Tra una fucilata e l'altra
Tra
i passatempi del fante in trincea c'era la raccolta dei bossoli, poi
usati come una sorta di amuleti oppure custoditi per essere poi
utilizzati come cimeli: “Lungo la trincea è tutto un picchiettare
sui bossoli delle granate esplose, per ricavarne i braccialetti di
rame da portare ai paesi...” Bisogna dire che la pratica dei
bossoli nacque da subito, dalla convinzione che la guerra sarebbe
stata molto breve. Da qui la voglia di portarsi un ricordo. In
seguito tale operazione fu sollecitazione dagli enti preposti alla
produzione bellica ed ai rifornimenti dell'esercito. Per incoraggiare
il recupero di bossoli schegge di granate materiale di ferro o armi
inservibili furono anche previsti premi in denaro. Altro momento di
svago all'interno della trincea fu quello del fumo. Fumare
all'interno dello scavo era quasi impossibile di notte, ma di giorno
concedersi una buona sigaretta o un buon sigaro era morivo di
conforto per il soldato; con questo gesto il fante ritrovava
abitudini della vita lasciata alle spalle, di contro, per gli
accaniti fumatori non averne a disposizione li faceva cadere in vere
e proprie crisi. Il tabacco divenne un “bene” prezioso, tanto che
in La Tradotta i soldati gli dedicarono una poesia.
I
fanti amavano anche giocare a carte. Dalle testimonianze dei vari
reduci, troviamo scritto che molti furono i mazzi di carte (magari
per giocarsi una sigaretta) che giravano in trincea. La diffusione di
tale gioco era facilitata dal fatto che le carte potevano essere
tranquillamente messe dentro qualche tasca dell'uniforma. Con esse, i
fanti amavano giocare a sette e mezzo. A questo punto però sorgeva
un problema: all'epoca (come oggi) le carte cambiavano da regione a
regione, quindi poteva accadere che un soldato veneto non riuscisse a
capire le figure rappresentate su un mazzo di carte napoletane. Altro
gioco di trincea molto diffuso era testa o croce; un gioco a cui
tutti potevano partecipare, data la sua facilità.
In
questi momenti la guerra sembrava scomparire, per lasciare il posto
alle abitudini della vita civile. Ci si arrabbiava per una carta non
uscita. Nelle retrovie durante il periodo natalizio era molto diffusa
la tombola. Nei momenti di calma un altro tipo di lavoro attendeva i
fanti; un lavoro molto importante, per la vita stessa del soldato: la
pulizia del fucile, la cura della baionetta (essa doveva essere
sempre ben affilata), la lubrificazione delle armi automatiche.
Questi gesti elementari erano essenziali al fine dell'attacco e
potevano significare la vita e la morte del fante stesso. Un altro
“passatempo” del soldato era quello di dare la caccia a due
ospiti indesiderati che abitavano lo scavo: i topi e i pidocchi. Con
i topi si passava il tempo, cercandoli e legando alla loro coda uno
straccio imbevuto di benzina, gli si dava fuoco e si facevano correre
verso la trincea nemica, che allarmata cominciava a sparare
all'impazzata.
Ovviamente
oltre ad una sorta di “svago” tali animali rappresentarono un
vero e proprio incubo. Il loro morso provocava dolori molto forti e
in molti casi anche la morte. Durante la notte, soprattutto, spesso
si vedevano uscire i ratti dalle carcasse dei soldati uccisi,
oltraggiando i cadaveri, o correre per la trincea tra i vivi e i
morti. Erano topi enormi, il muso inespressivo e feroce. Tutto ciò
contribuiva ad accrescere l'orrore della trincea. Il pidocchio non
era meno pericoloso: anche questo insetto era portatore di malattie,
spesse volte mortali per i fanti. Il loro morso continuo scandiva
tutti i minuti del giorno e della notte, lo sconforto per queste
situazioni igieniche era così forte che il fante quasi smetteva di
sentirsi un uomo, un combattente, per iniziare semplicemente corpo
accogliente per tali animali: “...che noi altri qui, non solo che
facciamo i sacrifici più grandi, che non l'avrei fatto nemmeno se
avessi veduto la mia famiglia morire di fame, tu certamente potrai
immaginare quanto sia sacra la famiglia, eppure, il figlio più
modello non l'avrebbe fatto, no per la cattiva volontà ma non si
può, soffrire basta solamente dirti una cosa, che tutti noi qui,
serviamo pure come pascolo ai pidocchi”.
Tratto
da Vita in trincea di Alessandro Magnifici
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