Era notte e...pioveva
Aprii
gli occhi ; era notte e pioveva. Annaspai colle mani e sentii una
viscida melma. Il gorgoglio dell’acqua, ed il lamento degli alberi
curvi sotto la sferza del vento : nulla più. Allora ricordai. Il
fulmineo combattimento. Il grido di morte ; tutto ricordai. Vidi
Giorgio Fantini cadere ; anch’io caddi. Poi più nulla. Palpai con
la mano il ginocchio sinistro e sentii un acuto dolore che mi fece
stringere i denti per trattenere lo spasmo. Slacciai la mollettiera,
il che mi fece bene. Uno shrapnell passò rapido, fischiando. Benché
la pioggia mi fustigasse la faccia, benché il mio corpo fosse
inzuppato fino al midollo, soffrivo un caldo terribile ; la fronte mi
bruciava, avevo la gola arsa. E avevo la febbre. Non so quanto tempo
restai così ; sentivo però che una grande debolezza seguita da una
lenta sonnolenza s’impadroniva del mio corpo. Tentai più volte di
sollevarmi, ma non potevo, mi sembrava di essere inchiodato in quella
palude mortale…….Mi parve di percepire un fruscio, come di un
corpo mosso ; mi voltai e scorsi un’ombra strisciante che,
goffamente, veniva verso di me. Un’altra vita che scompare,
un’altra giovinezza recisa, pensai. L’ombra mi fu vicina : la
riconobbi : era Giorgio Fantini! “chi sei?” mi disse toccandomi
il viso. “Sono io, Giorgio ; non mi riconosci? Sono Alberto”. Mi
toccò tutto il corpo, il collo, il volto, con le mani tremanti e
lorde “sei ferito?” mi chiese. “Si : ho un ginocchio che mi fa
soffrire terribilmente. E tu? Con la voce rotta da un singhiozzo mi
rispose : “non ci vedo più, Alberto….”. strisciandomi mi feci
vicino, gli presi una mano. “coraggio” gli dissi. Non rispose. Lo
scossi : nulla. Era svenuto, forse morto. Nella mia mente
febbricitante, cose fantastiche, diaboliche, multicolori, si
sovrapponevano l’una sull’altra. Reclinai la testa ; svenni.
Sentii fresco intorno a me. Era il fresco delle lenzuola pulite di un
letto. Silenziose, quasi fuggenti, delle ombre bianche mi passavano
dinnanzi. Quasi non le scorgevo. Avevo gli occhi semichiusi. Sentivo
la pace, la quiete. Girai lo sguardo attorno smarrito e vidi, in un
letto accanto, un viso avvolto in panni bianchi. Un uomo coperto da
una tunica bianca, mi si avvicinò sorridendo. “Chi è ?” gli
chiesi, additando il mio vicino. Si volse, poi mi porse una piastrina
di riconoscimento. Era Fantini!....Più con lo sguardo che con la
bocca volli sapere. Il dottore si toccò gli occhi.
Impallidì……”Coraggio” mi disse, “ Ora tocca a voi
!...........
Racconto
di Paolo Rallo
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