che invocano quasi sempre
invano, fino allo spasimo e fino alla morte un sorso d’acqua o una
mano pietosa, il valore e l’abnegazione sorpassarono ogni limite
umano. Portaordini che, ignudi o quasi stante il freddo e la pioggia,
si gettavano a nuoto nelle acque vorticose per portare e ricevere un
ordine dal comando sull’altra sponda. Feriti gravi,
irriconoscibili, con brandelli di carni sanguinanti, altri che
aspettavano languendo il trasporto oltre il fiume, mentre la morte li
stroncava. Soldati irriconoscibili dal fango e dalla lotta, dalla
fatica e dal digiuno, contendersi le munizioni per non curarsi del
pane rifornito dagli aerei.
Il
giorno 28 gli ufficiali e la truppa sono esausti anche per il lungo
digiuno e la continua pioggia, e lo scarseggiare delle munizioni
rende tragica la situazione.
Sennonché
nel pomeriggio uno spiraglio di sereno spunta fra le nubi permettendo
alla nostra aviazione di volare in massa sulle linee e gettare
rifornimenti di munizioni e viveri. Questo intervento imprevisto e
tempestivo servì a scuotere il morale e lo spirito della truppa, che
si getta con rinnovato impeto contro il nemico, travolgendolo, e
provocandone la ritirata oltre Fontigo, Moriago e Sernaglia, dove
giunte nuove forze, appena passate sul nuovo ponte, e truppe celeri
riprendevano l’inseguimento, provocandone la disfatta finale.
Dopo
Fontigo, una donna, barcollante per la fame e per gli stenti, sbuca
dal suo nascondiglio, sotto i ruderi di una casa, e correndo
piangente verso di noi abbraccia e bacia più volte la bandiera
davanti al reparto e chi di noi le è più vicino, piange
dirottamente, ma questa volta di gioia.
Testimonianze
della Grande Guerra nel territorio delle Grave di Ciano, Università
Popolare di Mestre

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