La conquista di Col Faiti
Il
Faiti è un’altura dell’altipiano carsico, collocata a metà
strada circa tra il corso del fiume Vipacco e l’abitato di
Kostanjevica (Castagnevizza in italiano). Dopo la sesta battaglia
dell’Isonzo era divenuto il caposaldo della difesa austriaca a est
del Vallone.
La
sua conquista da parte delle truppe della 45a Divisione (XI C.d’A.,
3a Armata) fu forse il più rilevante risultato della nona battaglia
dell’Isonzo.
All’alba
del 1° novembre 1916 la divisione aveva in linea tre brigate. Da
sinistra a destra: la Toscana (Reggimenti 77° e 78°), la Lombardia
(Reggimenti 73° e 74°), la I Bersaglieri (Reggimenti 6° e 12°).
Davanti ad esse stavano le alture del Veliki (m 343) e del Pecinka (m
291). In riserva divisionale stava la Brigata Trapani (Reggimenti
144° e 149°).
Il
Generale Giuseppe Venturi, comandante della Divisione, alle 11 fece
attaccare le tre Brigate contemporaneamente su tutto il fronte: la
Toscana doveva puntare sul Veliki; la Lombardia e i Bersaglieri
dovevano avanzare sul versante settentrionale del Pecinka.
La
Brigata Toscana superò le difese austriache malgrado l’accanita
resistenza. Alle 12,30 il 73° Reggimento della Brigata Lombardia
conquistò il nodo stradale tra il Veliki e il Pecinka, che il nemico
aveva organizzato a caposaldo. Contemporaneamente il 74° Reggimento
occupò una posizione tra quota 376 e quota 308 del Pecinka.
Quest’ultima posizione era conquistata alle 12,40 dal 12°
Reggimento Bersaglieri.
L’avanzata
della Divisione era stata bene appoggiata dal tiro delle batterie da
campagna e da montagna, seguendo i dischi bianchi portati dalle
truppe più avanzate, le quali, continuamente alimentate da nuove
forze, furono in grado di eliminare rapidamente le successive
resistenze avversarie. La Brigata Trapani s’era intanto portata
sulla prima linea austriaca ora superata, e alle 15,15 il generale
Venturi ordinò alle truppe di sistemarsi sulla linea raggiunta per
riprendere l’avanzata contro la linea di Castagnevizza alle 16,30.
Ma la stanchezza delle truppe e l’ora ormai tarda, data la
stagione, indussero a rinviare l’azione al giorno dopo.
Nella
notte tra il 1° e il 2 novembre gli austriaci scatenarono un
autentico uragano di fuoco contro le posizioni conquistate dagli
italiani e intorno alle 4 antimeridiane contrattaccarono in forze. I
reparti italiani resistettero e mantennero le posizioni. La Brigata
Toscana con una brillante manovra riuscì a circondare i reparti
nemici, catturandoli. Nelle mani dei suoi due reggimenti rimasero
circa 1500 prigionieri, fra i quali il comandante della 55a Brigata
di fanteria austro-ungarica con tutto il suo stato maggiore, e
un’intera colonna di rifornimenti.
Secondo
gli ordini emanati nel pomeriggio del 1° novembre dal Comando della
45a Divisione, la Brigata Toscana doveva dirigersi contro la
posizione di quota 432 del Faiti, la Brigata Lombardia e la Brigata
Bersaglieri rispettivamente contro quelle a nord e a sud di quota
378.
Il comandante
della Brigata Toscana, generale Francesco Gagliani, mosse su tre
colonne le quali riuscirono, con uno slancio che pare encomiabile
anche a cento anni di distanza, a sopraffare la resistenza austriaca
e verso le quattro del pomeriggio conquistarono la posizione di quota
432 del Faiti, la più importante. Le ricognizioni spinte verso la
quota 464 constatarono però che gli austriaci avevano lì realizzato
una nuova linea di resistenza in piena efficienza.La Brigata
Lombardia avanzò sopra il costone a sud del Faiti anch’essa sino
alla quota 432 e si fermò per l’impossibilità di procedere contro
la nuova linea austriaca senza adeguata preparazione di artiglieria.
La Brigata Bersaglieri si fermò sulla linea tra quota 319 e quota
278. Al calar della sera del 2 novembre 1916, la 3a Armata aveva
fatto progressi sull’Altipiano carsico a nord della rotabile di
Castagnevizza; verso sud, invece, la resistenza austriaca si era
rivelata tenacissima e aveva in gran parte conservato le posizioni.
Sull’intero fronte di battaglia l’avanzata raggiunse la
profondità di 3 km su 5 e mezzo di ampiezza. Furono catturati circa
3600 prigionieri, 3 cannoni e notevoli quantità di materiali.
Corso
di storia storia Contemporanea – Università Popolare di Mestre,
doc. Fusaro Franco
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