ll concetto di mente e cuore

Mente, cuore, o anche vita. Tre parole che nella lingua italiana possono indicare concetti molto diversi ma che in giapponese spesso corrispondono, in particolare nei testi buddisti, allo stesso carattere giapponese: kokoro (o shin, la seconda lettura dello stesso carattere).
Kokoro o shin, in generale, indica contemporaneamente sia la mente sia tutte le attività umane di cui essa sarebbe il centro, non solo quindi il pensiero e la volontà ma anche i sentimenti.
Per esempio, nel principio buddista di shikishin funi (non dualità di corpo e mente) shin (mente) è utilizzato in opposizione a shiki (corpo) – cioè tutto ciò che ha forma e colore, ossia l'aspetto fisico dell'esistenza – e indica quindi ciò che non ha né forma né colore, l'aspetto mentale e psichico della vita.
Si tratta, dunque, di tutte le funzioni mentali come la fede o la fiducia, la determinazione, il coraggio, la compassione, ecc., espressioni con cui questo termine spesso viene tradotto.
Anche se in italiano viene reso a volte con il termine "cuore", non risulta che vada mai interpretato nel senso di "sede dei sentimenti" separata dalla "mente" come "sede del pensiero", ma piuttosto in termini di "vita" che può essere profondamente diretta verso la Legge o verso l'errore. Prendiamo per esempio la seguente affermazione di Daisaku Ikeda: «Buddismo è vincere o perdere, ma cosa esattamente ci permette di vincere? È il nostro cuore, la nostra mente. Tutto dipende dal fatto che il nostro cuore si trovi dalla parte della Legge corretta e non dell'errore. Quando il Daishonin afferma che il Buddismo riguarda la vittoria o la sconfitta sta riferendosi a questa lotta che avviene nel profondo del nostro cuore» (MDG, 2, 287). Il termine qui tradotto con cuore e con mente è sempre kokoro.
Il Grande dizionario della filosofia buddista fornisce la seguente definizione di kokoro o shin: «"La mente principale che dà luogo alle funzioni mentali". Termine usato in relazione a "corpo" nel principio di non-dualità di corpo e mente (shikishin funi)».
Lo stesso dizionario offre anche i seguenti approfondimenti: «Il Gran maestro T'ien-t'ai, nel quinto volume di Grande concentrazione e visione profonda, parla di tremila regni in un singolo istante di pensiero e chiarisce il principio secondo cui una singola mente compenetra perfettamente l'intero mondo dei fenomeni. Il Gran maestro Miao-lo eredita questo insegnamento ed espone, tra i "dieci principi di non-dualità", il principio secondo cui l'aspetto fisico e quello mentale o psichico della vita sono non-duali (shikishin funi). Inoltre Nichiren Daishonin nella Raccolta degli insegnamenti orali dice: "L'insegnamento fondamentale ci dice che forma e mente non sono due cose". [...]
Nel quinto volume di Grande concentrazione e visione profonda si trova scritto: "Una singola mente è dotata dei dieci mondi. Poiché un mondo a sua volta è dotato di dieci mondi, ci sono cento mondi. Poiché un mondo è dotato di trenta regni, in cento mondi esistono tremila regni. Questi tremila regni in un istante indivisibile sono tutti presenti in una singola mente. Se non c'è una mente allora il discorso è chiuso, ma se c'è una mente anche estremamente debole, essa allora è dotata dei tremila regni. Non si può dire che una singola mente preceda tutti i fenomeni e che questi vengano dopo di essa, né si può dire che tutti i fenomeni precedano una singola mente e che questa venga dopo di essi. [...] Se una singola mente generasse tutti i fenomeni, allora sarebbe trascendente. Se invece una singola mente includesse tutti i fenomeni nello stesso momento allora sarebbe immanente. Ma non si può dire né che sia trascendente né che sia immanente. Quel che si può dire è che la mente è tutti i fenomeni e che tutti i fenomeni sono la mente. Essa non è né trascendente né immanente, non è una con i fenomeni né è diversa da essi. Ciò è estremamente oscuro, misterioso e profondo [...]". In questo caso singola mente e mente in un singolo istante vengono usati col significato di vita».
Dunque qui "mente" ha il significato di "vita". Perché?
Secondo il Buddismo mahayana, e in particolare nella scuola di Vasubandhu (la scuola della Mente come unica realtà), la vita era definita in termini di flusso di istanti di coscienza, o di mente, legati da un rapporto causale. Fintanto che questo flusso è oscurato dall'ignoranza continuerebbe a portare con sé i semi del karma passato che, in qualità di cause e quindi di potenzialità in esso impresse, continuerebbero a determinare il nostro futuro. In questi termini, "mente" intesa come flusso di istanti di coscienza indicherebbe il cumulo delle cause, o semi, della produzione di tutti i fenomeni, ossia la sorgente fondamentale dalla quale sorgono tutti i fenomeni (l'ottava coscienza, la coscienza deposito o alaya).
T'ien tai eredita questo concetto e, in Grande concentrazione e visione profonda, interpreta il termine sanscrito citta, di cui kokoro o shin è la traduzione in cinese, come proveniente dalla radice del verbo ci, accumulare, e lo spiega in termini di "nucleo degli aggregati combinati che formano un essere vivente".
Secondo una concezione materialistica il mondo fisico, proprio perché tangibile e misurabile, rappresenta l’unica “realtà”. Altre tradizioni di pensiero ritengono invece illusoria quella dimensione e considerano come verità ultima il mondo spirituale.
Nel Buddismo la vita è un’unità indissolubile di aspetti fisici e spirituali. Ogni fenomeno, materiale o spirituale, visibile o invisibile, è manifestazione della stessa Legge fondamentale universale – o causa prima della vita – definita Myoho-renge-kyo da Nichiren Daishonin. Entrambi gli aspetti sono assolutamente inseparabili e di uguale importanza. Questo principio è espresso in giapponese col termine shiki shin funi. Shiki si riferisce a tutti i fenomeni fisici, compreso il corpo umano. Shin definisce quelli spirituali, invisibili, compresa la ragione, le emozioni e la volontà. Funi letteralmente significa “due ma non due”.
Nichiren Daishonin scrive a uno dei suoi seguaci: «Una persona può conoscere i pensieri di un altro ascoltandone la voce. Ciò avviene perché l’aspetto fisico rivela quello spirituale, ma questi aspetti, che sono uno nella sostanza, si manifestano come due aspetti distinti».
Lo stato d’animo di una persona si rivela nel suo aspetto fisico: il vissuto interiore di qualcuno che si trovi in uno stato gioioso e ottimistico si può leggere nel suo viso, o anche nella sua andatura. Allo stesso modo un portamento sofferente e il viso teso di una persona oppressa dal dolore comunicano il suo tormento interiore. Le manifestazioni più evidenti sono il riso e il pianto, segnali visibili dei nostri sentimenti interiori.
Lo stato d’animo influisce anche sul funzionamento fisico del corpo. Lo stress mentale o psicologico è stato collegato a una gamma di malattie che vanno da disturbi cutanei, allergie, asma e ulcere fino al cancro. La depressione e la disperazione abbassano la resistenza dell’organismo, rendendoci vulnerabili a tutta una serie di malanni. D’altra parte, una positiva determinazione a superare la malattia può “guidare” i nostri organi e persino le singole cellule verso la guarigione.
«Quando la nostra determinazione cambia – scrive Daisaku Ikeda – tutto comincerà a muoversi nella direzione che desideriamo. Nel momento in cui decidiamo di essere vittoriosi, ogni nervo e fibra nel nostro essere si dirigerà immediatamente verso il nostro successo. Se invece pensiamo che “non ce la faremo mai” allora in quell’istante, ogni nostra cellula sarà come svuotata e soccomberà».
La vera salute e felicità interessano sia l’aspetto fisico sia quello spirituale. Molte delle esperienze dei membri della Soka Gakkai riguardano miglioramenti della salute o delle condizioni materiali. Attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo essi comprendono anche l’inseparabilità degli aspetti spirituali e fisici della loro vita e col tempo ciò si manifesta con un senso di benessere fisico e con una crescente chiarezza e purezza dei processi mentali e percettivi. Ciò che si intende con “benefici visibili” della pratica buddista è collegato direttamente al piano fisico e materiale.
Ben più importanti nel lungo periodo sono i “benefici invisibili” di una pratica buddista assidua: maggiore conoscenza di sé, saggezza e compassione per gli altri. Il più importante dei benefici invisibili, ovviamente, è l’Illuminazione.
Il Buddismo considera gli esseri viventi come un’armoniosa aggregazione delle cosiddette “cinque componenti” che sono: i sensi (che collegano l’individuo al mondo fisico); la percezione (che integra le impressioni ricevute attraverso i sensi); la concezione (con la quale ci formiamo un’idea su ciò che abbiamo percepito); la volizione (la volontà che agisce sulla concezione); e infine la coscienza (quella funzione del giudizio che sostiene il funzionamento delle altre componenti). La vita rappresenta quella forza o energia che fa funzionare insieme queste cinque componenti come un tutto armonioso e integrato.
Fondamentalmente il Buddismo vede gli aspetti fisici e spirituali come manifestazioni della stessa forza vitale inerente all’universo stesso. La moderna scienza medica sta iniziando a esplorare i sottili rapporti tra corpo e mente, tra gli aspetti fisici e spirituali della vita.
Come ha scritto Nichiren: «Mutua inclusione tra un singolo istante di vita e tutti i fenomeni significa che la vita in ogni singolo istante abbraccia il corpo e la mente, l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti dei Dieci mondi e anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni: le piante, il cielo e la terra, fino al più piccolo granello di polvere. La vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni e si manifesta in ognuno di essi».
https://www.sgi-italia.org/unicita-di-corpo-e-mente/


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