I primi giorni in trincea Polazzo, Fogliano Redipuglia (GO) il 9 novembre 1915
Venni fuori dalla trincea e vedendo che tutti prendevano le cose filosoficamente, feci coraggio anch'io. Si bevve il caffè e, ora che scrivo, sono le 8 di mattina. Il cannone tuona da tutte le parti. Il tempo è bello e noi siamo al sole, vedendo però i feriti che portavano giù dalle prime trincee.
Era momento di adunata, Eccoci alla presenza di una degradazione di un Caporale. Nel mentre che il Maggiore parlava, una palla nemica manca poco che lo ferisca; ma impavido continuò.
Poi il rancio: bocconi amari, fra il rombo continuo del cannone e diversi scoppi di granata sul nostro posto, avvistato prima da un aeroplano nemico.
Ore 10: gran vista di aeroplani italiani sopra il nemico. Perseguitati da bombe aeree ma loro impavidi continuano il loro volo sicuro.
Ore 12: sono seduto sopra il ricovero della fureria della mia Compagnia. Il cannone fa l'inferno, le palle fischiano sopra, ma ormai ci siamo abituati. Proprio in questo momento una cannonata nostra fece tremare la terra. Tempo bello.
Ore 1: momenti di riposo per tutto il fronte dei "Tre Busi" (Sei Busi, Ndr) finché si giunse a sera.
Ecco che al calar della notte una fucileria d'inferno.
Comincia a piovere e per mia disgrazia dovetti stare tutta la notte seduto sullo zaino. Che martirio! Piansi, pregai e le palle fischiavano attorno a noi e non sì poteva uscire dal covo.
Finché venne mattina: un bombardamento per tutto, cannonate, shrapnel, bombe urlavano! Ci si preparava per un'avanzata.
10 novembre
Spaventoso! Eccolo! È mio desiderio scrivere a Beniamino Tasinato che in caso di mia morte faccia celebrare 24 messe per me, più un'aggiunta pel papà e la mamma. Direzione: Beniamino Tasinato Battaglia Prov. Padova. Scrive Bodon Domenico soldato 124° Fanteria 10^ Compagnia.
Si giunse a sera, non si parti; nello stesso tempo, continuando a piovere, chiesi alloggio al mio caro amico Bellini e la notte la passai con lui abbastanza bene.
Nel mentre si dormiva, chiamiamolo dormire, un compagno del 121°, toscano, venne alle 2 di notte chiedere un posto, essendosi smarrito. Fu accolto, poverino, tutto bagnato, pieno di fame, senza berretto sotto alla mantellina.
11 novembre
Al mattino, nel momento che scrivo gli shrapnel urlano dappertutto e da sotto la nostra capanna, dove piove a dirotto, si vede, si sente di tutto. Da invocare Iddio che metta un freno a questo disastro. Per ora è quieto, ma si è sempre col cuore in angoscia per aspettare da un momento all'altro il nostro turno. Speriamo nel buon Dio!
Poi si uscì e chiesi al toscano del 121° cosa gli occorresse e gli diedi il mio berretto da riposo; un mio amico gli diede del pane, e un po' di cioccolata che tenevo gliela passai; lui la divorò; poi feci parte del mio caffè e lo condussi nella cantina da campo, gli feci prendere due bicchieri di anice per dargli coraggio; poi si consegnò ai Carabinieri per essere portato al suo posto.
Sono le 2 dopo pranzo, si mangia il rancio e poi: eccoci chiamati a partire.
Dico il vero: la morte subito mi sarebbe stata buona. Difatti alle 5 di sera ci si arma e, dopo una raccomandazione di silenzio, ci si avvia. Oh, Dio! Che calvario! Questo stuolo viaggiava silenzioso sotto le palle nemiche finché si arrivò alla terza linea.
Sono le 8: un'oscurità spaventosa; ogni tanto si alzavano dei loro raggi e allora a terra tutti, in mezzo al fango. Poi su e avanti. Guardai da sopra e vidi il mare. Continuando il nostro passo ci si bagnava fino alle ginocchia di un fango rosso, lo vidi poi, e si giunse fra i primi trinceramenti avanzati. Disgrazia volle di essere veduti e allora cominciarono al nostro indirizzo le granate, gli shrapnel. Che spavento! Tutti a terra. Io, per grazia di Dio, mi trovai in una pozzanghera e mi gettai in quell'acqua e fango. Stemmo lì un'ora.
Quante cose mi passarono per la mente!
Da un momento all'altro una bomba-granata mi cadde vicino. Sentii solo un piccolo sasso venirmi addosso; un mio compagno fu gravemente ferito; ma poverino, dovette lo stesso venirci dietro.
Intanto dal canto nostro si levarono i riflettori. Che impressione! Parevamo tanti fantasmi che viaggiassero per il cielo. Questi segnavano alle nostre artiglierie il punto da colpire. Difatti il cannone cominciò; e allora avanti! Sarà stata mezzanotte. Le palle fischiavano. Avanti lo stesso! Io perdetti tanta della mia roba, ma il tempo non mi permetteva di fermarmi.
Finché si arrivò sul punto avanzato. Mi coricai nel fango assieme ad un compagno delle Marche e si stette ad aspettare la mattina.
12 novembre
Detti un'occhiata attorno senza muovermi per paura delle palle. Eravamo in una buca raffigurante un'arena. Nel mezzo di questa il cimitero e le trincee che guardavano verso il nemico erano tutti di sacchi di terra che facevano breccia al tiro nemico. Il fango poi, l'odore erano spaventosi!
Verso le 10 circa ci fu portato il rancio freddo. Io non mangiai, altro che bevetti una tazza di caffè e un po' di marsala. Poi in atto, ci siamo messi per prepararci una trincea per la notte. Ne presi una del centro e dentro trovammo di tutto: palle nemiche, nostre, coperte, mantelline che, solo a muoverle di lì, un odore da morire asfissiati. Nonostante ciò: avanti! E si giunse alla fine. Per buona sorte trovai una tavola: era infangata sì, ma piuttosto che nel fango puro, mi servi da letto. In che stati! Tutti infangati, parevamo, e sembriamo, tanti spazzacamini appena venuti giù dal camino.
Mi coricai insomma e non venni fuori che alla sera.
In tutto il giorno un bombardamento; poi, a sera, il finimondo. Proprio sopra alla mia tana passavano le palle di cannone della nostra artiglieria. Quanto spavento sentirle scoppiare; al di là tremava la terra. Il nemico rispondeva con le granate che per la maggior parte andavano a vuoto, scoppiando dalla parte opposta della nostra buca alzando sassi, terra, alberi. Continua questo lavoro fino a sera.
Io con i miei compagni di "tana" si disse il Rosario, poi tante altre orazioni finché venne scuro.
Che impressione dentro di me! Cominciò la fucileria del nemico e più pericoloso era uscire dalla trincea. Mangiai un poca di insalata e mi avvolsi nei panni infangati per dormire. Ma il sonno ormai mi ha abbandonato. A mezzanotte cominciò a piovere e di conseguenza bisognava star fermi e silenziosi. Ce la siamo presa tutta tanto che alla mattina del 13 ognuno si può immaginare il nostro stato.
dal diario di Domenico Bodon militare, 124° fanteria, brigata Chieti, soldato Battaglia (PD), 1881 / 1968
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