Un turbine di pietre e ferro

«2 Agosto 1915. Nel pomeriggio sono salito sopra il forte incompiuto di Campomolon; 1.855 metri sopra il mare. È nebbia, ma un colpo di vento offre d'un tratto ai nostri occhi, quasi sfacciatamente, il più imponente spettacolo di praterie, di boschi, di scintillanti lontane Dolomiti [...] La nebbia ritorna, quando d'improvviso un urlo immenso angoscioso, terrificante, sopraggiunge e si prolunga, si estende e si avvicina, sempre più forte, sempre più rabbioso, crudele, feroce; e mentre l'aria tutta intorno ne trema, e il cuore sospende i suoi battiti e il petto trattiene il respiro, e gli occhi si aprono trasognati al terribile prodigio, l'urlo ha tempo di finire in uno schianto e in LUI nembo, e dallo schianto e dal nembo si sprigiona un turbine di polvere, di pietre di ferro onde l'aria resta a lungo oscurata e una pioggia di innumerevoli schegge si irradia e discende quasi dolcemente per ampio raggio all'intorno. È il 305. Monte Coston ha dato l'allarme. Tutti corrono a ripararsi all'osservatorio, ma non in tempo prima die una secondo colpo, meglio diretto, sventolando sopra il capo, non butti a terra gli uomini come fuscelli [...] Subentra un silenzio di morte. Frattanto il tenente Cabib, del 1° artiglieria, mi spiega che ogni colpo da 305 costa 3 mila lire e pesa 420 chilogrammi. Arriva il quinto colpo che ostruisce la bocca dell'osservatorio [...] Arriva l'ottavo colpo, l'ultimo se Dio vuole! Basta per oggi. L'Austria ha speso così 24 mila lire o corone che siano senza nessun risultato. Ma confesso che il 305 sentito per la prima volta e senza la dovuta preparazione d'animo, toglie il respiro».
Luigi Gasparotto, fante

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