Monte Cauriol e la battaglia per il suo possesso: 23 – 27 agosto 1916

I
l Cauriol divenne per il comando asburgico una posizione di assoluto valore strategico. Una preziosa specola dalla quale controllare tutti i movimenti dell’avversario e le cui vicende belliche hanno inizio con la costruzione delle prime opere difensive imperiali nella primavera del 1915, quando le ostilità erano solamente presagite. Inserito nel più ampio contesto difensivo delle Fassaner Alpen, il monte Cauriol, con le attigue cime del Cardinal e della Busa Alta, fu nel 1916 il teatro di un’incredibile guerra d’aquile che ebbe come protagonisti le truppe da montagna di entrambi gli eserciti, ma anche fanti provenienti dalle regioni meridionali della penisola italiana, dalla Bosnia-Erzegovina o dall’Ungheria. La genesi delle operazioni contro il Cauriol è da ricercare nelle aspirazioni dei regi comandi di ottenere quei successi che fino alla primavera del 1916, nonostante le ottimistiche previsioni anteguerra, erano palesemente mancati. Sollecitato dall’ambizione di ricacciare sulle posizioni di partenza le forze austro-ungariche, dilagate ben oltre i “sacri confini” della patria durante la Strafexpedition, l’esercito italiano schierato sul fronte del Trentino e del Cadore, operò nell’estate del 1916 una massiccia e vasta (troppo vasta) controffensiva che per la prima volta dall’inizio della guerra coinvolse parzialmente anche le Alpi di Fassa. Uno sfondamento sul lato sud-est delle difese asburgiche, se ben alimentato, avrebbe infatti potuto minacciare il cuore del Tirolo di lingua italiana ed il raggiungimento della Valle dell’Adige, da parte delle regie unità, avrebbe costretto i comandi imperiali ad ordinare l’abbandono dell’intero Trentino. In realtà, le aspirazioni sul fronte giulio da parte del comandante di stato maggiore, generale Luigi Cadorna, fecero si che l’attacco contro il Lagorai orientale si riducesse ad una serie di operazioni delimitate nel tempo e nell’intensità.
Ad una prima fase operativa, concentratasi soprattutto attorno ai valichi di San Pellegrino, Valles e Rolle, dove i bersaglieri riuscirono ad espugnare l’aguzza vetta del Colbricon, ma la fanteria non ottenne successi risolutivi su Cima Bocche ed in Val Travignolo, ne subentrò una seconda che si condensò principalmente nell’alto Vanoi. È in quest’ultima che il Cauriol, ma soprattutto gli uomini che vi combatterono, salirono alla ribalta delle cronache. Lo fecero inaspettatamente gli alpini del battaglione Feltre che, coadiuvati dai commilitoni del Monrosa, nello stupore più assoluto, furono capaci dopo quattro giorni di aspra lotta, ad occupare la vetta del monte. Ma, a quasi cento anni di distanza, possiamo affermare che vi riuscirono anche i soldati ruteni ed austriaci che, al comando del tenente viennese Oskar Kurt Schmilauer, difesero ad oltranza la posizione loro affidata. Fu proprio l’attacco al Monte Cauriol, in seguito al fallimento dell’azione principale contro le cime di Cece e Valmaggiore ed i valichi omonimi, a dare agli italiani l’unica affermazione importante nella cruenta offensiva contro i bastioni porfirici della Alpi di Fassa. Un assalto che tuttavia non aveva ragioni di essere risolutivo, dal momento che secondo gli ordini impartiti dai regi comandi, l’azione contro “(…) una cima tanto ardua” doveva essere solamente dimostrativa. Quel tanto che bastasse da distogliere l’attenzione degli austro-ungarici dall’obiettivo prioritario. L’impresa contro il Cauriol avvenne con due colonne d’assalto. La prima, composta dal Monrosa e da alcune compagnie di fanteria, puntò alla vetta risalendo il costone sud-orientale; la seconda, costituita dal Feltre, aggredì il monte inerpicandosi lungo il ripido versante sud-ovest. Ma la marcia di avvicinamento all’obiettivo fu lunga, complessa e sino all’ultimo momento, nessuna delle due unità alpine, fu informata circa l’esatta meta di quella che inizialmente fu spacciata come una misteriosa esplorazione nella terra di nessuno tra l’alta Val Cia e la cosiddetta Regione colli (sud delle cime Cupolà e Litegosa). Si temeva forse che l’accidentale cattura da parte avversaria di qualche alpino o fante avrebbe potuto rivelare anticipatamente le reali intenzioni del comando italiano. In realtà tutto procedette secondo i piani ed alla sera del 23 agosto le avanguardie erano pronte all’attacco, acquattate nel fitto bosco di conifere ai piedi del Cauriol, presso Malga Laghetti. Le unità imperial-regie di stanza a Passo Sadole e sulle posizioni circostanti non si erano accorte praticamente di nulla, salvo l’aver notato e tormentato con qualche fucilata, il movimento del Feltre che nei giorni precedenti si stava trasferendo da Forcella Magna al Vallone Laghetti, passando per Malga Cupolà. In qualche modo l’ammassamento delle regie unità (Nucleo Ferrari) incaricate di assalire il tratto di fronte compreso fra Cima Cece e Cima Valmaggiore, aveva celato le sinistre manovre degli alpini effettuate all’ombra del Cauriol e la 55ª brigata da montagna asburgica non si attendeva di certo un attacco al monte. Le prime avvisaglie che qualcosa di serio stava bollendo in pentola si ebbero proprio nella notte sul 24 agosto, quando una pattuglia alla guida del tenente Schmilauer, comandante del presidio di vetta, s’imbatté nelle avanguardie degli alpini del Monrosa che lentamente si stavano avvicinando alle linee difese dai soldati del 49 reggimento di fanteria “Barone von Hess”. Il dado era ormai tratto e le penne nere, ormai scoperte, iniziarono senza indugio la loro marcia verso gli obiettivi che nel frattempo erano stati ben definiti dai comandi superiori. Iniziava in questo modo, quella che per la storiografia e la propaganda militare italiana sarebbe divenuta la battaglia più celebre delle Alpi di Fassa. Una sfida che portò alla conquista del monte da parte degli alpini del Feltre ed alla successiva epica guerra per il possesso delle vette circostanti. Cardinal e Busa Alta in particolare. Per ben tre giorni e tre notti, dal 23 al 27 agosto, la battaglia infuriò violenta sui versanti meridionali del monte e sulla vetta, avvinghiata per lunghi periodi da una densa cappa di polvere, generata dallo scoppio terrificante dei proiettili d’artiglieria e solcata dalle raffiche mortali delle mitragliatrici. Poveri soldati, austriaci, italiani e ruteni, furono accomunati da un unico tremendo destino, per il possesso di un fazzoletto di terra strategicamente insignificante, ma fondamentale secondo le tattiche in auge in quel drammatico frangente bellico. Alle 19,50 del 27 agosto 1916, la vetta del Cauriol cadeva in mano ai resti di uno sfinito plotone del Feltre che, in un ultimo disperato e sanguinoso sacrificio, riuscì a scacciare l’ormai esiguo presidio avversario. Una forza composta da pochissimi e laceri sopravissuti, al comando dell’intraprendente (ferito alla testa) tenente Schmilauer che, in un estremo sforzo di difesa, lanciò contro gli italiani le ultime bombe a mano prima di darsi alla fuga lungo la dirupata cresta occidentale, in direzione di Passo Sadole. Le riserve accorse in ritardo riuscirono solamente ad attestarsi su un frastagliato sperone roccioso ad ovest del Cauriol (quota 2396). Sommità che in seguito prese il nome Piccolo Cauriol. A nulla servirono, se non ad allungare la lista dei morti e dei feriti, i tentativi dei giorni seguenti da parte delle unità imperial-regie, rafforzate dai prestigiosi Landesschützen (le truppe da montagna dell’esercito asburgico), di rioccupare il monte. Il Cauriol rimase sino alla sconfitta italiana di Caporetto, in mano agli alpini.
Università Popolare di Mestre – La battaglia del monte Cauriol

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  1. Dopo tanti anni dedicati alla sistemazione dei sentieri a sud del Cauriol ora e' sempre in vista: www.caoriacam.altervista.org

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