I nove livelli di coscienza
La
teoria buddista delle nove coscienze è un sistema psicologico che è
spesso stato paragonato al lavoro pionieristico dello psicologo
svizzero Carl Jung, che postulò un “inconscio collettivo” di
ricordi comuni a tutti gli esseri umani. Questi ricordi provengono
dal lontano passato e contengono immagini archetipiche che ricorrono
in tutte le culture e sono state trasmesse fin dai tempi preistorici.
Il concetto junghiano di inconscio collettivo è analogo all'ottavo
coscienza (la coscienza alaya) della teoria buddista, che funge da
deposito per i ricordi accumulati dalle prime sette coscienze e che
sopravvive dopo la morte.
L’insegnamento
buddista definito come principio delle Nove coscienze offre la base
per una comprensione totale della nostra vera identità. Aiuta
inoltre a spiegare come il Buddismo vede l’eterna continuità della
vita attraverso i cicli di nascita e morte.
Questo
punto di vista sull’essere umano è frutto di migliaia di anni
d’intense indagini introspettive sulla natura della coscienza.
Storicamente si fonda sui tentativi di sperimentare e spiegare
l’essenza dell’Illuminazione ottenuta circa 2500 anni fa da
Shakyamuni in India.
Le nove coscienze possono essere
considerate come diversi strati di consapevolezza che costantemente
operano insieme per creare le nostre vite. La parola
sanscrita vijnana,
che viene tradotta come “coscienza”, include un’ampia gamma di
attività, come le sensazioni, le cognizioni e i pensieri coscienti.
Le
prime cinque coscienze si riferiscono ai sensi della vista,
dell’udito, dell’olfatto, del gusto e del tatto. La sesta è la
funzione che, identificando quanto i nostri cinque sensi ci
comunicano, integra ed elabora i vari dati sensoriali per formare un
quadro d’insieme o pensiero. È soprattutto attraverso queste sei
funzioni vitali che conduciamo le nostre attività quotidiane.
A
differenza dei primi sei livelli rivolti verso il mondo esterno, la
settima coscienza è diretta verso la propria vita interiore ed è
largamente indipendente dagli stimoli sensoriali. Sede del pensiero
astratto, è alla base del nostro senso di identità individuale:
l’attaccamento alla propria persona come un sé distinto e separato
dagli altri ha la sua base in questa coscienza, così come la nostra
percezione di ciò che è giusto e sbagliato. Nell’ottava coscienza
– nota anche come coscienza “deposito” secondo una definizione
cinese – risiede l’energia del nostro karma. La moderna
psicologia la chiamerebbe inconscio: tutte le esperienze del presente
e delle esistenze passate – generalmente chiamate karma – sono
conservate qui. Questa coscienza accoglie gli effetti delle azioni
buone e cattive, immagazzinandoli come potenzialità karmiche.
Mentre
le prime sette scompaiono alla morte, l’ottava coscienza persiste
attraverso i cicli di vita attiva e di latenza della morte. Può
essere vista come il fluire continuo della vita che sostiene le
attività delle altre coscienze. Le esperienze descritte da coloro
che hanno sperimentato uno stato di morte clinica e sono tornati in
vita potrebbero essere considerate esperienze al confine tra la
settima e l’ottava coscienza.
La comprensione di questi
livelli di coscienza e l’interazione tra di essi potrebbe far
nascere importanti intuizioni sulla natura della vita e del sé, che
potrebbero poi diventare indicazioni per trasformare alcuni problemi
fondamentali dell’umanità.
Secondo
gli insegnamenti buddisti, nella settima coscienza sono profondamente
radicate alcune illusioni riguardo alla natura del sé. Queste
derivano dal rapporto tra il settimo e l’ottavo livello di
coscienza e si manifestano come un’istintiva tendenza all’egoismo.
Gli
insegnamenti buddisti descrivono il settimo livello come emergente
dall’ottava coscienza: è infatti basato sull’ottava coscienza
dell’individuo, che viene percepita come qualcosa di fisso, unico e
indipendente dal resto. In realtà, l’ottava coscienza scorre in un
flusso continuo. A questo livello le nostre vite interagiscono
costantemente con tutte le altre, esercitando una profonda influenza
reciproca. Per questo motivo è falsa la percezione di un sé fisso e
isolato creata dalla settima coscienza.
Nella
settima coscienza risiede anche la paura della morte: l’incapacità
di percepire la vera natura dell’ottava coscienza come un
incessante flusso di energia vitale fa pensare erroneamente che
questa coscienza scompaia con la morte.
L’illusione
che l’ottava coscienza sia il vero sé e il non sentire il legame
con tutti gli altri esseri viventi è definita dal Buddismo
“ignoranza fondamentale”. È questo senso di separazione e
isolamento dagli altri che dà origine alle discriminazioni,
all’arroganza distruttiva o a un’avidità sfrenata. Anche la
devastazione umana dell’ambiente naturale è un’altra conseguenza
gravissima di tale ignoranza.
Il
Buddismo presuppone che i nostri pensieri, le parole e le azioni
lascino sempre un’impronta nell’ottava coscienza: questo è ciò
che i buddisti chiamano karma. L’ottava coscienza è perciò
talvolta definita “deposito” del karma, il luogo dove questi
“semi” karmici vengono “accumulati”. Questi semi di energia
latente possono essere positivi o negativi e l’ottava coscienza
rimane neutra e pronta a ricevere qualsiasi tipo di impronta karmica.
L’energia diventa manifesta quando le condizioni sono mature. Le
cause latenti positive si possono manifestare sia come effetti
positivi nella propria vita sia come funzioni psicologiche positive
quali fiducia, nonviolenza, autocontrollo, compassione e saggezza. Le
cause latenti negative possono manifestarsi in varie forme di
illusione e comportamento distruttivo causando sofferenze a se stessi
e agli altri.
Anche
se l’immagine del magazzino è efficace, sarebbe però più fedele
quella di un impetuoso torrente di energia karmica. Questa energia è
in costante movimento nella nostra vita e la modella improntando le
nostre esperienze. I nostri pensieri e le azioni risultanti hanno a
loro volta un riscontro in questo flusso karmico. La qualità del
flusso karmico è ciò che ci distingue da tutte le altre persone,
che costruisce il nostro peculiare sé. Il flusso di energia cambia
continuamente, ma – come un fiume – mantiene la sua identità e
coerenza anche attraverso i successivi cicli di vita e morte. È
quest’aspetto di fluidità, quest’assenza di stabilità, che apre
la possibilità di trasformare il contenuto dell’ottava coscienza.
Ecco perché il karma, propriamente inteso, è diverso da un
invariabile o inevitabile destino.
Il
problema è quindi “come” possiamo aumentare il bilancio del
karma positivo. Questa è la base delle diverse forme di pratica
buddista che cercano di porre cause positive nelle nostre vite.
Quando si entra in un ciclo di cause ed effetti negativi, però, è
difficile non produrre ulteriori cause negative, ed è qui che
possiamo rivolgerci al più fondamentale livello di coscienza, la
nona.
Essa
può essere considerata come la vita stessa dell’universo. Viene
anche definita la coscienza fondamentalmente pura. Questa coscienza
non viene influenzata dal karma, e rappresenta il nostro vero eterno
sé. L’aspetto rivoluzionario del Buddismo di Nichiren Daishonin
consiste nel fatto che mira ad attingere direttamente dall’energia
di questa coscienza – la natura illuminata del Budda –
purificando in questo modo gli altri livelli più superficiali. Il
grande potere della nona coscienza può far scaturire cambiamenti
anche dal karma negativo più radicato nell’ottava coscienza.
Poiché l’ottava coscienza trascende i confini dell’individuo,
fondendosi con l’energia latente della propria famiglia, gruppo
etnico, e anche con quella di animali e piante, un cambiamento
positivo in questa energia karmica diventa un “ingranaggio” per
agire in modo benefico anche nelle vite altrui.
Come
scrive il presidente Ikeda: «Quando attiviamo questa coscienza
assolutamente pura, l’energia di tutto il karma buono e cattivo
della vita è diretto verso la creazione di valore; e la mente o
coscienza dell’umanità viene pervasa dalla corrente vitale di
compassione e saggezza». Il Daishonin identificò la pratica della
recitazione di Nam-myoho-renge-kyo come il mezzo fondamentale per
attivare la nona coscienza nell’esistenza di ogni persona.
Quando
i primi otto livelli di coscienza si trasformano grazie all’azione
del nono, ognuno di essi dà vita a forme uniche di saggezza. La
saggezza inerente all’ottava coscienza ci permette di percepire noi
stessi, la nostra esperienza e altri fenomeni con grande chiarezza e
di apprezzare profondamente i legami e l’interdipendenza di tutte
le cose.
Quando le illusioni radicate nella settima coscienza
vengono trasformate, l’individuo diventa capace di superare la
paura della morte, come anche l’aggressività e la violenza che da
essa derivano. Sorge quindi una saggezza che percepisce la
fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri viventi e l’eguale
rispetto da attribuire ad ogni singola entità vivente.
È
proprio di questa saggezza di cui c’è assolutamente bisogno al
giorno d’oggi nel mondo.
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