I cadaveri del Sei Busi - Monte Sei Busi, Ronchi dei Legionari (GO) il maggio 1916
Il
“Monte Sei busi” , alt. m.118, costituisce una delle tante
piccole quote del Carso meridionale, che scendono a picco sulla
pianura di Vermigliano dominandola completamente. Nel giugno del 1915
gli austriaci ne occuparono il ciglio meridionale in trincee
improvvisate, protette solo davanti da abbattute di alberi. Ignoro
quale sia stata la resistenza del presidio che le occupava e quali
difficoltà abbiamo incontrato i nostri per occuparle. Quel che è
certo è che a distanza di un anno quelle trincee embrionali e con le
relative abbattute erano ancora intatte e conservavano i cadaveri
allineati dei loro difensori tuttora vestiti ed armati di fucile. Le
posizioni deve essi si trovavano erano scopertissime e battute dal
tiro di infilata delle artiglierie nemiche; recarsi in essi di giorno
per raccogliere qualche cimelio di guerra significava esporsi a serio
pericolo. Solo di notte era possibile raggiungerle ma non senza
qualche rischio. Questo spiega benissimo come dopo circa un anno
quelle trincee avevano ancora la loro forma primitiva ed il macabro
presidio. Le nostre posizioni si svolgevano sull’orlo del margine
del Carso dominate ovunque da quelle austriache dominanti più in
alto, nel terreno più favorevole ad una buona difesa. La q. 118 del
Monte dei Busi, era neutra perché compresa fra le linee opposte.
Le
colline del monte erano tomba di numerosissimi cadaveri nostri ed
austriaci, frammisti, ricoperti con un po’ di terra e segnati con
due rami di pino, uniti a croce, portanti l’indicazione del numero
e della nazionalità di essi.
La
zona neutra e la quota 118 [risultava] essere ricoperta di cadaveri
dell’offensiva dell’ottobre-novembre 1915. Osservando bene si
notavano, fra i resti delle uniformi, le mostrine delle diverse
brigate, il che provava quale ecatombe di fanti abbia causato la
insistenza di attaccare a qualunque costo le formidabili posizioni
nemiche.
Le
stesse nostre trincee erano costituite di pietrame, fanti a terra e
di cadaveri. Nelle ore più calde delle giornate (eravamo di maggio)
colava lungo le scarpate di esse un liquido nerastro proveniente dai
corpi in putrefazione. In breve tutto il Monte dei Busi era un
carnaio umano: la terra del monte era un conglomerato di sassi, di
proiettili, di ossa e di altri residui umani.
Col
sopravvenire della calda stagione, per ragioni di igiene, non sarebbe
assolutamente stato possibile vivere in una posizione infetta dai
miasmi irrespirabili. Reparti di linea si preoccuparono del grave
inconveniente che non di avere ripercussioni anche sullo spirito dei
nostri soldati, e provvederono come meglio potettero ad epurare il
macabro campo di battaglia. Molto facemmo al riparo delle nostre
trincee, sistemando più igienicamente ed umanamente le salme dei
caduti, ma molto ci rimaneva ancora da fare per lo sgombero dei
cadaveri giacenti fra le opposte linee. Si trattò di sistemarli di
notte, ma il compito era estremamente pericoloso perché di notte, la
quota 118, era la meta preferita dai tiri nemici, tiri continui,
intensi, efficaci. Molti portaferiti furono colpiti nel compiere il
pietoso servizio, e seguendo le prescrizioni. I nostri uomini muniti
del distintivo di portaferiti, disarmati e con le barelle, uscivano
dalle nostre linee e tentavano di ritirare i cadaveri. Molte volte
gli austriaci, interessati come noi dall’epurazione della zona,
lasciavano fare; qualche volta per spirito malvagio fecero fuoco sui
portaferiti e ci costrinsero a desistere.
Lo
sgombero fu però lungo e difficoltoso ma lo portammo a termine
cercando compagni di dare licenze premio ai soldati che si offrivano
per il pericoloso lavoro. Il mio reggimento oltre [all’urgente] ed
improrogabile operazione igienica, occupò e fortificò con metodica
e paziente avanzata l’intera quota 118 che fu inclusa nelle
nostre linee. Il nemico reagì alquanto allarmato dai lavori, ma a
fatto compiuto, perché in realtà il nostro progresso non riformava
il valore difensivo delle sue posizioni. Nel frattempo si avvicinava
la terza decade di Maggio, l’opera della “Strafe expiditionen”
in Trentino, la quale, per necessità contingente, portava al 2°
piano l’importanza del fronte carsico.
Dal
diario di Arturo Busto militare, 88° reggimento fanteria, brigata
Friuli. Stato Maggiore 45^ divisione, capitano
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