CAPORETTO - II giorno - 25 ottobre 1917 Per parte avversa Si completa lo sfondamento -

Durante la notte una gelida bora ha spazzato il cielo, il sole sorge diffondendo una benefica sensazione di calore. Dal Rombon al monte Nero, le vette più alte fino al l4atajur scintillano per la neve caduta di fresco; ora la visibilità può dirsi perfetta.
Ci sono dunque, anche dal punto di vista atmosferico, tutte le premesse indispensabili per completare le vittoriose operazioni del giorno innanzi; gli italiani sono tuttora in possesso di monte Stol, del Matajur e di altri importanti capisaldi lungo il crinale del Kolovrat; e quelli che aveva perduti possono anche esserci ripresi abbastanza facilmente con l'impiego delle riserve; è quindi necessario, prima di ogni altra cosa, guadagnare terreno tanto sul Kolovrat, come in direzione degli altri obiettivi fissati dal comando. Il gruppo Stein è istruito in tal senso, inoltre è richiesto delle seguenti operazioni: - appoggiare il gruppo Krauss, premendo in direzione dello Stol, nella conca di Breginj. - produrre lo sforzo maggiore su Kolovrat e lvìatajul con Alpenkorps e divisioni 72 e 717" - occupare il monte Mia, pilastro occidentale della valle Natisone, con la 55' AU.
Azione della 50a divisione
 Il mattino attacca con una brigata i settori più elevati del monte Nero, da dove mitragliatrici appoggiano la resistenza ben coraggiosa di alcuni reparti di bersaglieri. Vengono presi il Kozljak e infine la vetta del monte Nero, pur ostacolata da neve e ghiaccio. faviazione italiana bombarda senza successo il ponte di Idresca, lunghe colonne nemiche in discesa dal monte Nero si fanno catturare senza opporre resistenza. La divisione scende poi dal monte Nero, passa l'Isonzo e giunge a Robic in serata, le sue avanguardie iniziano subito la salita al monte Mia.
Occupazione di Luico e monte Matajur 
La battaglia comincia alle prime luci del giorno, il nemico tiene sotto tiro di mitragliatrici le strade e i villaggi occupati dai tedeschi e scava trincee. Con l'avanzamento delle divisioni, il comandane la 12a ordina a un reggimento di spingersi in Val Natisone e assalire il Matajur alle spalle. A Golobi gli scontri hanno assunto carattere vivace, gli italiani sviluppano numerosi contrattacchi, tutti stroncati sul nascere dalla reazione tedesca; per quanto bombarde e artiglieria aprano vuoti, non si cede di un palmo e verso mezzogiorno i tentativi nemici cessano. Una pattuglia attacca uno primo sperone e cattura 30 italiani con 4 cannoni e 5 mitragliatrici, ma l'azione è bloccata dal fuoco nemico. La situazione è penosa e permane fino all'arrivo dell'alpenkorps; alle 17 viene sferrato un deciso attacco a Golobi che travolge le posizioni nemiche, i famosi bersaglieri, appoggiati solamente da pochi cannoni da campagna, non riescono a sostenere l'urto. Alle 18 i primi soldati penetrano nel villaggio, il nemico abbandona anche la vicina Sella, potentemente fortificata; lasciano 1900 prigionieri, 18 cannoni, molte mitragliatrici, bombarde e 35 trasporti di munizioni. Procedendo in avanti vengono occupati i villaggi di Perati e Avsa, ma l'oscurità e il tiro delle mitragliatrici sulle strade frenano il desiderio di avanzare subito verso il Matajur. Le truppe scese in Val Natisone, fino a Stupizza, infliggono gravi perdite a reparti italiani di cavalleria e artiglieria autotrasportati che risalgono la valle; l'avanzata è sospesa per l'arrivo segnalato di una divisione italiana; la sera stessa un comando in avanguardia comunica che una compagnia fin dalle 7.30 ha raggiunto il Natajur, sostando a 100 metri dalla vetta. A sera, la 12a divisione conta già 10.000 prigionieri, essi affluiscono da tutte le parti, soprattutto da nord. 
Con l'alpenkorps da Kolovrat al Matajur 
Le formazioni sul Podklabuc, hanno ancora di fronte un avversario che resiste tenacemente ad ovest della cima. Alle 3 i repafti rimasti sul passo di Zagradan, sull'Hlevnik e vicinanze di Kamenca e uno scaglione del battaglione del Wùrttemberg si rìuniscono a Foni e salgono al Podklabuc. La resistenza nemica su Costa Duole viene vinta solo alle 8.15, dopo violenta preparazione di artiglieria e un rinnovato assalto. Superato il duro ostacolo viene raggiunta Cappella SIieme alle 11.35 e quindi il Pocklabuc a tarda sera. Sul crinale del Kolovrat antistante il monte Kuk, il nemico si aggrappa con tutte le sue forze ben sapendo che perduto quest'ultimo sarebbe crollato l'intero sistema difensivo; sin dal primo mattino lancia continui e rabbiosi contrattacchi, condotti con grande valore, ma tutti i tentativi sono respinti dal presidio bavarese. Gli attacchi si affievoliscono verso le 10, il presidio riceve il cambio dagli Jàge [gli italiani disertano in massa e riempiono a centinaia la piccola conca che si apre a est del monte. Contemporaneamente battaglioni làger si sganciano dal Podklabuc e avanzano sul Kuk. Le fortificazioni campali ìtaliane, volte a nord, con innumerevoli cannoni di medio e grosso calibro vengono occupate con una certa lentezza, il nemico continua a opporre resistenza. Sul Kuk, potentemente fortificato, la difesa si rivela particolarmente tenace; intanto si moltiplicano i segni dell'incipiente sfacelo: si incontrano spesso soldati urlanti e gesticolanti, alcuni ancora con il fucile a tracolla, si allineano nelle interminabili colonne di prigionieri. In fondovalle si scorgono autocarri e cannoni piantati in asso da conducenti e serventi, mentre la fanteria cerca di battersela verso ovest. Un reparto del battaglione del Wùrttemberg, al comando del primo tenente Rommel, opera un colpo di mano sul ripido versante settentrionale del Kolovrat, non ancora interessato da combattimenti; procedendo mimetizzato da fogliame fresco e coperto dal rumore di cascate di acqua, si infiltra in un reticolato fra quota 1185 e 1125, appare all'improvviso alle spalle del nemico la cui resistenza si affloscia rapidamente; procede allora sveltamente e fra le 14 e le 15 conquista il Kuk, scende a Luico in appoggio al gruppo bloccato davanti a Golobi. Alle 16 sbuca alle spalle di Luico e blocca la ritirata alla brigata dì presidio, che troppo tardi cerca la salvezza sul Matajur. Mentre il grosso si acquartiera per la notte, l'instancabile Rommel col suo gruppo, dopo tre ore di riposo, nel colmo della notte si avvia al Matajur.
L'avanzata della 2ooa divisione 
Alle prime ore del mattino giunge dalle posizioni di partenza sullo Jeza, senza incontrare ostacoli; qui i soldati osservano le difese e commentano che in nessun altra campagna hanno visto posizioni altrettanto forti e così ingegnosamente costruite; tre capisaldi fra la base e la cima del monte sono talmente ben sovrapposti che il combattimento si sarebbe potuto condurre simultaneamente; una difesa affidata a soldati tedeschi non si sarebbe fatta cacciare da simili posizioni! Tuttavia l'attacco sferrato il giorno innanzi non sarebbe riuscito se la nebbia non avesse ostacolato la visuale ai difensori arroccati nelle posizioni più alte. A Cappella Slieme si combatte fino a mezzogiorno, nei pressi delle case di Crai, poi il nemico cede; si procede verso il caposaldo di monte la Cima, che tenacemente si difende e tiene sotto tiro la strada che corre lungo il versante meridionale del Kolovrat, subito a ridosso del crinale sommitale; con Ia protezione di un reparto mitragliatrici, ben piazzato sul Podklabuc che costringe il presidio e gli artiglieri italiani a coprirsi, si attacca con successo; prima delle 18 il caposaldo, costruito a regola d'afte, viene conquistato dopo aspro combattimento ravvicinato; ora le strade verso Ravne e monte Kum sono libere; bottino: 4 mortai da 270, 4 obici da 149, 24 mitragliatrici, 352 prigionieri; perdite 2 ufficiali e 36 soldati, tra morti e feriti. Nel contempo altri battaglioni hanno proseguito l'avanzata percorrendo la grande strada militare, al calar della sera giungono a Trinco, presso Drenchia; altrÌ battaglioni devono combattere fino alle borgate di Prapotnizza e Clabuzzano; a sera hanno catturato 1800 prigionieri,30 mitragliatrici e alcuni cannoni. Un reggimento (5a Jàger) segue l'avanzata, partendo da Cighìno, via leseniak e monte Jeza; qui i soldati notano che l'artiglieria ha fatto le cose in grande, per contro le posizioni dì fanteria nascoste tra le rocce e gli sbarramenti iniziali non sono toccati. In genere pare che gli italiani non se la passino male, si trovano grandi baulì degli ufficiali, pellicce, sacchi a pelo in quantità, persino un salone di parrucchiere; essi apparivano ben nutriti in confronto agli Jàger affamati, che si buttano su quel ben di Dio, che essi avevano ormai scordato, forse cominciano da quel momento a nutrire un ceto interesse per l'Italia ! In un primo momento i prigionieri sembrano assai abbattuti, ma si rinfrancano nel constatare che nulla succede loro; gli ufficiali fanno una eccellente impressione. Il reggimento assiste a contrattacchi sul Podklabuc, condotti da bersaglieri; sopra il Kolovrat si svolgono numerosi combattimenti aerei; gli italiani si gettano in picchiata senza paura, ad un certo momento interviene una squadriglia da caccia tedesca e in poco tempo numerosi aerei italiani precipitano in fiamme, gli altri si allontanano; la squadriglia tedesca è comandata da Von Richtofen, visto che un aereo spicca per il suo colore rosso.
Gli obiettivi del gruppo Berrer 
Il comando del gruppo segue l'avanzamento del fronte, per rimanere a contatto con le truppe combattenti, contestualmente all'avanzamento delle truppe in riserva. Il comando è spostato a Modrejce per poi portarsi sul Kolovrat. Gli ordini del comando d'armata prescrivono per il 26 una energica continuazione degli attacchi, da cui il generale von Berrer addita alle sue divisioni i seguenti traguardi: - monte S. Martino e monte Kum, in collaborazione con la 200" divisione - occupazione di Azzida e Cividale Il fatto che i comandi dipendenti hanno già iniziato per loro conto i movimenti indicati, conferma lo spirito aggressivo che anima le truppe.
Gli obiettivi del gruppo Scotti 
Obiettivi sono far crollare i capisaldi di una possibile rinnovata resistenza nemica, assaltando monte Kum e monte Globocak, con ciò rendendo insostenibile la sua situazione sulla Bainsizza; si ordina alla 2a armata dell'Isonzo, schierata a est di Sella Volzana, di muovere per Varda Vrh, Kolovrat , Kambresco e puntare su Castagnevizza. Il mattino del 25, la 1a divisione AU muove decisamente all'attacco delle forti posizioni italiane su Globocak e Cicer; il primo cade alle 11e il secondo soltanto nel pomeriggio e dopo dura lotta; malgrado la buona visibilità la fanteria subisce perdite dall'atiglieria amica; bottino 4000 prigionieri e 60 cannoni. Non riesce però ad andare molto oltre le postazioni conquistate; una brigata, alla sera, raggiunge la località di San Paolo, a ovest di Ronzina. 
La vittoria non è stata facile, è costata 40 ufficiali e 1550 soldati tra morti e feriti, 14%. Altri reggimenti si muovono da S. Lucia verso monte Kum; la 1a divisione viene costretta ad un modesto ripiegamento a ovest del Globocak, per cui la 5a divisione riceve ordine di occupare monte Kum e non spingersi più oltre. L'artiglieria divisionale pesante viene avviata a Cighino, per la strada che porta al Kolovrat, appena si ha la certezza che è fuori tiro dell'artiglieria nemica, pronta a seguire la divisione. L'avanzamento dei reggimenti procede con difficoltà perché strade e mulattiere sono ingombre di carriaggi e di una infinità di automezzi, a testimonianza che gli italiani sono fuggiti in preda al panico, molti cadaveri e carcasse di animali dimostrano l'efficacia dell'azione di artiglieria. Un reggimento (80 granatieri) giunge a Pusno da sud, affronta il fuoco di sbarramento nemico; con grande soddisfazione viene occupato un magazzino italiano della sussistenza ancora intatto, i granatieri si riforniscono di vettovaglie di ogni genere; ha uno scontro con l'avanguardia di una formazione al contrattacco, che viene respinto; i prigionieri riferiscono circa il presidio di monte Kum. in uomini e artiglieria. Il comandante del reggimento fa conto sulla confusione che regna tra il nemico e tenta l'assalto al monte con ii suo solo reggimento e senza preparazione di artiglieria, modificando deliberatamente le disposizioni superiori. I granatieri cozzano contro massicce e ben trincerate forze nemiche, appoggiate da artiglieria del monte Kum e Colle Glava, ne segue un duro combattimento e l'avanzata verso la valle Judrio viene fermata ancora una volta. Soltanto nel pomeriggio si riesce e far arretrare il nemico fino al corso dello Judrio, catturando 200 prigionieri, 5 mitragliatrici e una batteria da 149 ancora intenta a sparare. l'attacco a monte Kum si presenta straordinaria mente difficile; i battaglioni si portano a ridosso degli avamposti nemici, ma devono attendere il mattino seguente. Un altro reggimento di fanteria (52o), collegato ai granatieri, avanzando verso monte Kum, incontra le postazioni nemiche catturate, i soldati sono meravigliati per il ricco munizionamento di artiglieria abbandonato, appaiono chiari i segni della fuga disordinata degli italiani, che hanno mollato tutto; così ci si può rifornire di scorte e viveri, oltre ad un gran numero di muli, prezioso cambio ai propri, ormai malconci. Il reggimento avanza su Villa di Mezzo e poi su Srednie per appoggiare l'attacco dei granatieri a monte Kum; a quota 678 si scontrano con nuclei che ancora guarniscono questo caposaldo e il terreno laterale; i reggimenti passati di lì non hanno controllato accuratamente il terreno; due battaglioni in seconda schiera attaccano e dopo un breve corpo a corpo prendono la quota con i suoi cannoni e molti prigionieri; dopo un infruttuoso contrattacco i superstiti si ritirano verso sud ovest; dopo lo scontro le perdite risultano piuttosto sensibili.
La 22a divisione Schutzen alla conquista di monte Stol
Alle 8, approntata una passerella al ponte distrutto di Podcela, due reggimenti sono inviati su Saga alle pendici dello Stol; si nota che le fortificazioni campali, lungamente e regolarmente allineate una sopra l'altra, molte delle quali in caverna, iniziano dagli erti pendii boscosi sovrastanti Saga e salgono fino al crinale sommitale; i capisaldi principali si trovano sulle quote più elevate e lontane. Pur senza l'appoggio di artiglieria, ferma al di là del fiume, gli Schùtzen si lanciano addosso al nemico senza esitare e senza chiedersi se qualcuno può dar loro una mano; vale una sola parola d'ordine: prendere finalmente alla gola l'odiato nemico; è giunto il momento per vendicarsi per il suo tradimento e per tutte le fatiche e sacrifici soppoftati nei lunghi anni in cui si era costretti sulla difensiva. Gli italiani resistono su tutte le posizioni, ma alle 13 gli avamposti di Hum e prvi Hum vengono conquistati. Di poi vengono superati 13 successivi capisaldi; per procedere più rapidamente sugli erti pendii, prima di ogni scontro si tolgono gli zaini e si torna a riprenderli alla fine. I combattimenti continuano fino a notte inoltrata; si hanno dubbi circa l'esito finale dell'assalto. Poco prima di mezzanotte un battaglione, dopo due ore e mezzo di marcia, dopo dura lotta riesce a conquistare il caposaldo di quota 1450. Il previsto spianamento delle posizioni nemiche lungo il crinale verso occidente non risulta più necessario perché il nemico fugge in preda al terrore oppure preferisce arrendersi. L'incredibile è dunque riuscito, con una mossa audace e praticamente senza appoggio di artiglieria è conquistato l'imponente caposaldo montano dello Stol, decisivo ai fini del successo nel settore di Plezzo. Ancora pochi giorni prima il re d'Italia assieme a Cadorna, aveva fatto una ispezione e tratto l'impressione che monte Stol fosse imprendibile. La resistenza dei difensori è stata certamente minata dall'avanzata in fondovalle della 12a divisione del giorno precedente; fin dal mattino infatti si erano osservati repafti nemici someggiati in ritirata verso ovest, sebbene la strada di Breginj non fosse stata direttamente minacciata. Gli italiani non avevano alcun motivo per abbandonare lo Stol, ma il comportamento splendido della 22a divisione rimane 
Gli avvenimenti sul Rombon e in valle Uccea 
La sconfitta in conca di Plezzo taglia la strada della ritirata agli italiani che ancora si difendono sul Rombon; alle 6.40 essi abbandonano le posizioni e tentano di porsi in salvo in una impervia zona montuosa, priva dì strade, puntando su Sella Prevala e trovare appoggio nelle truppe di Sella Nevea e di Valle Raccolana. La brigata della divisione Edelweiss, che doveva ripetere l'attacco fallito il giorno prima, si mette all'inseguimento; un reggimento procede sulla sinistra e raggiunge Sella Prevala; alle sue spalle reparti italiani tengono saldamente monte Lopa, così creando una situazione critica; il grosso della brigata avanza lentamente e raggiunge il crinale di confine il giorno dopo. Nel complesso dell'azione sono catturati 1900 soldati e 4 can noni. Sull'ala sinistra della 10" armata il nemico resiste tenacemente, l'avanzata in valle Uccea ne risulta ostacolata.
L'azione della 55" divisione AU e della divisione làger 
La divisione è schierata in contiguità alla 50", alle 6.30 attacca le posizioni italiane, già in via di sgombero, il nemico abbandona anche gli ultimi capisaldi. La divisione procede lentamente verso Caporetto e alle 13 prosegue per Staro Selo; nel corso dell'avanzata sono catturati 4000 soldati appartenenti a diverse armi e reparti, vaganti qua e là, oltre a 70 cannoni ed un buon numero di preziosi animali da soma. Poiché il ponte di Caporetto è saltato e l'Isonzo straripa, la divisione si dirige a Idresca; solo un battaglione riesce a varcare in tempo il fiume e giunge a Staro Selo in piena notte. La divisione germanica Jàger intraprende di buon mattino la marcia verso Plezzo, ma procede con lentezza sulle strade congestionate dalle divisioni in movimento; verso mezzogiorno supera il ponte di barche a Podcela, transita a Saga verso le 13, volge lungo l'Isonzo e raggiunge Serpinca e Trovo, dove trova magazzini italiani rigurgitanti di viveri e attrezzature di ogni genere; sulle strade si notano le tracce della fuga degli italiani, colti dal panico. 
L'azione di comando del gruppo Krauss 
Nel pomeriggio il comando del I CdA si trasferisce presso Plezzo; alla sera il suo fronte si estende da monte Guarda a nord, ancora in mano nemica, per Uccea e monte Stol, fino a Ladra, sulla sinistra Isonzo. Al centro sono stati superati 7 km di terreno montuoso pressoché impraticabile, contribuendo nella misura più ampia alla brillante vittoria. Il cattivo tempo che ha imperversato alle maggiori altitudini è il motivo principale del mancato successo in zona Rombon e Vrsic, ma la medesima ragione ha ridotto anche l'efficacia dell'azione nemica, in qualche punto l'aveva completamente annullata.
L'azione di comando della 14a armata 
Nelle prime ore del 25 il comando d'armata non ha elementi sufficientemente chiari sui risultati del giorno innanzi; non si sa quanto sono avanzati l'Alpenkorps e la 200a divisione, se il gruppo Krauss ha superato la gola di Podcela, il cui ponte è certamente saltato. E' certo che la 12a divisione ha raggiunto l'imbocco di Val Natisone. Via radio si intercetta il comando del XXVII CdA italiano, Badoglio, che trasmette in chiaro, si apprende che è arretrato a Cividale, che gli italiani sono in preda a gran disordine e non minore disperazione. Il comando insiste perché queste favorevoli condizioni siano sfruttate senza pausa; conferma l'ordine che l'artiglieria avanzi in colonne ininterrotte su tutte le strade per arrivare sul Kolovrat attraverso Luico e Ronzina. Alle 10 si ha la visita dell'imperatore Karl, proprio nel momento che si ha notizia della ritirata nemica su tutta la linea e che anche la 2a armata dell'Isonzo ha iniziato l'inseguimento. Non si hanno notizie dì rinforzi italiani in arrivo, risultano solo due reggimenti di bersaglieri e quatto di alpini nei dintorni di Canale d'Isonzo; in Val Natisone non giungono notizie di rinforzì, ma non v'è da aspettarsi che la linea Matajur - Kum sia superabile senza aspri combattimenti. Durante la visita si parla della continuazione delle operazioni nella pianura italiana; si esamina la congestione delle strade originata dall'affluenza delle armate sud Isonzo e le possibili soluzioni; il grosso delle forze AU sono destinate alla conquista del monte Korada, per il caso che gli italiani decidano di difendere seriamente questa poderosa posizìone naturale. Arrivano intanto informazioni sulla conquista del Kolovrat, del proseguimento dell'offensiva sul Matajur, monte Kum, e Globocak. Il primo grande risultato fissato per la prima giornata è raggiunto; alle 16 si ha certezza che il gruppo Krauss ha superato la stretta di Saga e che lo Stol è risalito fino alle fortificazioni a circa mezzavia del versante nord, senza incontrare resistenza; la divisione Edelweiss ha piegato su Valle Uccea. Per disporre della importante rotabile di Val Fella, il generale von Below ordina al gruppo Krauss di accodare alla divisione Edelweiss, marciante in quella direzione, la divisione Jàger germanica. La ricognizione aerea segnala lunghe colonne italiane in marcia dalla Bainsizza, Plava e Canale verso ovest; significa che il nemico si ritira da tutta la linea, almeno della II armata; verso sera si apprende che l'ala destra di quest'ultima ha superato la gola dl Auzza di fronte a Ronzina, senza incontrare soverchia resistenza. A tarda sera giunge la notizia della occupazione dello Stol e che avanguardie sono presso Berginj, anche il gruppo Krauss ha assolto al suo compito. L'ordine ora è inseguimento a fondo, facendo conto che il nemico è pressoché senza artiglieria. La situazione la sera del 25 si presenta così: 
- la linea avanzata italiana è crollata per intero
- l'occupazione del monte Stol è stata effettuata, dubbi circa il Matajur e il Globocak. 
E' legittimo sperare in una prossima caduta di monte S. Martino e monte Kum, dopodiché l'intero fronte è sfondato. Il comando si attende una rinnovata e forte resistenza ai margini della pianura, sulla linea dei monti Joanaz - Mladessena - Purgessimo - Castelmonte - Korada; per un nemico deciso sarebbe una linea adatta e per l'attaccante la meno favorevole, Fortunatamente l'avversario non ha una visione chiara del concetto offensivo austro - tedesco e lancia le sue riserve troppo a nord, senza un piano preciso ed in modo frammenta rio. Queste considerazioni inducono il comando d'armata a considerare che per il momento il nemico non riesce a creare una linea difensiva stabile, da cui l'imperativo di avanzare al più presto verso le montagne ai margini della pianura e spegnere sul nascere ogni nuovo tentativo di resistenza.  
Università degli studi Cà Foscari Venezia - Prima guerra mondiale Caporetto - docente Coglitore Mario - partecipante come uditore
  


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