E' possibile realizzare i propri sogni senza essere ossessionati?

Avere un sogno è una cosa meravigliosa e per niente scontata: coltivare o meno i nostri sogni è il barometro che misura la nostra crescita come esseri umani. 
Ci vuole coraggio per sognare, e una costante determinazione per continuare a farlo.
A pensarci bene, ogni giorno possiamo scegliere di vivere prendendo ciò che viene dalla vita, oppure possiamo sfidarci a realizzare ciò che desideriamo per la nostra vita.
Ma perché talvolta i nostri sogni diventano un’ossessione che invece di farci sentire motivati e soddisfatti, generano in noi sofferenza? Se il nostro sogno ci fa soffrire è forse meglio smettere di inseguirlo?
Sappiamo bene che chi rinuncia ai propri sogni avrà dei rimpianti e si lamenterà di vivere una realtà che non ha scelto, in cui si sente costretto a stare. Come è possibile allora realizzare i propri sogni senza esserne ossessionati?
Ci sono due aspetti da considerare.
Innanzitutto, soffriamo per un sogno che non si è ancora realizzato perché a un certo punto perdiamo la fiducia. Perché dubitiamo. Il dubbio ci fa tentennare: quel sogno ha abbastanza valore? Sarò in grado? È giusto lottare così tanto per realizzarlo? Ne sono troppo attaccato? Il “tentennamento” causa preoccupazione e sofferenza. Al contrario, sostituire al dubbio la fiducia e la determinazione, farà emergerà chiaramente se quel sogno è “giusto” e se crea valore per noi e per gli altri.
Il secondo aspetto da considerare è che la determinazione di perseverare verso i sogni non dovrebbe mai limitare la nostra libertà. In parole povere, se la nostra felicità dipende dal nostro sogno, ed è quindi “incatenata” a una situazione, quello stesso sogno, ci porterà sempre a soffrire, a non sentirci mai liberi e felici.
Il Buddismo nasce allo scopo di risvegliare ogni persona a uno stato di libertà assoluta attingendo al grande stato vitale del Budda che è innato in noi. Non esiste una fede indipendente in cui si prega per chiedere sostegno a un potere esterno. La fede nel Buddismo consiste nella lotta di credere nel proprio innato potenziale.
Recitare Nam-myoho-renge-kyo è una battaglia contro l’oscurità fondamentale o ignoranza che cela la verità secondo cui noi stessi siamo dei Budda. Perciò richiede una seria dedizione. Recitando daimoku possiamo vincere i nostri dubbi e rompere il guscio del nostro piccolo io. Nam-myoho-renge-kyo è il potere fondamentale che può trasformare anche il dolore in una fonte di creatività […]. La nostra pratica di recitare Nam-myoho-renge-kyo è una lotta per tornare al nostro vero io originale e far emergere la forza vitale innata che possediamo dal tempo senza inizio, raccogliendo una fede profonda e pregando con determinazione.
Daisaku Ikeda, Ai miei cari amici del Gruppo Giovani, Esperia, p. 22


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